Capitolo 17: Firme invisibili.

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Nuovo capitolo! Enjoy!
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Gli ultimi giorni non erano stati dei migliori.
Mary fortunatamente non ebbe ripercussioni dopo quella notte, tornò a lavorare il giorno seguente e riprese la solarità di sempre.
L'unico inconveniente furono i taglietti sulle mani, ma erano un male più che sopportabile.
Quella sera, tornata a casa, con le mani già medicate, si era precipitata in camera per svuotare le tasche del giubbotto e appenderlo nel vecchio armadio, dirigendosi poi in bagno per poter cambiare gli abiti al caldo di fronte la piccola stufetta elettrica.
La casa era fredda, avevano lasciato i riscaldamenti spenti, ma nulla era più gelido dello sguardo di John.
Si rifiutò di parlare con la bionda, mise silenzioso il pigiama e andò a sedersi sul divano in sala, il cellulare in una mano e una bottiglia di birra nell'altra.
Mary tentò di convincerlo a seguirla a letto, ma l'altro le rispose con un completo silenzio, non rivolgendole neppure un'occhiata. Alla fine, la vide arrendersi e andare a dormire da sola.
John in realtà non disse di voler restare a dormire sul divano, infatti non capì perchè Mary credesse il contrario, ma comunque non si preoccupò di spiegarle come stassero realmente le cose, restando composto nel suo piccolo angolo.
Non riusciva bene a comprendere dove finisse la sua rabbia per il gesto di Mary ed iniziasse il senso di colpa per aver fatto e detto quelle cose a Sherlock, e finì per confonderle e pensare furiosamente ad entrambe, senza giungere ad alcuna conclusione, la ferita ancora troppo fresca per poter fermare definitivamente il sangue.

Non colse il perché Mary avesse deciso di raggiungere Sherlock quella sera nel suo appartamento, a Baker Street, senza dirgli assolutamente nulla. Non era necessario il detective per capire che, se non lo aveva avvisato della sua uscita e non era minimamente preoccupata di tornare a casa e trovare John già lì, e quindi essere scoperta, allora aveva tutta l'intenzione di tornare a casa prima del solito coprifuoco del fidanzato, probabilmente facendosi trovare nel comodo pigiama sul divano, davanti la tv e una tazza di the caldo tra le mani.
Tra l'altro Mary era andata lì persino truccandosi, cosa che non faceva poi così spesso, ed era anche vestita bene.
Per un momento, da tutti i piccoli indizi ricavati quella sera, gli venne in mente il classico clichè in cui la propria ragazza va con il tuo migliore amico.
Ma quel pensiero gli sfiorò la mente solo per un attimo, in primo luogo perché non sapeva se reputare Sherlock ancora il suo migliore amico, dopo tutto quello che era successo e quella sera in particolare, in secondo luogo perchè sapeva che Sherlock non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere. E, a dirla tutta, c'erano ancora molti dubbi sul suo orientamento sessuale. Quindi, era un'idea decisamente da escludere.
Ma allora perchè Mary era andata lì? Forse per convincere Sherlock a risolvere con John? Per un discorso di incoraggiamento?
Il dottore l'aveva tenuta aggiornata sui messaggi e sulle chiamate insistenti da parte del più giovane, non era Sherlock quello da convincere ad affrontare una discussione con l'altro.
John alla fine smise di pensarci, non essendo giunto ad alcuna conclusione e forse nemmeno volendoci arrivare.

In contemporanea, c'era la questione Sherlock.
Le interiora gli si contorcevano ogni volta che ripensava al volto del detective in quella vecchia casa, l'espressione ferita e shockata impressa nei suoi occhi in profondità.
John era sempre stato bravo a leggergli lo sguardo, ad osservare le iridi del più piccolo cambiare colore non solo in base alla luce, ma anche in base al livello di stress: potevano andare da un blu cobalto a sfumature verdi-dorate, o a volte persino tingersi di una tonalità di azzurro così chiaro da poter sembrare quasi bianco. E ciò che faceva sentire speciale il dottore non era la sua capacità di riconoscere i sentimenti di Sherlock in base al colore dei suoi occhi, in quanto non sempre c'era una correlazione tra questi, bensì nel leggerlo come un libro aperto dai movimenti, dalla musica, dalla sua postura che, seppur sempre rigida e altezzosa, a volte si ammorbidiva impercettibilmente, diventava timida.
Ed ora, ripercorrendo mentalmente quelle pochissime ore passate con Sherlock nell'ultimo mese, leggeva nei suoi atteggiamenti rimorso, tristezza, nostalgia, affetto. Tanto affetto.

Come here. • ITA Johnlock •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora