Da quando è capitata quella tragedia i risvegli erano qualcosa di orribile; tutte le volte vivevo con la speranza che l'incubo fosse finito. Scoprire che mi illudevo era un duro colpo, infatti non era mai facile alzarsi; iniziavo a chiedermi se ne valesse veramente la pena. Per due settimane la mia vita ha smesso di scorrere e mi sono abbandonata a me stessa senza chiedermi quali conseguenze avrebbe avuto. Per due settimane non feci altro che darmi colpe, convita che fosse l'unica cosa che al momento potessi fare. Non è facile affrontare questi momenti, ormai lo so per esperienza, ma ho imparato che stare ferma a disperarsi non fa altro che aumentare il dolore; ho fatto un grave errore, ora ne sono consapevole. Mi ci sono volute due settimane per capirlo. Due settimane per riabbracciare la voglia di alzarsi e di agire. Perche per la prima volta dopo tanto mi risvegliai con voglia di vivere, o almeno senza la solita malinconia.
Apro gli occhi senza difficoltà, i ricordi di qualche ora fa sono molto offuscati e la presenza di un corpo caldo di fianco a me non aiuta alla concentrazione. Subito davanti a me si desta il volto calmo e assonnato del solito ragazzo. Chissà perché tutte le volte ci ritroviamo sempre in queste situazione: io misteriosamente avvinghiata a lui e quest'ultimo che non se lo lascia ripetere due volte. Come da copione lo stupore iniziale c'è, ma si dissolve subito; che inizi a farci l'abitudine? Sento una nota di ribrezzo nel stargli così vicino; non passa momento dove io non ripensi a ciò che lui ha fatto e averlo davanti a me, ora ... non lo so ... mi spaventa. Con lui mi sento in continuo pericolo, perché se c'è qualcuno che potrebbe ferirmi e farmi davvero male ormai è solo lui.
Dal volto calmo sembra che si sia addormentato da un po', questo mi permetterebbe di andarmene di soppiatto senza alcun problema, e probabilmente farei così se non fossi così attaccata a lui. Ogni movimento potrebbe portare il mio piano al totale fallimento, ma non posso neanche aspettare che si svegli di suo, contando che potrebbe volerci tutto il giorno. Mentre tento appunto di trovare qualche via d'uscita un suono ripetitivo mi blocca completamente: se va bene è l'unica volta in cui imposta una sveglia in tutta la sua vita e me la becco io. Lo sento lamentarsi e produrre strani biascichi incomprensibili mente con il braccio destro, quello che mi teneva ben stretta a lui, tenta di spegnere la sveglia. Approfitto del momento di distrazione per sgattaiolare fuori dalle coperte. Neanche il tempo di fare un passo, che già la sua mano mi blocca e con occhi assonnati mi guarda da capo a piedi, mentre sul suo volto compare un sorriso da schiaffi.
"uno dei migliori risvegli della mia vita, grazie"
Non capendo abbasso lo sguardo e in una frazione di secondo mi passano per la testa domande della quale sinceramente non vorrei risposta: perche non ho i pantaloni? Di chi è questa felpa che mi copre a malapena fino a metà coscia? Chi mi ha tolto i vestiti? E altre svariate imprecazioni.
Vi prego ditemi che ha una badante e che è stata lei a ridurmi così.
Cerco di mantenere la calma e di affrontare la situazione. Mi stacco dalla sua presa e nascondo il rossore delle guance recandomi verso la porta della cucina alla ricerca dei miei vestiti.
"dove credi di andare così, fino ad un'ora fà deliravi per la febbre; non mi sembra il caso di girare per casa mia mezza nuda; Non che mi diaspiaccia, puoi perfettamente prenderla per abitudine, ma non ora forse."
Cambia tono della voce quando arriva alla parte del "mezza nuda". Aspetta ... deliravo per a febbre? Qualcuno mi uccida, chissà cosa avrò combinato.
"voglio evidenziare il fatto che sono mezza nuda, come dici tu, per colpa tua. Ora dimmi, dove sono i miei vestiti?"
Mi raggiunge in cucina frettolosamente.
"in bagno ad asciugare; dovresti ringraziarmi ti ho evitato una broncopolmonite fulminante"
Certo dovrei essere io a ringraziarlo, ma si rende conto di quello che dice. Decisa ad evitare di parlargli mi dirigo verso il bagno, per poi trovare un paio di jeans ancora umidi. Oggi non deve essere la mia giornata. Sto per infilarmi l'indumento quando vedo il biondo pormi dei pantaloni della tuta che ad occhio e croce dovrebbero starmi. Lo guardo per capire se faceva sul serio.
"dovrebbero starti, anche se è imbarazzante sapere che ho la stessa taglia di una ragazza"
Si fa sul serio.
"ma se non vuoi metterli per me non è un problema, anzi ... "
Con un sorriso beffardo lascia intere la fine della frase; mi affretto a riprendere una posizione autoritaria, mentre Garfield si allontana.
"quando hai fatto vieni in cucina, hai bisogno di mangiare"
"non ho bisogno di niente; sto benissimo"
Vado verso il letto dove pochi minuti fa dormivo per cercare le mie scarpe, sperando che almeno quelle siano in condizioni migliori.
"diresti la stessa cosa se ti dicessi che ho fatto i waffle?"
Anche le scarpe sono umide e un forte profumo inizia ad invadere la casa. Un odore che rimane impresso nella testa, non lo poi dimenticare; sa di casa e di affetto materno. Tutto quello di cui avevo bisogno sotto forma di cibo. Senza pensarci due volte, lo raggiungo in cucina e trovo sul tavolo due piatti con già serviti da mangiare. Resto ferma sulla soglia, mentre il mio stomaco reclama ciò che da troppo rifiutavo; In fondo non posso andare lontano con i vestiti bagnati e poi a casa ormai non ho più nulla; nulla per la quale valga la pena di lottare.
Mi siedo senza dire una parola mentre Gar mi guarda sorridendo e questo mi crea un nodo allo stomaco. Come può sorridere, come può pesare che ci sia qualcosa per la quale valga la pena sorridere; stringo i pugni; no, non riesco ad accettare che proprio lui mi abbia fatto questo.
"serviti pure"
Mi ero fidata, avevo cancellato le barriere solo per pochi momenti e lui è riuscito a distruggermi. Tutto quello che avevo imparato, tutto quello che ho passato per costruirmi la mia immunità al dolore è andato in fumo, solo per la mia debolezza. Ho causato la morte di mia madre, HA causato la morte di mia madre! E io sono ancora qui; perche non riesco a ragionare lucidamente quando c'è Garfield di mezzo; perche non riesco a levarmelo dalla mente.
"che c'è non hai fame?"
Come se non avesse parlato continuo a punzecchiare il mio waffle, mente i pensieri vagano; non mi sono neanche accorta che la sua espressione stava cambiando.
"Rae credo che sia il caso di parlare di ciò che è accaduto ultimamente"
Alzo lo sguardo sempre con la forchetta in mano. Cosa ci sarà mai da dire? Sono una stupida ecco tutto.
"la gente ha bisogno di parlare quando ha qualcosa da dirsi; per quanto mi riguarda tra neanche un'ora varcherò quella soglia e farò in modo di non farmi più vedere. Non c'è nulla da dire."
Resta in silenzio guardandomi. Non riesco a decifrare più il suo viso, forse perche non riesco più a guardarlo negli occhi. Rischierei di cascarci di nuovo e lui capirebbe tutta la rabbia e l'odio che sto nascondendo: riuscirebbe a leggermi dentro come solo lui saprebbe fare e mi sentirei vulnerabile più di quanto già non sia.
"Rae, io-"
"non chiamarmi mai più così!"
Solo lei poteva chiamarmi con quel nomignolo. Soltanto a mia madre permetterei di chiamarmi così e non ho più il coraggio di sentirlo dire da lui. Deve finirla di credere che tutto potrà tornare come prima, perche non sarà mai così; non cadrò di nuovo nello stesso inganno. Penso che dopo tutto le cose che mi sono successe fino ad ora, l'unica cosa buona che ne è venuta fuori è la consapevolezza che ora mai gli stessi errori non riuscirò più a farli.
"basta Gar, non c'è niente che tu possa dire o fare; puoi scusarti quanto vuoi, puoi implorare e pregare il mio perdono anche in eterno, ma questo non farà altro che peggiorare le cose. Io mi sono fidata, mi sono aperta e ti ho permesso di scorgere una parte di me che mai avrei liberato e non sai quanto mi pento di questo."
Resta fermo, bloccato dalle mie parole. Forse mi sto facendo più male io a dirgliele che lui a sentirle. Eppure è quello che si merita, è quello che penso; ma allora perche sento questo peso allo stomaco. Come se il mio cuore si stesse lentamente fermando.
"Rachel per favore ascoltami, ti giuro che non volevo farti del male, ma-"
"ma cosa!?"
Mentre prima il mio sguardo era verso il piatto, ora punta severo verso di lui; il mio pugno batte sul tavolo. La paura di sentirmi invasa dai suoi occhi svanisce e finalmente riaffronto il suo volto. Voglio che veda come mi ha ridotto; voglio che sappia e che capisca che è riuscito a farmi cadere. Rimango perplessa quando vedo l'ombra cupa che lo avvolgeva un tempo, tornare a capo del suo sguardo; solo una volta lo vidi assumere quel velo e fu la prima volta che parlammo. Da lì in poi rimase sempre il solito ragazzo, avvolto da quella luce di allegria e spensieratezza che un po' invidiavo, quindi non tenni conto dell'episodio. Ora invece sembra di tornare a mesi fa; sembra che stia guardando un ragazzo completamente diverso.
"avanti dimmi che cosa ti ha spinto a non dirmi niente dei piani di mia madre, dimmi perche non hai impedito che accadesse tutto questo? L'hai fatto per soldi? ti ha promesso una parte dell'eredità di mio nonno o hai semplicemente fatto la tua buona azione mensile? Avanti Garfield, per una volta si sincero con te stesso e dimmi perché?!"
Il tono della mia voce si è improvvisamente alzato, lo noto solo ora che mi bruciano le corde vocali. Il suo viso si fa umido, gli occhi lucidi, ma si sta trattenendo. Respira quasi con difficoltà, come se avesse voglia di gridare e stesse risparmiando le forze. anche lui ora mi sta fissando, non come prima, ora sembra che stia tentando di parlarmi con gli occhi, ma io sono soprafatta dalla rabbia per rendermene conto. È una sensazione strana, sembra che tutto ciò che vedi sia coperto da un velo nero e rosso con la quale non riesci a mantenere la calma.
"non sei stata l'unica che in questi giorni è stata male. Credi davvero che abbia dormito sonni tranquilli. Pensi che non abbia passato ogni singolo istante a pensare a quello che ho fatto? Non passa momento dove non ripensi a cosa avrei potuto fare per aiutarla. Tu non sai quanto hai ragione nell'odiarmi ora. Sono stato uno stupido, non potrò mai essere perdonato per la scelta che ho fatto, ma ogni volta che mi ricordo il motivo della mia decisione, capisco che rifarei la stessa cosa un milione di volte"
Resto immobile, in silenzio. Qualcosa mi obbliga a non saltargli addosso per finirlo. L'odio cresce a dismisura.
"queste settimane senza di te, sono state un peso insopportabile. Sapere che tu stai così male mi uccide e prendimi pure per falso, pensa quello che vuoi; so che tanto non crederai ad una singola parola di quello che sto dicendo. Per te d'ora in poi resterò colui che ti ha definitivamente rovinato la vita ed è assolutamente vero; ci sono passato, so cosa si prova nel perdere un familiare e so anche quanto ti senti arrabbiata contro colui alla quale dai la colpa della tua sofferenza: è forse l'unica cosa che ti fa andare avanti. Vederti il lacrime, in preda alla disperazione, sopra il corpo della persona a te più cara ... mi stava uccidendo e doverti poi portare via tra le tue urla impazzite è stato anche peggio. Passare tutti questi giorni a mentirti, a far finta che vada tutto bene andava contro a tutti i miei principi; insomma ti stavo praticamente portando via la stessa cosa che hanno portato via a me e non so come, ma l'ho fatto: ti ho ferita, ti ho fatta piangere"
Il suo tono sembra quasi un sussurro, ma continua fissarmi. Non riesco a fare altro che ascoltarlo, sempre più convinta di volermene andare.
"ma preferisco vivere con il tuo odio che saperti morta "
Il quel instante mi pareva di vedere tutta la purezza delle sue azione; mi ero quasi convinta che dicesse la verità. Ci stavo per cascare di nuovo, ma mi sono fermata in tempo. Dopo tutto quello che è successo continuo a fidarmi di Garfield; per questo devo stargli il più lontana possibile. Se questo vuol dire che non dovrò mai più vederlo in modo da ricreare le mie barriere, così sarà. Mi si crea un peso al cuore solo a pensarlo. Da quando sono diventata così dipendente da una persona? Devo troncare questa situazione ora; è il momento di smetterla.
"grazie per l'ospitalità"
Con i pugni stretti e la gola secca mi alzo del tutto dalla tavola e mi dirigo verso la stanza dove erano state mese le mie scarpe, infilandomele. Un magone mi assale, mentre il silenzio inonda il monolocale; improvvisamente mi sembra insopportabile anche solo l'idea di restare ancora qualche secondo qui dentro. Nel mentre percorrevo quel breve tratto di corridoi tra la porta e la cucina mi sembra di rivedere gli attimi in cui credevo di potermi finalmente fidare di qualcuno; quei attimi di demenza dove mi ero quasi convinta che il mondo non fosse un posto così orribile, come lo disegnavo. Erano momenti di felicita e in comune avevano che li ho passati tutti con lui. Pochi ma intensi, mi viene da dire ripensandoci; come fa un istante così profondo a cancellarsi così velocemente. Non prova a fermarmi, non accenna ad una parola, un sussulto; resta li, fermo a fissare l'aria. Ancorato con i piedi al pavimento, immobile, quasi morto; Per me sarà allora più facile crederlo tale, quindi.
Attimo sfuggente ecco come lo definirei questo momento. Una curva importante per la tua vita che dura meno di un secondo. Una scelta, che mi parla di odio e di falsità; un tempo credevo che un momento così non avrei mai potuto viverlo, perché non ho mai avuto questi tipi di momenti. Eppure eccomi qui, davanti a questa porta blindata di legno marrone, inumidita dall'acqua.
I secondi più profondi e struggenti della mia vita; ecco cosa sto vivendo.
come fa un istante così profondo a cancellarsi così velocemente?
Fuori l'aria è umida e pungente; i veno taglia a pelle e sussurra versi di lamento, lasciando una pioggerellina lieve. Prendo la prima strada che mi capita e parto, senza sapere bene dove andare.
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In quella piovosa giornata d'inverno, due occhi neri come la pece osservano dall'alto di un ufficio piuttosto tetro, il traffico del centro città. La postura retta, lo sguardo perso e le mani incrociate dietro la schiena lo fanno sembrare perso nei suoi pensieri, assorto nella contemplazione del paesaggio. Eppure, in realtà, l'unica cosa persa di quell'uomo era lo sguardo; la testa era interamente concentrata in un unico e chiaro punto, fisso nella sua testa ormai da giorni. Gli ultimi avvenimenti, oltre che aver portato via una madre dalla figlia, avevano anche creato gran casino in quell'ufficio; Lo si capisce dai fogli sparsi nella scrivania, nei vari fascicoli in giro per l'ufficio e il portacenere pieno di cicche. L'ultima sua perdita ha causato il totale stravolgimento dei suoi piani; doveva ammetterlo: non si era spettato un comportamento simile da Arella; era fermamente convinto che quella donna fosse solo un'incapace ragazzina piena di sogni e false speranze, una persona facile da manipolare, perfetta per i suoi piani quindi. Invece è risultata più efficace di come pensava. Aveva sottovalutato il suo avversario, il padre di Arella è stato più astuto di quanto pensava, avrebbe dovuto capirlo da come si era facilmente arreso davanti al volere della figlia nel volerlo sposare assolutamente. Ma non importa, continuava a dirsi, una soluzione c'èra di sicuro.
"signore, perdoni l'interruzione, ma è arrivata la persona che ha chiamato"
Tornando alla realtà, si gira verso il maggiordomo, annuendo.
