Capitolo 95: Blackout.

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Nuovo capitolo! Enjoy!
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⚠⚠⚠ATTENZIONE⚠⚠⚠

Le descrizioni non sono affatto dettagliate, ma i contenuti del capitolo potrebbero realmente disturbarvi: se la lettura dovesse essere troppo, saltate questa parte e andate alla novantaseiesima.

Se avete la forza, ascoltate la canzone in copertina mentre leggete.
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Le voci.
Quelle furono il primo indizio che suggerirono a Sherlock di essere tornato con i piedi per terra, vigile.
Sbattè le palpebre un paio di volte, accecato da una luce giallognola, e tentò vanamente di osservarsi intorno, di capire cosa stesse accadendo.
Qualche secondo dopo potè distinguere intorno a sè una piccola stanza dalle pareti color crema, angusta seppur vuota, forse un tempo una cucina, dal cui soffitto pendeva una nuda lampadina gialla; L'unico mobile presente era un vecchio tavolo rettangolare, dal legno chiaro, abbandonato al centro.
Presto realizzò di essere seduto, i polsi saldamente legati alle sue spalle con delle corde, e contro la gamba destra sentì un tiepido calore confortarlo dal gelo della stanza.
Voltò il capo, la schiena appoggiata alla parete, e vide al suo fianco Lestrade, desto e nelle sue stesse condizioni, il lato sinistro del volto sporco di sangue.
Tornò a guardarsi intorno e sul tavolo trovò un uomo: alto, dai capelli neri e corti, gli occhi piccoli e scuri.
Indossava un jeans ed una camicia scura, il volto sporco di bianco e le labbra di viola: Oh.
All'improvviso, ricordò tutto: John, la festa, il terrazzo, il vampiro, la corsa.
Sussultò leggermente, gli occhi dello sconosciuto su di lui, e lo vide sorridere. «Ragazzi, il cucciolo è sveglio.»

Si irrigidì, il nomignolo come una lugubre carezza sulla schiena, e dalla porta vide entrare altri due uomini, gli abiti neri, uno castano e l'altro biondo.
Gli occhi di entrambi, di un verde tendente al dorato, si fermarono sui due ostaggi, e Sherlock scrutò le pistole sistemate nei foderi delle cinture. «Oh, ha dei begli occhi. Il capo aveva ragione.»

Ancora una volta, Sherlock rabbrividì, quelle parole pungenti sulla pelle, e gli parve che le corde attorno ai polsi si fossero fatte più strette.

«Quindi? Cosa dovremmo fare ora?» Il biondo li guardò con aria vagamente annoiata e l'occhiata che gli lanciò il corvino in risposta turbò i due sul pavimento.

«Seguire gli ordini, no?» Rispose qualcuno, ma Sherlock decise di non cencentrarsi sul distinguere chi fosse stato a parlare.

Il pugnale che aveva sistemato alla cintura, con il fodero, era sparito, ma poteva ancora distinguere il coltellino più piccolo nella tasca.
Se solo fosse riuscito ad arrivarci.

«Questa volta non sono neppure così seccanti. Occuparsi di quelle gambe lo è stato molto di più.»

Iniziò allora a muovere i polsi, nella speranza di allentare le corde, ma dovette arrendersi prima del previsto, queste limitandosi a rimanere aggrappate e a graffiargli la pelle.

«Chissà come gli vengono in mente simili idee!»

Il nodo era stato fatto perfettamente, sarebbe stato difficile scioglierlo: posò dunque lo sguardo sui polsi di Greg, nonostante la posizione svantaggiosa, e iniziò a studiare le sue corde con attenzione.

«Che ne facciamo di quell'altro, invece?»

«Nulla: il capo ha detto di evitare testimoni sul posto, dunque abbiamo dovuto portarlo con noi.»

«Meglio, è troppo uomo.»

Una lugubre realizzazione investì Lestrade, restato in silenzio per tutto il tempo, e si voltò verso l'amico con una tale velocità da sentire una dolorosa fitta al collo. «Sherlock...!» Sibilò, ma non ottenne risposta, il detective concentrato altrove.

Come here. • ITA Johnlock •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora