Capitolo 14

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Cameron's pov

Mi premo un altro po' la busta di ghiaccio sulla guancia, sentendola sempre più gonfia.
Mia sorella mi ha detto che ha un colore schifoso, un misto tra il giallo ed il violaceo.

Qualcuno bussa alla porta, anche se è già aperta e, quando mi giro, trovo Jocelyn con un sacchetto di Starbucks in mano e un timido sorriso. «Posso?»

Annuisco e mi sposto leggermente dal lettino dell'ospedale, per farla sedere accanto a me.
Quando mi sono svegliato c'erano mia madre e mia sorella nella stanza, ma non Jo.
A quanto pare era andata a prendere qualcosa da mangiare.

Mentre lei si siede vicino a me mi prendo qualche secondo per osservarla.
Ha i capelli raccolti in una coda alta, una mia felpa e dei jeans scoloriti.
Ma quello che mi preoccupa è la faccia: ha un'espressione stanca e distaccata. Sembra uno zombie. È bellissima lo stesso, sia chiaro, ma rimane uno zombie.

«Stai bene?» Le domando, ed è stupido. Sono io che sono stato preso a pugni, che ha la faccia gonfia come un palloncino e che fa fatica a respirare.

«Dovrei chiedertelo io.» Mi lancia un'occhiata, che non riesco a decifrare. Come è possibile che questa storia ci sta facendo diventare così freddi?
La Jocelyn che conosco non mi avrebbe mai lanciato un'occhiata così. Mi avrebbe consolato, tuttalpiù.

Ma è anche vero che io non ho mai detto cose così cattive come quelle di oggi pomeriggio.
Forse lei non è l'unica che sta cambiando per questa storia.

«Beh, sarebbe scontata la risposta.» Mi schiarisco la voce e faccio una smorfia quando allontano la busta di ghiaccio dalla mia guancia. Stavo gelando.

Jo si gira a guardarmi e sussulta vedendo le mie condizioni. Immagino che con la busta di ghiaccio ero più presentabile.
«Stai messo proprio male...» Si fa scappare, strappandomi un sorriso.

«Grazie.» Le dico ironico, stringendomi nelle spalle.
So che dovrei scusarmi per prima, ma non so come.

«Sai che non voleva essere un insulto.» Si difende, sospirando. «Sei bello anche così, intendevo dire che Jack ci è andato pesante.»

Jack.
Credo che sarebbe stato meglio una coltellata che questo: sapere che uno dei miei amici più cari pensi che io ho ucciso il mio migliore amico.

Jocelyn deve aver visto il mio sguardo triste, perché poggia una mano sulla mia.
«Scusa, Cam. Non volevo fartelo venire in mente.»

Chiudo gli occhi. L'unica cosa che riesco a vedere sono i pugni di Jack e sento quasi gli urli di Jocelyn mentre gli dice che mi ucciderà.

«Va bene.» Non ci credo neanche io, ma è più facile mentire. «Non fa... tanto male.»

«Cameron.» Mi riprende lei, ma finalmente sento una nota di dolcezza nella sua voce.
È forse quella nota che mi fa allungare il braccio e la stringo a me, perché ho bisogno di lei.

Non m'importa se non mi ha detto di mio padre. Non m'importa se ha mandato via Avery, tra parentesi facendo bene. E non m'importa neanche se mi ha dato l'egoista, perché lo sono.

«Ti amo.» Le dico, baciandole i capelli.
La sento sospirare contro il mio petto.

«Anche io ti amo.» Faccio un sorriso sbilenco alle sue parole, ma ci pensa lei a spegnerlo alla frase successiva. «Ma questo non significa che non sia profondamente offesa ed incazzata con te.»

«Lo so.» Le accarezzo la schiena, poi la prendo per le gambe e la faccio sedere su di me. «Sono uno stronzo.»

Mi circonda il collo con le braccia per mettersi meglio e con una mano mi sfiora gli zigomi gonfi, facendomi sussultare.
«Per una volta siamo d'accordo.»

Ignoro il fatto che mi ha dato dello stronzo, anche perché detto francamente me lo merito, e continuo. «Non intendevo quelle cose. Sai che non le penso, amo te ed Avery con tutto me stesso, Jo. Ero solo stanco e stressato e ritrovarmi a parlare con mio padre era l'ultima cosa che volevo in questo momento.»

