Capitolo 31: The real story

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«Ragazzi ma che diamine state facendo?» guardai attonita la scena di fronte a me. Kyle, che fino a quel momento era rimasto in piedi dandomi le spalle, si affrettò verso la porta e io gli corsi letteralmente dietro fino all'ascensore e cliccai il pulsante per bloccarlo.
«Kyle parliamone» provai a dire, abbassandomi il più possibile la maglietta sulle gambe.
«Di cosa cazzo dobbiamo parlare?» mi squadrò da capo a piedi e assunse uno sguardo deluso. Schiusi leggermente la bocca mentre pensavo a cosa dire. L'unico ragazzo che avessi mai amato nella mia vita e che da poco mi aveva confessato di amarmi ancora, mi aveva appena visto nuda nel letto di un ragazzo che lui odiava. Mi faceva sentire uno schifo vederlo ferito a causa mia, ma in quel momento non avevo idea di come giustificarmi.

«Hai scelto lui invece di me, va bene così» premette il bottone per far ripartire l'ascensore ma io lo bloccai di nuovo.
«Non ho scelto lui» obiettai. Lui distolse lo sguardo, non riuscendo più a sostenere la mia vista, ma io gli misi le mani sulle guance e lo costrinsi a guardarmi di nuovo.
«Sai che non vorrei mai ferirti»
«Eppure continui a farlo» il suo sguardo rassegnato fece scurire il blu dei suoi occhi.
«Kyle, io non voglio perderti»
«Nemmeno io, ma ho bisogno di tempo per superare questa cosa...» sbuffò e mi allontanò da lui, facendo partire per l'ennesima volta l'ascensore, che in pochi secondi arrivò dal sesto piano al piano terra.

Lui uscì ma si bloccò davanti ai sensori delle porte, dandomi le spalle, poi si girò per guardarmi un'ultima volta.
«Quando tutto andrà a rotoli non venire da me, e spero che a lui importi qualcosa di te».
Mi lasciò sola nell'ascensore, che riprese la sua salita verso il sesto piano. Sbuffai sonoramente e mi massaggiai le tempie. Quella situazione era surreale ma purtroppo in quel momento non riuscivo a pensare ad altro che a tornare da Dylan. Kyle mi aveva stancata, non era dipesa da me tutta quella situazione e sicuramente non era stata colpa mia se lui provava ancora dei sentimenti per me. Ma volevo davvero mandare a rotoli un'amicizia per qualcuno a cui davvero non importava nulla di me?

Chiusa la porta dell'appartamento entrai in cucina e osservai Dylan che si teneva una bustina di ghiaccio sulla guancia.
Mi appoggiai al muro e lo osservai, mentre lui si era fermato a guardare un punto indefinito, chissà a cosa stava pensando...
«Hai finito di fissarmi?»
«Non ti sto fissando» ribattei.
«E cosa staresti facendo?» girò la testa verso di me e io mi avvicinai a lui, prendendogli il viso tra le mani e osservando il danno che aveva fatto Kyle. Un livido violaceo spiccava sulla sua pelle poco sotto lo zigomo e per la velocità con cui si era manifestato deducevo che il colpo fosse stato parecchio forte; inoltre, il destro di Kyle era micidiale.

«Perché non ti sei difeso?» Dylan non era esattamente il tipo che quando riceveva un pugno restava lì impalato senza reagire.
«Perché poi avrei dovuto vedermela con te» alzò gli occhi al cielo. Cercai di trattenere un sorriso. Magari il fatto che fosse andato contro la sua natura a causa mia dimostrava che un minimo ci tenesse a me.
La mia testa era un vortice di confusione e non sapevo davvero come comportarmi, volevo solo tornare a dormire.

Gli cinsi la vita con le braccia e alzai la testa per incrociare il suo sguardo.
«Torni a letto con me?»
«Sì ma solo finché non ti addormenti, devo allenarmi» mi diede un bacio sulla fronte e io chiusi istintivamente gli occhi, respirando il suo profumo.
Non gli chiesi contro chi avrebbe dovuto combattere quella sera, volevo pensarci solo al momento opportuno.

Bussarono un'altra volta alla porta e sbuffai sonoramente, non sarei mai riuscita a prendere sonno di nuovo. Stavolta andai io ad aprire e mi lamentai con Dylan sul fatto che avrebbe dovuto far installare uno spioncino.
Appena aprii la porta mi sentii mancare la terra sotto i piedi e il respiro mi si bloccò, senza volerne sapere di uscire. La prima cosa che mi venne in mente fu di scappare, ma non ne avevo la possibilità a meno che non avessi voluto buttarmi dalla finestra a più di venti metri di altezza.
Non feci in tempo a fare nulla che mi ritrovai con la guancia attaccata al muro e le mani dietro la schiena strette dall'acciaio freddo delle manette.

LA's Devil - dicono che tu sia il diavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora