6. Anima fragile

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Ignazio

Dopo aver mandato qualche messaggio a Piero e aver parlato con Aurora e Gianluca, io e Amalia salimmo le scale mobili dorate dell'edificio e arrivammo al fast food. Non amavo quel genere di cose, come Amalia, ma ci dovemmo accontentare. La maggior parte dei ristoranti era già chiusa e l'unico aperto in piazza Duomo era quello.
Ordinammo alla cassa due menù completi, non ricordo neanche quali fossero, e ci sedemmo ad un tavolo. Ero sicuro che quella sera sarei riuscito a conoscere meglio Amalia, magari anche a farmi perdonare per la sua magliettina bianca. Che disastro.

Addentai velocemente una patatina, poi la intinsi nella maionese.

"Lia.", la chiamai mentre finii di masticare il mio hamburger, "Posso chiederti una cosa?" 


Vidi Amalia fare di tutto pur di non scoppiarmi a ridere in faccia, così presi il mio cellulare e mi specchiai sullo schermo. Per caso avevo qualcosa in faccia?

"Perché ridi?", le chiesi sorridendo.

Lei si portò una mano sul ventre per cercare di reprimere la sua risata. "Quando mangi sei buffo." 

Scoppiai a ridere anche io. "Non me l'ha mai detto nessuno, sai?"

Il suo viso si incupì subito. "Scusa, i-io...i-io non volev-"

"Lia, oddio, non me la sono presa.", cercai di rassicurarla, "Lo so che era in senso buono."

"Ok."

Parlammo ancora un po' del più e del meno, della mia e della sua infanzia, delle nostre passioni.

"Giochi a calcio?" sgranai gli occhi e la guardai con ammirazione.

Amalia si corresse subito. "Giocavo.

Quando la vidi abbassare lo sguardo, poggiai una mano sulla sua e cominciai ad accarezzargliela. La sua pelle era liscia, così liscia che sembravano mani di fata. Continuavo ad accarezzarla dolcemente, per tranquillizzarla.

"Cominciai a giocare all'età di sei anni, dopo aver trascorso più di due anni in una sala da ballo.", cominciò a parlare, "Mia madre voleva che raggiungessi gli obiettivi che lei non era riuscita a portare a termine, voleva che diventassi una ballerina. Ma a me piaceva il calcio."

La ascoltai. 

"Mi piaceva rincorrere la palla e tirarla in porta. Ma a diciannove anni, appena presa la patente, feci una curva troppo larga e mi ritrovai a rotolare giù per la fiancata di un argine. Credevano fossi morta. Un volo così non ti avrebbe mai risparmiato la vita." 

Amalia deglutì e sbatté più volte le palpebre, per scacciare qualche lacrima passeggera. Poi, continuò. 

"Le mie ginocchia, nell'impatto al suolo, erano rimaste bloccate tra il sedile e il volante. Un ginocchio, specialmente, arrivò con me all'ospedale completamente sfracellato, in mille pezzi. Restai intere ore sotto i ferri ad aspettare che me lo riaggiustassero, che facessero qualsiasi cosa pur di farmi ritornare a camminare. Non so come abbiano fatto, ma i dottori sono riusciti a riportare tutto alla normalità."

Era stata fortunata.

" Poi però dovetti smettere di giocare a calcio, o la protesi al ginocchio ne avrebbe gravemente risentito. Da quel giorno non toccai nessuna palla da calcio. Nessuna." 

Quando deglutì ancora e  rumorosamente, io rivolsi lo sguardo verso il mio bicchiere di acqua, non sapendo cosa dire. Non doveva essere stato per niente facile rinunciare al proprio sogno, sarebbe stato come privarmi di cantare. Non ce l'avrei fatta, non sarei riuscito ad andare avanti facendo finta di niente e sopportando tutto il dolore che avrei avuto in corpo.

Senza pensarci due volte, mi alzai dal mio sgabello e mi sedetti accanto ad Amalia, allargando le braccia per accoglierla in un abbraccio. Strinsi il suo corpicino gracile contro il mio petto, per poi accarezzarle dolcemente i capelli per far calmare i singhiozzi che, oramai, avevano iniziato a rimbombare nel salone vuoto. Vederla in quello stato mi strusse il cuore. Dovevo fare qualcosa. Allontanai delicatamente le sue braccia dalla mia vita e cominciai a riempirmi la bocca di patatine fritte, facendo qualche faccia buffa.

"Ignazio, ti prego.", mi guardò confusa mentre si asciugava gli occhi rossi, circondati dal trucco sbavato.

"Ignazio? Chi è, Ignazio?", le chiesi con una voce strana,  "Io sono Mister Patatina!". 

Un piccolo sorriso si fece spazio sul volto di Amalia, così sorrisi anch'io. Ero riuscita farla sorridere.


"Mi scusi tanto, non l'avevo riconosciuta.", mi resse il gioco la ragazza seduta al mio fianco, "Grazie, Ignazio."

Masticai pian piano tutto quello che avevo in bocca, poi le risposi. "Non piangere più, Lia. Sfoggia il tuo bellissimo sorriso." 

Le sue guance si colorarono leggermente di un rosso adorabile. Un po' come lo era anche lei.
Le alzai il mento con un dito e le mostrai un bellissimo sorriso, pregandola con lo sguardo di imitarmi. Un po' mi rivedevo in quella ragazza. Entrambi avevamo avuto modo di ritrovarci faccia a faccia con la morte, entrambi avevamo sofferto. Tutto quello mi aveva fatto crescere, mi aveva fatto diventare il ragazzo forte e determinato che ero. O, almeno, quello che cercavo di essere e di mostrare alle altre persone. Amalia, invece, aveva bisogno di qualcuno con cui superare tutto questo, ed io ero disposto ad aiutarla.

***

Amalia

Suonai il campanello di casa mia, a rispondermi fu Riccardo. "Chi è?"

"Lia."

"Ti ho aperto."

Aprii il portone principale del condominio e lo fermai con un piede. Ignazio s'infilò le mani nelle tasche dei jeans, mentre si guardava in giro. Il tragitto fino a casa mia fu  silenzioso e abbastanza imbarazzante. Quella sera ero riuscita a lasciarmi andare, avevo mostrato il mio lato debole ad un ragazzo che conoscevo solo da qualche giorno. Ignazio era una brava persona, sentivo che di lui mi sarei potuta benissimo fidare. Rivolsi lo sguardo verso Ignazio e lui fece lo stesso.

"Grazie di tutto, Ignazio.", lo ringraziai, "Questa è stata una delle serate migliori della mia vita." 


"Grazie a te, Lia.", sorrise lui, poi si sporse per lasciarmi un leggero bacio sulla guancia, "Credo sia ora di andare. Buona notte, allora." 

Sorrisi appena. "Sì, ci vediamo."

Ci salutammo per l'ultima volta, poi entrai nella loggia del condominio. Quando feci per chiudere la porta, una voce maschile attirò la mia attenzione.

"Lia?"

Mi voltai subito. "Sì, Ignazio?"

"Ricordati di sorridere." 

Rimasi sullo stipite della porta a guardare l'ombra del ragazzo che mi aveva accompagnata fino a casa, conscia del fatto che non se ne sarebbe anato facilmente dai miei pensieri.

Mi aveva letteralmente rapito il cuore.


𝐿𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 | I.BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora