Capitolo 11

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Cameron's pov

Dan Dallas.
Quanti Dan Dallas ci possono essere a New York?

Statisticamente molti, quindi non è necessariamente mio padre, ma, quando lo guardo, riconosco lo stesso colore che hanno i miei occhi.
Non castani, non marroni, ma nocciola. Un castano chiaro, quasi misto al verde. Il naso anche è molto simile al mio.

«Dallas...?» Balbetto, sbattendo un paio di volte le palpebre.

Lui annuisce e poi sorride a qualcuno dietro di me. No, non a qualcuno. A Jocelyn.
«È un piacere rivederti, ragazza.»

Rivederti. Quando mi giro trovo Jocelyn che gli sorride, ma è un sorriso tirato.
Sa anche lei di essere nella merda.

Lei lo sapeva. Lo sapeva. Perché non me l'ha detto subito? Da quanto lo sa? Come può avere la faccia tosta di baciarmi e dirmi che va tutto bene, quando sa perfettamente che mio padre sarà il mio avvocato?

«Scusaci un attimo, Dan.» Cerco di sorridergli e, mi accorgo solo dopo, non riesco a dargli del lei.
Poi mi giro verso mia moglie. «Jo, possiamo parlare un attimo?»

Lei annuisce titubante e ci dirigiamo in cucina.
Chiudo con un botto la porta dietro di noi e lei sussulta.

«Da quanto lo sapevi?» La mia voce è severa e aggressiva e anche leggermente ferita.
Sarebbe dovuta essere la prima cosa che mi avrebbe dovuto dire. Anche se io le avevo detto di aspettare, non potevo immaginare questo, e lei doveva insistere.

«Da ieri sera.» Deglutisce a fatica. «Brent è venuto qui con lui a cena. Sierra ovviamente lo sa.»

«Oh, fantastico!» Dico ironico. «Sono l'ultimo a sapere che il padre che non ho mai avuto mi farà da avvocato? Che sorella e moglie amorevoli che ho!»

Mi punta il dito contro. «Non urlarmi contro! Te lo avrei detto, appena avresti voluto riparlare. Sei stato tu a dire di prenderci una pausa dalle conversazioni ed io-»

«Non mi aspettavo questo, Jocelyn!» La interrompo gridando.
Ho la vista offuscata dalla rabbia e non capisco più niente.

Non me ne importa più niente di nessuno. Voglio solo ferire e ferire, come mi sono sentito io senza un padre.
Solo perché non l'ho mai incolpato di certe cose non significa che non ero ferito. Arrabbiato no, ma ferito sì.

«Hai fatto la codarda, esattamente nello stesso modo di quasi due anni fa, quando sei rimasta incinta! Volevi tenermi nascosto anche questo per mesi, eh?»

Ci vuole poco prima che la sua mano venga a contatto con la mia guancia, facendomi girare la faccia violentemente verso destra.
Sono sicuro che avrò il segno rosso, ma non m'importa.

«Non rinfacciarmi cose di anni fa.» Mi ringhia contro. «E non parlare di Avery come se non fosse tua figlia. "Sei rimasta incinta", grazie anche a te, razza di idiota.»

«Io ti rinfaccio ciò che voglio.» Mi giro a guardarla male. «Soprattutto se ti comporti nello stesso modo.»

«Stavo per dirtelo, okay?!» Urla esasperata. «Non stavo scappando dalle mie responsabilità come ho fatto le altre volte, Cameron!»

«E perché dovrei crederti?» Incrocio le braccia al petto e mi appoggio con la schiena al bancone della cucina.

Jocelyn rimane un attimo interdetta, poi scuote la testa e distoglie lo sguardo, come se stesse elaborando tutto. «E poi dici di amarmi.»

E prima che possa rendermene conto, è già uscita dalla cucina.

Mi porto le mani tra i capelli, sentendomi esasperato.
Tutta la felicità di attimi fa è svanita nel nulla, appena mi sono reso conto di chi avevo davanti.
Dan Dallas.
Dan.
Mio padre.

Cammino avanti ed indietro per la cucina, cercando di capire quanto sono incazzato da uno a dieci. Non sarebbe un bene andare dal mio avvocato più nervoso che mai.

Faccio respiri profondi per calmarmi, ma ogni volta che lo faccio ripenso alle cose orribili che ho appena detto a Jocelyn. Dovrei andare di là e scusarmi, ma l'orgoglio me lo impedisce.

Sfioro la fede che ho al dito e poi smetto di fare il codardo, andando dal mio avvocato.
Devo pensare ad un problema per volta.
Adesso c'è il carcere. Non voglio ritornare in quell'inferno, voglio essere qui per mia moglie e mia figlia.

Al solo pensiero di non vedere più Avery e Jo per mesi mi sento male.

«Eccomi.» Trovo Dan seduto sulla poltrona in soggiorno, la schiena dritta come una corda di violino.

Lui si gira a guardarmi, accennando un sorriso. «Abbiamo molte cose di cui discutere, Cameron.»

«Riguardo il processo?» Chiedo, anche se so già che non sono tutti motivi legali. Infondo si trova nella stessa stanza di suo figlio, dopo anni che l'ha abbandonato.

Io non mi ricordo di lui, perché se ne è andato quando mia madre gli ha detto di essere incinta di Sierra.

«Non solo.» Dan Dallas si schiarisce la voce e, per la prima volta, sembra nervoso. «Immagino che, comunque, mi vorrai fare qualche domanda.»

È da una vita che mi sono chiesto tantissime cose su di lui. Ho sempre saputo come era fatto, perché la mamma ci ha sempre mostrato le fotografie e ci ha sempre raccontato di lui.
Ma è un conto è sentire storie su di lui ed un altro è conoscerlo sul serio.

Annuisco e mi siedo di fronte a lui, dove prima c'eravamo io e Jocelyn.
Al solo suo pensiero mi si presenta un groppo in gola.

«Non essere tanto duro con lei.» Mio padre fa segno con la testa verso la cucina, segno che si riferisce a Jocelyn e che ha sentito la conversazione. «La tua compagna voleva dirtelo. È stata molto protettiva nei tuoi confronti, con me, ieri. Ci è mancato poco che mi desse uno schiaffo.»

A me l'ha dato, vorrei dire, ma non è quello che faccio. «In realtà è mia moglie.» La voce mi esce più fredda del previsto.

Dan strabuzza gli occhi, ma poi si ricompone, ridiventando uno degli avvocati più prestigiosi di New York di cui ignoravo l'esistenza.
«Quando vi siete sposati?»

«Un paio di settimane fa. Prima... prima di tutto questo.»

Papà annuisce.
È così strano il pensiero di dire "papà" che appena lo penso il mio cervello lo collega a qualcosa di sbagliato. Lui non è mio padre, un padre è la persona che cresce.
Lui ha solo contribuito alla mia nascita e che ha lasciato mia madre con due bambini piccoli da sola.

Dan sta per riaprire la bocca e chiedermi qualcos'altro, quando lo interrompo. «Possiamo concentrarci sulla mia situazione legale? Prima finisce questo casino prima posso tornare a concentrarmi su mia moglie e mia figlia.»

«Figlia? Hai una bambina?» Dan lascia cadere le carte che stava prendendo e mi guarda, quasi con gli occhi da fuori.

Io mi appoggio allo schienale del divano e incrocio le braccia al petto, osservandolo con un sopracciglio inarcato. «Sai, Dan, non sono un codardo come te. Sí, io e mia moglie abbiamo una bambina di un anno e le amo più della mia stessa vita. Adesso smettila di stupirti per tutto quello che dico e fai il tuo lavoro.»

«Hey.» Si aggiusta gli occhiali da vista che gli stavano scivolando. «Sono più vecchio di te e sono il tuo avvocato. Non parlarmi in questo modo.»

«Mi hai abbandonato.» Gli ringhio contro. «Hai abbandonato mia sorella e mia madre e sono dovuto diventare io l'uomo di casa senza neanche saperlo. Ti parlo come voglio.»

Lui ammutolisce sull'argomento e, per il resto del pomeriggio, ci concentriamo sulla mia situazione legale, proprio come avevo chiesto.

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Grazie ancora a chi ha votato. Lo apprezzo veramente molto e mi fa davvero piacere.
-sil 💗

Ti odio Cameron Dallas 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora