27. Inevitabile

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Amalia

"Pensavo avessimo detto di incontrarci oggi per la consegna delle chiavi.", Ignazio sciolse le braccia dal petto e se le lasciò scorrere lungo i fianchi, abbassando le spalle per la delusione.

"Lo pensavo anch'io.", rispose l'uomo davanti a noi, "Ma l'agenzia mi ha chiamato questa mattina dicendomi che avrebbe terminato gli ultimi fogli per il trasferimento domani."

"Non ci posso credere.", mormorò Ignazio rigirandosi il piccolo e colorato mazzetto di chiavi tra le dita, "Quando pensava di dirmelo?"

"Mi hanno detto che l'avrebbero informata loro.", rispose dispiaciuto il signore, scrollando le spalle. Ignazio lanciò una veloce occhiata al display del suo cellulare e se lo ricacciò in tasca, sbuffando infastidito.

"D'accordo.", disse, "Vorrà dire che ritornerò domani in mattinata."

"Credo vi convenga rimanere qui a Bologna e tornare a casa domani.", spiegò gentilmente l'uomo, "Non credo arriverete a casa prima della mezzanotte, con questo tempo."

Ascoltai con attenzione ogni sua singola parola e feci scorrere il mio sguardo fuori dalla finestra del piccolo appartamento, osservando e scrutando l'asfalto lucido e ricoperto da strati di neve fresca. Fuori c'era l'inferno. Accidenti.

"Lia.", mi chiamò d'un tratto Ignazio, "Cosa ne pensi?"

"Cosa ne penso?", scossi il capo confusa, "Riguardo a cosa?"

I grandi e sicurissimi occhi di Ignazio vagarono lentamente lungo tutto il mio corpo, soffermandosi infine sulle mie mani, che continuavano a torturare l'anello di mia nonna che portavo al dito. Credevo avesse intuito la mia agitazione, lo capivo dal modo in cui mi guardava. 
Intenso. Il suo sguardo era intenso.

"Rimaniamo qui, allora?"

Spalancai gli occhi e mi avvicinai velocemente a lui, non riuscendo a rimanere ferma al mio posto. Non potevamo rimanere lì. No. "Ignazio, ma-"

"Lia, se ci pensi, sono già le otto di sera passate.", disse mentre si sistemava le maniche del maglione di lana, "Domani mattina dovrei ritornare qui."

"Guido io.", mi offrii, per trovare una soluzione a questo casino. Ripeto: non potevamo rimanere lì. Non insieme, almeno.

"Nevica, Lia.", il ragazzo aumentò leggermente il tono della voce, "Non te lo permetterei mai."

"Oh, andiamo.", incrociai le braccia al petto, "Non ti fidi di me?"

"Non ho detto questo.", sospirò guardandomi negli occhi, "Semmai sei tu quella che non si fida di me."

***

Frugai velocemente all'interno della mia borsa e afferrai il portafoglio, estraendo la mia carta di credito. La passai alla receptionist dell'Hotel per pagare la mia stanza, ma la voce calda e leggermente stanca di Ignazio catturò l'attenzione della giovane ragazza seduta dietro al bancone.

"Prenda la mia.", disse porgendole un'altra carta di credito, "Pago per entrambi."

"No.", m'impuntai fissandolo negli occhi, "Faccio io."

"Ho detto che pago io."

Feci roteare gli occhi e lasciai che Ignazio richiedesse due camere singole, aspettando il risultato picchiettando nervosamente le dita affusolate sul ripiano del bancone. La ragazza digitò qualcosa velocemente pigiando le dita sui tasti della tastiera, poi alzò finalmente il capo e si sistemò gli occhiali sul setto nasale.

𝐿𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑖𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 | I.BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora