CAPITOLO 17

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Mi sento stordita. Ho la sensazione che la mia testa possa esplodere da un momento all'altro. Faccio fatica ad aprire gli occhi, ma mi costringo a farlo.

Sul momento mi sembra tutto confuso. Le immagini non sono nitide. Riconosco di essere al centro di una stanza. Provo a strofinarmi gli occhi, ma sento qualcosa che non mi da la possibilità di muovere le mani. Poi capisco: sono legata.

I miei polsi sono stretti insieme dietro alla mia schiena, mentre le mie gambe sono bloccate con della corda alle gambe della sedia su cui sono seduta. Sento di avere qualcosa in bocca e poi capisco di essere stata imbavagliata.

"Come sono finita in questo casino?"

Mi sento debole, ma la paura riesce a tenermi sveglia. Cerco di capire come andarmene da questo posto, ovunque esso sia.

Intorno a me vedo mobili terribilmente costosi. Alcuni hanno delle rifiniture in oro, altri ne sono totalmente ricoperti. Con la coda dell'occhio vedo di fianco a me un divano molto grosso, mentre dall'altro lato una porta. È abbastanza distante rispetto a dove sono io, ma mi dico che posso farcela.

Devo farcela.

Cerco di capire come sono legate le mie mani e cerco, senza ottenere grandi risultati, di slegare i nodi. Dopo un paio di tentativi capisco che è inutile. Non riuscirò mai a liberarmi da questa posizione.

Mi sento terribilmente stanca. Non ho idea di che ore siano, ma è come se mi fossi appena svegliata da un sonno durato anni e fossi più stanca di quando mi addormentai.

Provo a liberarmi le gambe, sperando di avere più fortuna. Penso che se riesciussi ad alzare le gambe anteriori della sedia potrei sfilare la corda, ma prima che ci possa provare, una voce alle mie spalle mi provoca dei brividi lungo tutta la mia spina d'orsale.

<<Signorina Austin, buongiorno>>.

È una voce maschile forte e profonda, ma allo stesso tempo lontana. Capisco che deve trattarsi di qualcuno al fondo della stanza.

<<Mi scuso profondamente per le condizioni in cui si trova. Dormire così per l'intera notte deve essere stato terribilmente scomodo>>.

"Tutta la notte?"

<<Da quanto sono qua?>> provo a chiedere, ma dalla mia bocca esce solo un miscuglio di parole incomprensibili.

"Sono ancora imbavagliata" rammento. La corda tra i miei denti mi impedisce di dire ciò che vorrei.

<<Giusto>> dice l'uomo dietro di me, come si nello stesso istante ci fossomo ricordati della situazione, <<Toglile quel coso dalla bocca, ho bisogno di parlarle>>.

Mi rendo conto che quando non si rivolge a me il suo tono è molto più aspro.

Non so con chi stia parlando. Sento solo che dopo pochi secondi qualcuno mi toglie la corda dalla bocca. Poi sento la mia sedia strisciare. Con un forte strattone vengo spostata. Trattengo il fiato per qualche secondo, poi mi rilasso quando capisco che mi stava semplicemente girando al contrario. Ora vedo l'altro lato della stanza; ora, vedo in faccia l'uomo che mi stava parlando.

Riconosco immediatamente che non si tratta della stessa persona che mi ha rapita. Lui aveva i capelli scuri e i lineamenti del viso erano meno definiti.

Quest'uomo invece è biondo, i capelli sono leggermente lunghi e tirati indietro. Ha un accenno di barba. Non riesco a capire di che colore siano gli occhi dato che la mia vista non è ancora tornata alla normalità.

Non riesco a capire dove, ma non mi sembra un volto sconosciuto. Sono sicura di averlo già visto.

Indossa un completo: la camicia è bianca mentre i pantaloni di un blu molto scuro, lo stesso della giacca: è molto elegante.

AD ARMI SCOPERTE [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora