Capitolo 97: Espiazione.

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Nuovo capitolo! Enjoy!
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Consolare Sherlock fu una tortura.
John lasciò che il più giovane si sistemasse come più si sentiva a suo agio, con le mani accarezzandogli discretamente le spalle, e gli fece male vederlo sussultare ogni qualvolta le sue dita cambiassero posizione, zona, pressione.
Alla fine il dottore si rassegnò a poggiargli le mani sulla schiena, appena sfiorandogli la camicia, e Sherlock singhiozzò contro il suo collo, stanco, umiliato.
John non si chiese quanto tempo stesse passando, non gli interessava, semplicemente restò lì, fermo, l'amore della sua vita a piangere disperato tra le sue braccia.
Sherlock non si lasciava andare ai sentimenti, mai: avrebbe dato un braccio, forse due, pur di non farsi mai sorprendere in simili condizioni.
Eppure, vi furono delle volte in cui si concese la liberta di essere umano: ad esempio quando i due vecchi coinquilini si riunirono, mesi e mesi prima, il detective pianse poche lacrime silenziose, piene di gioia, sollievo, serenità; poi, pianse dopo che Mary gli sparò, un misto di dolore, paura e amarezza, ad un passo dalla morte.
Ma negli ultimi mesi si era ritrovato a piangere veementemente ben due volte: la prima quando litigò con Mycroft, subito dopo la morte di Mary; la seconda, in quell'istante.

E John giurò, nel suo cuore, che se mai avesse trovato il mostro dietro tutti quegli orrori, lo avrebbe ucciso a mani nude, lentamente.
Ora ne era più certo di prima: chiunque fosse, voleva davvero distruggerli.
La sera prima il loro antagonista si era presentato con un cuore, dei bambini e il cadavere di Moriarty.
Quella sera, invece, con questo.
L'avrebbe pagata cara.

Sherlock lentamente smise di piangere, pur non calmandosi, con il volto nascosto nella T-shirt bagnata del dottore, e, preso un breve respiro tremante, si spostò.
Guardò il pavimento, come un bambino rimproverato dai genitori, ma nei suoi occhi l'innocenza era svanita.
John gli porse delicatamente una mano. «Andiamo a casa.»

Sherlock si limitò ad annuire, provò ad alzarsi, ma le gambe barcollarono e si ritrovò a precipitare immediatamente. John lo afferrò dalla vita e si spaventò quando il detective gridò, brancolando tra terrore e dolore.

Lo aiutò a tirarsi in piedi e lo lasciò, il più giovane ancora tremando. «Sherlock, metti un braccio sulle mie spalle. Andremo via con calma, tranquillo.» Tentò di utilizzare il suo tono medico, pacato e controllato, ma le dita fremevano nervose e il detective appariva sempre più incerto.

Sherlock si passò la manica della camicia tra i capelli, pulendoli dai ricordi di quella tortura, e seguì le direttive del coinquilino.
Lentamente, uscirono dall'abitazione, e John fu grato di non trovare nessuno in casa, consapevole di quanto Sherlcok si sentisse vulnerabile e umiliato.
Il cadavere dell'uomo che poche ore prima indossava un mantello giaceva ancora sul pavimento del corridoio, nascosto da dei teli prima sistemati sul divano, e il dottore fu sollevato di trovarlo coperto o la sua vista avrebbe potuto spaventare Sherlock, o, nel peggiore dei casi, avrebbe istigato egli stesso ad infierire sul corpo di un uomo che uomo non era mai stato.
Usciti dall'edificio non trovarono nessuno: niente auto della polizia, niente ambulanze, nessun ufficiale.
Solamente Mycroft, Greg, Molly e la squadra che aveva precedentemente accompagnato il soldato.
Greg stava seduto in un angolo del giardino con le mani sul volto e Mycroft lo osservava in piedi di fronte a lui; Molly, invece, stava accovacciata nel sedile posteriore di una delle due eleganti auto nere, lo sportello aperto e il cerchietto con le orecchie da gatto sparito.
Nel vederli, la castana andò loro incontro, e John ne fu felice: una presenza femminile, al momento, era l'ideale.

«Sherlock...» Mormorò la donna avvicinandosi e il detective provò ad indossare la sua solita maschera di calma indifferenza, ma troppe crepe resero impossibile il crederla reale. Molly, però, parve notare il tentativo e soffocò il tono preoccupato. «Andiamo in auto, dai.» Saggia ragazza.

Gli prese il braccio e, come John aveva immaginato, Sherlock non reagì al tocco, lasciandosi aiutare dalla castana a raggiungere la vettura di Mycroft.
Reputò una buona idea abbandonare il castano alle cure di Molly per un po' e si avviò esitante verso gli altri due uomini, una nuova paura crescendogli nel petto.
Che avessero fatto lo stesso a Greg?
Quando arrivò, Mycroft e Lestrade tacevano, i volti di entrambi pallidi e quello di quest'ultimo evidentemente sotto shock.
John, con occhio medico, notò il visibile tremore alle mani dell'ispettore, il respiro affannato, e dal modo in cui Greg se ne stava accovacciato sembrava star cercando di controllare un folle panico.

«Greg.» Il dottore si inginocchiò e, ignaro di cosa potessero avergli fatto e più conscio dopo le reazioni di Sherlock al suo tocco, decise di non posargli le mani sulle spalle come avrebbe normalmente fatto. «Respira.»

Guidò l'ispettore, aiutandolo ad insiprare ed espiare, dandogli i giusti ritmi, e, esitante, gli strinse un braccio. «John, uno di loro è forse ancora vivo.» Lo sentì ringhiare.

«Cosa?» Il soldato sgranò gli occhi alla rivelazione ed immediatamente un fuoco gli si accese nell'addome. «Credi di poter venire a controllare con me?» Lestrade annuì.

«Non c'è pericolo che scappi, ci sono i miei uomini.» Intervenne Mycroft, il tono piatto come sempre, le parole forse formulate leggermente più veloci del solito.

«Non è per questo che voglio andare.» Il dottore si spinse in piedi e porse una mano all'ispettore.

Questo la accettò e si tirò in piedi, avviandosi con l'altro all'edificio, nessuno dei due attendendo una risposta da Mycroft. «Lo so, John: l'ho detto proprio per questo.» Il dottore lo sentì, pur essendo di spalle, e decise di non voltarsi.

I due corsero in fretta in casa e salirono le scale, diretti alla gelida stanza, sangue sul pavimento e sulle pareti. «Lui.» Giunti nella vecchia cucina, Greg indicò l'uomo dai capelli biondi, steso supino sul pavimento, il volto sporco di rosso.

John si avvicinò e fu sorpreso di scorgere l'uomo sbattere lentamente le palpebre, una gamba certamente rotta a giudicare dalla posizione delle gambe. «Qui qualcuno è sveglio.» Mormorò il dottore, la sua voce come il gelido leccare di una belva sulla schiena, e la mano si mosse da sola, afferrando la pistola dalla cintura. «Lo stupratore del mio ragazzo.» Sibilò e non gli interessò se la sua relazione con Sherlock fosse già ufficiale o no. Quel bastardo doveva pagare. Premette uno scarpone sul collo dell'uomo, questo annaspando, il terrore visibile nei suoi occhi: per puro istinto gli mise le mani alla caviglia e strinse, forte, ma John non si mosse.

Avrebbe probabilmente lasciato un livido, ma quel dolore era niente rispetto a quello provato dal suo cuore, quello che aveva provato, provava e proverà Sherlock, forse tristemente anche Lestrade.

«Greg, ti hanno fatto qualcosa?» Mormorò, mai spostando lo sguardo dall'uomo sul pavimento, e per la prima volta non provò ribrezzo nel sentirsi così mostro, così figlio di suo padre, così suo padre.

«No.» Rispose l'altro visibilmente turbato.

«Esci.» Ordinò John e tolse la sicura della pistola.

«No.» Ripetè ancora e tentò un passo verso di loro. «Voglio vedere.»

John scosse lentamente la testa: in quel momento, non gli importò di essere di fronte ad un ispettore di polizia, di star puntando una pistola ad un uomo ferito, non per legittima difesa.
Quel che contava, in quei preziosi minuti, era che quel mostro aveva partecipato alla carneficina di Sherlock.

«Bene.» Annuì leggermente e affondò ancora con il piede. «Potrei vederti dietro le sbarre per una decina di anni, magari quindici, ma non lascerò che accada. Hai appena giocato con una vita, hai fottutamente rovinato una vita. Lasciarti nelle mani di quel folle di Mycroft potrebbe andar bene, provvederebbe adeguatamente: spariresti dalla faccia della Terra, forse ti farebbe persino castrare, ne è in grado. Ma no, non mi va bene. Hai sporcato una vita. Bene, io pulirò la tua da quei tuoi fetidi peccati.» Lo scarpone si immerse improvvisamente nella carne. «Ci rivediamo all'inferno, pezzo di merda.»

Sparò.

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Mai le mie dita hanno digitato con così tanta naturalezza bastardo.

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Bye bye!

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