"fallo entrare, poi lasciaci"
Ordina con voce mite.
Entra nel ufficio con passo rilassato, un uomo con una folta capigliatura nocciola. Al contrario del borghese di Trevor, il suo nuovo socio veste con semplicità dei jeans e una maglia coperto semplicemente da un giaccone impermeabile, visibilmente bagnato. La sua figura slanciata e solida lo fanno sembrare un trentenne ingannando la sua vera età leggermente più vecchia. Non degna di uno sguardo il maggiordomo e cammina verso la scrivania piena di fogli.
"accomodati prego"
Fa come gli viene chiesto e lo stesso fa Trevor, spostando la pila di documenti di lato a se.
"per telefono mi hanno detto che era una cosa importante, che succede?"
Un freddo sorriso si dipinge sul volto del capo mentre si porta le mani al mento.
"che succede chiedi? Immagino che tu sia a conoscenza degli ultimi avvenimenti, vero?"
"si, ti faccio le mie condoglianze per la perdita e se mi hai chiamato per sapere perché non ero al funerale, sappi che ho avuto un piccolo contrattempo"
Anche sul volto del giovane arriva un beffardo accenno sul volto.
"sai bene di non essere qui per questo; si qui perché vorrei sapere come pensi di procedere ora che la mia ultima possibilità di potere è andata in fumo"
Il tono di voce si alza, senza però scalfire l'accenno di sfida sul volto dell'imputato. Rimane tranquillo con gli occhi marroni sempre puntati su quelli di lui.
"ammetto che non avevo pensato ad una mossa del genere da parte della tua bella, è stata molto astuta, ma noi lo siamo di più, ricordatelo."
"su questo non dubbi, Arella è stata brava, ma abbiamo ancora un paio di carte da giocarci. La sua morte però ci crea un bel po' di problemi. Il testamento parla chiaro e lei è stata attenta a rispettarlo; la sua morte risale a prima del compimento del diciottesimo compleanno di Rachel"
Si alza dalla scrivania e si dirige verso la finestra continuando a fissare lo stesso punto di prima, per poi raggiungerlo il suo compare dandogli una pacca sulla spalla.
"non posso darti torto, ma ricordati che questo non cambia nulla, anzi in realtà ci ha solo torto lo sfizio di farla fuori; ci ha fatto un favore, pensala così"
Il giovane si allontana dalla finestra prendendo una sigaretta dalla tasca per portarsela alla bocca. Trevor si gira di nuovo verso di lui, porgendoli uno sguardo serio, facendogli intendere di andare avanti.
"cosa hai mente di fare?"
Dopo aver acceso la sigaretta, inspira profondamente per poi levarsela di bocca, facendo uscire un po' di fumo.
"credo che sia il caso di portare il nostro asso qui; se non agiamo in fretta quella ragazzina potrebbe farsi venire in mente qualcosa. È astuta come il padre quella bambolina, ma è anche distrutta per la perdita della sua mammina. Credo che questo potrebbe giocare a nostro vantaggio"
"o svantaggio; ho insegnato a mia figlia ad essere terribilmente diffidente"
"fidati amico mio, si è rammollita più di quando credi; non ci darà troppi problemi. Tu avrai il tuo armamento e io i miei soldi, te lo garantisco."
dopo qualche secondo Trevor si dirige verso la scrivania, premendo un pulsante del telefono.
"Stephanie, chiama Tara e dille di venire nel mio ufficio al più presto"
"si signore, gliela porto subito"
Risponde una voce femminile, dall'altro lato del telefono. Ancora un altro tiro di sigaretta, mentre i due continuano a guardarsi con sorriso da complice
"è un piacere fare affari con te"
Trevor gli porge la mano che viene stretta subito dall'uomo di fronte.
"tu non sai quanto".
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DIETRO LE QUINTE DELLA MIA VITA
FanfictionRachel è una ragazza che come tanti ha una vita difficile, ma come pochi questa influisce, in modo grave, sulle sue decisioni. Scelte che la ragazza non ha mai potuto prendere in totale autonomia perché qualcosa di più grande la blocca, perché come...