Capitolo 72: Impossibile.

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Nuovo capitolo! Enjoy!
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Sherlock e John uscirono dall'edificio in silenzio, le scale scese mano nella mano, ed ora camminavano a poca distanza l'uno dall'altro, difficile ingoiare i drammatici momenti di un attimo prima.
Il corpo della donna, di cui fatico a scrivere il nome, venne portato via su una barella, coperta da un morbido lenzuolo azzurro, infine sistemato nel retro dell'ambulanza.
Più uomini della polizia entrarono nell'edificio, perlustrarono armati ogni piano, muniti di torce, e per diversi minuti non si sentirono altro che le loro grida. “Libero!”, “Libero!”, “Anche qui libero!”.

La fredda figura di Mycroft si avvicinò loro, Greg al suo fianco dal volto pallido. «Sherlock, John, siete feriti?»

«Tutto bene. Solo un po' scossi.» Intervenne il dottore, con la mano posando una carezza sul braccio del detective.

«La signorina Morstan se ne è andata, da quel che ho visto.» Mycroft poggiò la punta dell'ombrello sull'asfalto, con espressione glaciale. «Meglio tornare al 221B e parlarne con calma, non credete?»

«Perchè vorresti parlarne, tu? Non faresti altro che puntarle il dito contro.» Sherlock ricambiò rigidamente lo sguardo, ma seguì il maggiore verso l'auto scura che accostava il marciapiede.

«Ci sentiamo domani, Greg. Grazie.» John congedó in fretta l'ispettore e raggiunse i due Holmes alla vettura.

Il viaggio fu silenzioso, Mycroft sistemato davanti, di fianco l'autista, e i due partner dietro.

Sherlock si chiuse, succube dello shock: Mary, che aveva disprezzato, la donna che credette fosse tornata con quel dvd per rovinarlo agli occhi di John, in realtà era andata a Baker Street a consegnargli ciò con cui lo aveva minacciato, come per cercare di rassicurarlo, di dirgli che quell'oggetto non sarebbe più potuto divenire un'arma da usare contro di lui.
Che fosse stata questa la vera ragione?
Che Mary si fosse veramente pentita di averlo ricattato?
E poi, la sua fuga.

“Mi stava cercando... poteva farvi del male...”

Su questo, non c'erano dubbi: qualcuno la stava perseguitando.
Ma ancora: davvero decise di fuggire anche per non metterli in pericolo?
Sherlock chiuse gli occhi, mille idee per la testa, e per pochi attimi non riuscì ad afferrarne neppure una, soggiogato dallo stress, la paura, l'adrenalina.
Poi, si fermò tutto.
Schiuse gli occhi per trovarsi la mano di John sul ginocchio, in una dolce stretta, e si rilassò a quel contatto, i pensieri fluendo più lentamente, senza scontrarsi tra loro.
In pochi minuti giunsero a casa, ancora le due del mattino, e silenziosi si mossero verso il piano di sopra.

John e Sherlock andarono al bagno, le mani sporche del sangue della bionda, e lavarono via quell'ultima traccia rimasta di Mary.
Poi, il più grande si diresse in cucina, riempì il bollitore d'acqua e lo lasciò scaldare sui fornelli, Mycroft sistemandosi elegantemente sul divano.
Era difficile comprendere se l'aria fosse tesa, angosciata o irosa, i due Holmes continuando ad indossare la loro maschera di indifferenza, il minore con occhi impercettibilmente sgranati.
D'altro canto, però, neppure per John era facile comprendere i suoi stessi sentimenti.
Mandò un messaggio ad Harry, la quale era stata raggiunta dalla fidanzata e portata a casa, e tirò un sospiro di sollievo una volta giunta la risposta.

<Ciao John. Ho portato Harry a casa da me e ora dorme, ma sta bene. Vieni presto a trovarla, ne avrà bisogno.>

Finì di preparare il the e lo servì sul tavolino della sala, la sua poltrona tornando ad essere un rifugio.
Lui e Mycroft si guardarono per pochi secondi, il dottore sfilando la giacca e abbandonandola sul bracciolo, e Sherlock fece capolinea dalla cucina.

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