Quando mi svegliai era passata da poco l'ora di pranzo ed ero affamata, nonostante la sana ma abbondante colazione.
Mi sfregai le tempie, avevo dormito appena quattro ore e la testa mi faceva un po' male. Credevo di essere sola in casa e mi recai in cucina, sbadigliando e stiracchiandomi.Quando entrai in cucina trovai Dylan seduto che stava lavorando al portatile e analizzava dei fogli. Gli cinsi il collo con le braccia e osservai quello che stava facendo. Lui sobbalzò, poi si riprese e mi baciò un braccio.
«Torna a dormire» mi ordinò con dolcezza subito dopo.
«Non dirmi quello che devo fare» presi uno dei fogli che erano vicino a lui e iniziai a leggerlo. Erano curriculum di probabili futuri dipendenti del Devils: quello che avevo in mano era di una ragazza con i capelli castani molto chiari, di nome Melody, che sperava di essere assunta come cameriera. Si capiva che non aveva alcuna esperienza, anche perché aveva soltanto diciannove anni.«Fosse ora che assumi qualcuno, non ce la facciamo in tre. A proposito, perché siamo solo in tre?» aprii il frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare.
«Perché è un ambiente molto difficile da sopportare e da gestire, quindi di solito o se ne vanno o dobbiamo licenziarli» mi spiegò, osservandomi frugare nel frigo. Gli davo le spalle, ma sapevo perfettamente che mi stava osservando con uno sguardo giudicante, probabilmente aveva il gomito appoggiato al tavolo e si nascondeva il sorriso dietro un dito.Quando mi girai lo trovai esattamente in quella posizione, che mi giudicava con ironia. Indossava una maglietta grigia, che gli stava proprio bene addosso.
«Quanto sei prevedibile» commentai chiudendo il frigo aspramente.
«Non sai cucinare vero?»
Alzai gli occhi al cielo e non risposi, tanto sapevo che gli sarebbe bastata come risposta. Non vedo perché avrei dovuto ferire il mio orgoglio esplicitamente.«Ordinerò qualcosa da asporto» dissi prendendo il telefono e cercando qualcosa da mangiare, ma Dylan me lo strappò di mano e lo posò lontano da me.
«Posso cucinare io» si offrì.
«No grazie»
«Fino a ieri ti lamentavi che non ti avessi mai cucinato nulla»
«Si ma... Non voglio sentirmi più fragile di quando già non sia» mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e guardai Dylan osservarmi inclinando leggermente la testa di lato.Non mi piaceva affatto sentirmi fragile, ma non potevo non riconoscere che mi sentissi particolarmente emotiva e vulnerabile. Odiavo quella sensazione, soprattutto perché era la prima volta che mi succedeva.
«Accettare un po' di aiuto non significa essere fragile o debole»
«Per me sì» feci spallucce.
Ignorò completamente quello che gli dissi e si alzò, iniziando a cercare delle cose, nonostante avessimo soltanto degli spaghetti e poche altre cose. Hunter non faceva mai la spesa, dovevo sempre farla io. Mi chiedevo come avesse fatto in quei mesi da solo.«Ti piace la cucina italiana?» chiese.
«Certo»
«Bene, anche perché non avresti avuto molta scelta» rise. Prese la pentola che era nella credenza, facendo alzare la maglietta che gli scoprì parte degli addominali.
«Che prepari?»
«Carbonara» disse accendendo il fornello. L'avevo mangiata in Italia, quando ci andai qualche anno fa e mi era piaciuta da impazzire.«Ti aiuto» cercai di non sentirmi completamente inutile affiancandolo, ma non avevo idea di cosa fare. Perciò provai a mettere gli spaghetti nell'acqua, ma Dylan mi bloccò i polsi e mi allontanò delicatamente.
«Ferma ferma ferma. Allontanati immediatamente da questa cucina, sei un'offesa e un oltraggio a tutta la cucina: italiana e non»
Mi venne da ridere a causa della serietà con cui aveva detto quelle parole.
«Ma che ho fatto?»
«L'acqua deve prima bollire, solo dopo puoi mettere la pasta» mi spiegò.Decisi quindi di rimettermi seduta e osservarlo cucinare. Era affascinante da impazzire e non riuscivo a distogliere lo sguardo, ringraziavo il cielo che non potesse vedermi.
«Dove hai imparato a farla?»
«Sono stato un paio di mesi in Italia» disse mentre faceva rosolare il guanciale.
«È quello il tuo posto speciale?» chiesi.
«Che intendi?»
«Non saprei spiegartelo... quel luogo a cui senti di appartenere, in cui staresti per tutta la vita, una fuga eterna dalla realtà»
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LA's Devil - dicono che tu sia il diavolo
Romance«La prima cosa che ho sentito su di te è stata che nessuna ragazza è in grado di resisterti» dissi e aspettai di vedere la sua reazione. «La seduzione è una mia dote naturale» si vantò. «Sinceramente non capisco come facciano a cascarci» feci spal...