Jo sta in silenzio per qualche secondo. Sta pensando a qualche modo per mandarmi a quel paese?

«Capisco, Cameron.» Mi sorprende e, allungandosi dietro di me, riprende la busta del ghiaccio e me la poggia delicatamente sulla guancia.

Al contatto con il freddo rabbrividisco e stringo Jocelyn più vicino a me.
«Ma non puoi insultarmi e rinfacciarmi cose passate solo perché sei arrabbiato per altri motivi. Credi che a me faccia piacere sapere che tu stia male? No, Cam, non mi fa piacere. Ti amo e la tua felicità è la mia.»

«Lo so.» Ripeto. Mi scosto leggermente quando il freddo si fa troppo intenso. «Anche io odio vederti star male, per questo mi sto scusando.»

Jocelyn poggia nuovamente la busta di ghiaccio e poggia la fronte sulla mia. «Mi prometti che, appena ci sarà un problema, ne parleremo e non ci urleremo addosso?»

«Te lo prometto.» Sussurro allungando la mano e sfiorandole una guancia. Poi mi viene da ridere per l'assurdità della situazione. Quante cose sono successe in un solo giorno?

Stamattina ero ancora in carcere, eppure mi sembra passata già una settimana.

«Quindi non rischiamo il divorzio, vero?» Chiede lei, stringendosi a me. Poggia la testa sul mio petto e sorride sentendo i battiti accelerati del mio cuore.

«No.» Mi scappa una risata. «Litigare da sposati non significa rischiare di divorziare ogni volta.»

«Intendevo...» Si corregge, mordendosi il labbro. «Non lo so cosa intendevo, immagino che non mi riferivo solo alla litigata, ma a tutta la situazione.»

«Sei la donna della mia vita.» Riprendo ad accarezzarle la schiena. «Non divorzierò mai da te.»

Sorride sulla mia maglietta ed io chiudo gli occhi, godendomi il momento di pace.
Non c'è nulla di meglio di stringere Jocelyn e sentirsi di nuovo bene, al sicuro e a casa contemporaneamente.

«Perché non hai colpito Jack?» Alza la testa di scatto, come se si fosse ricordata di chiedermelo.
Conoscendola mi vuole chiedere tantissime cose, tra cui questa.

«Cosa intendi?»

«Jack è alto e robusto, ma anche tu. Avresti benissimo potuto vincere la rissa, Cameron. Perché non gli hai dato neanche un pugno?» Le porto una ciocca dietro l'orecchio mentre parla.

«Gli voglio bene.» È la prima cosa che mi viene in mente. In realtà l'idea di restituirgli un pugno non mi è neanche passata per l'anticamera del cervello. Jack è come un fratello.

Lei annuisce, capendo. È per questo che la amo ogni giorno di più: qualunque cosa faccia, qualunque cosa dica, lei mi capisce sempre.

Il suo volto si illumina, come se si fosse ricordata altro. Si gira e quando riprende a guardarmi, ha la busta di Starbucks in mano.

«Ti ho preso dei muffin, per sollevarti un po' il morale.» Mi spiega poi. «Quelli al cioccolato erano finiti, quindi ti ho preso sia quelli alla fragola sia alla banana, che sono rispettivamente i tuoi secondi e terzi muffin preferiti.»

«Grazie, piccola.» Le sorrido. La guancia fa meno male, adesso, o forse è solo perché lei mi sta aiutando a non pensare al dolore.

«Di nulla.» Mi schiocca un bacio sulla guancia. «Vuoi mangiarli adesso?»

Scuoto la testa. «Voglio solo coccolarti un altro po'.»

«Okay.» Sorride a sua volta e si porta una mano sulla guancia, per non farmi vedere che è arrossita.

Troppo tardi, Jo.

Si riappisola vicino a me e, per tutta la notte, restiamo abbracciati l'uno all'altra.

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Grazie ancora a chi ha votato. Lo apprezzo veramente molto e mi fa davvero piacere.
-sil 💗

Ti odio Cameron Dallas 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora