segreti e salici

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Il cielo è grigio e un pioggerellina fioca raggela l'aria, mentre i tuoni rimbombano sullo sfondo. Il prete continua a parlare, ma non lo sto più ascoltando da un po'. Per essere precisi da quando è iniziata la messa. È stato un miracolo che abbia capito da solo che era il momento di recarsi fuori a seppellire la bara di Arella Roth. Al funerale si sono presentate un'infinità di persone, ma solo poche piangevano veramente e la cosa triste è che a far parte di quel gruppo non c'èra il padre di Rachel.
Il posto in cui risiederà la lapide della donna si trova nell'ampio giardino della famiglia, dove a quanto pare sostano anche i suoi genitori. Si trova sotto un salice immenso e mentre le sue foglie accompagnano le goccia di pioggia a terra, viene calata la bara. Mille fiori diversi vengono gettati sopra di essa, ma nessuno sembra avere alcun valore: sono tutti simili, con colori morti e senza foglie. Non posso credere che una persona così buona abbia così poche persone che le vogliano bene veramente.
Tra i ricchi invitati, mi è sembrato di scorgere anche il panettiere che lavora vicino a casa mia, insieme a quella che sembrerebbe sua moglie e ad un commesso del centro commerciale. Loro sono forse gli unici veramente tristi, insieme a me e ai miei amici.
Kori ha pianto per tutta la cerimonia e Karen tiene lo sguardo basso. Ho visto anche qualche lacrima da parte di Vic, ma era troppo impegnato a consolare la fidanzata per rendersene conto. Dick non fa altro che sorreggere e abbracciare la sua compagna senza dire una parola, ma con uno sguardo più gelido del solito. Sono venuti anche i loro genitori, sempre a sguardo basso e con toni sotto zero. Nessuno si azzarda a parlare mentre ricoprono di terra il buco dove sosterà Arella durante il suo perenne riposo.
Non mi stupisco che manchi Rachel.
La notte in cui Arella fu uccisa ho dovuto prenderla in braccio e riportarla in camera sua a forza. Era letteralmente sotto shock e mi si stringeva il cuore nel vederla in quello stato. Ho sofferto tanto quanto a lei, ma in quel momento dovevo restare il solito me e aiutarla ad addormentarsi. Sono rimasto con lei fino all'alba, non ce la facevo a lasciarla con tutti quei incubi per la testa, così sono uscito di nascosto appena fui sicuro che dormisse serena, se così si può dire.
So perfettamente cosa vuol dire perdere una persona e so che in questo momento ha bisogno di sfogarsi, per questo fino a due giorni fa ero sotto il suo balcone a lanciargli sassolini, sperando che mi aprisse per poterla rivedere.
È da una settimana che non viene neanche a scuola, dove non si fa altro che parlare dell'accaduto. Mai avevo causato più risse di quelle nell'ultimo periodo, pur di evitare che si parlasse male di Rachel. Il corso di teatro invece sta andando sempre più a rilento, mentre i giorni scorrono sempre più veloci senza di lei. Lo ammetto, mi manca più di quanto pensassi.
La pioggia si fa più fitta e ormai se ne sono andati via già tutti, solo io e Victor siamo ancora qua dato che Dick ha letteralmente trascinato Kori al riparo.
"andiamo amico, non possiamo fare più niente ormai"
Vedo che ora anche lui si dirige verso un luogo riparato.
In realtà io potevo fare qualcosa per cambiare le così, ma ho preferito tener fede ad una promessa anche se ora lo rimpiango.

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Mentre fuori si sta calando la tomba di mia madre, dentro camera mia c'è più totale silenzio. Un silenzio che mi pervade da ormai chissà quanto tempo. Non so neanche se questa potrebbe vagamente tornare camera mia: ci sono le piume dei cuscini ovunque, mobili rotti e coperte ovunque tranne che sul letto. In meno di ventiquattro ore credo di aver finito tutte le mie lacrime. Ho gli occhi che bruciano come la gola, ma nulla in confronto al profondo senso di vuoto che sento ogni qual volta mi passi per la mente lei. A volte mi sono risvegliata convinta che fosse tutto un orribile incubo, ma poi mi affacciavo alla finestra e vedevo il cespuglio di rose preferite di mia madre raso a terra e tornava tutto come prima. Il dolore, la solitudine, e il rancore; tutto assieme in un solo secondo.
Apro la porta solo per prendere qualcosa da mangiare dal vassoio che mi porta ogni giorno Anna. Ha anche provato ad entrare per mettermi a posto la stanza, ma la ho minacciata di licenziarla se ci avesse provato e così se ne è andata, lasciandomi nel buco di solitudine che mi ero creata.
Ho pensato molto in questi giorni; ho ripensato a tutte le volte che non sono voluta andare in giro con Arella, a tutte le volte dove non le prestavo ascolto. A tutte le volte dove lei mi diceva di volermi bene e io non rispondevo; ho rivisto tutti i momento dove le mentivo. A volte passavo anche dei giorni senza parlarle o vederla. Ho provato a contare tutte le volte dove mi ha consolato e protetto, ma ho perso il conto. In certi momenti mi è anche parso di sentire le note della canzone che mi cantava, rimpiango di non averle chiesto di insegnarmi a suonarla. Come rimpiango un sacco di altre cose.
È strano vero? Passi gran parte della tua vita a lamentarti di ciò che non hai senza vedere ciò che invece hai e solo quando lo perdi ti rendi conto di tutti i rimpianti.
Ci sono stati momenti in cui neanche pensavo, semplicemente si fermava il tempo e io guardavo il buio della mia camera mentre dei strani rumori alla finestra riempivano la stanza. Sapevo che Garfield avrebbe tentato di consolarmi, ma ho paura di fargli del male. Non ho voglia di sentirmi dire che andrà tutto bene e che devo andare avanti. Non voglio neanche pensare di poter andare avanti e potrei giurare che se qualcuno provasse a dirmi qualcosa su mia madre, rischierei di ucciderlo.
Sto molto meglio qui, ma so che non potrò passarci l'eternità. Devo ancora distruggere l'uomo che mia rovinato la vita portandomi via tutto. Me ne andrò solo quando mi sentirò pronta, tutto qui.
Sento bussare alla porta e con un sospiro, rispondo a voce fioca.
"Anna ti ho già detto che non voglio vedere nessuno e che non ho bisogno di niente"
Senza rispondermi apre la porta e si guarda attorno tristemente; deve aver notato la situazione della camera.
"perdonatemi signorina, ma si tratta di una cosa piuttosto importante."
Fruga nella tasca del grembiule bianco e ne tira fuori una busta, porgendomela.
"che significa?"
Chiedo afferrando la busta; la giro per vedere il nome dell'indirizzato e trovo scritto il mio nome. Riconosco la scrittura leggera ed elegante.
"due giorni prima del suo compleanno, sua madre mi ha fatto promettere che al giorno del suo funerale gliela avrei consegnata"
Tristemente abbassa lo sguardo e si gira verso la porta.
"grazie Anna, ti prego di scusarmi per il mio comportamento"
Prima di andarsene mi scuso e solo quando la sento allontanarsi apro la busta. È una lettera da parte di Arella.

Cara Rachel
se stai leggendo questa lettera allora vuol dire che ormai il mio tempo è terminato. ora chissa dove sarò, se nel paradiso che tutti sogniano o se mi sto già rincarnando in qualcosa. non lo so e ora non mi interessa. Vorrei solo aver evitato di lasciarti da sola, in un mondo così difficile e con così tante cose da doverti insegnare. avrei voluto esssere con te durante il tuo matrimonio e scegliere insieme a te il te il vestito avrei voluto essere lì con te quando sceglierai il nome per tuo figlio; vorrei essere lì con te anche solo senza far nulla, basta che possa stare con la mia bambina. sei così crescita e pensare che sembrano passato pochi giorni da quando gattonavi in giro per il giardino. da sempre sei stata la luce dei miei occhi, la mia ragione di esistenza e sono felice di aver dato la mia vita per la tua. forse ora sarai triste, non è facile perdere le persone alla quale si vuole bene; sò che tu hai fatto di tutto per aiutarmi e ifatti mi sento un pò in colpa per questo. dovrei essere io quella che sacrifica se stessa per il bene della figlia e invece non hai fatto altro che proteggermi. non hai avuto la possibilità di fuggire da questa terribile prigione per paura di lasciarmi in balia di tuo padre eppure sarebbe stato ciò che avrei sempre voluto.
decidere di lasciarti è stata una scelta terribile da prendere, ma è la cosa più giusta da fare. ci sono cose che non sai di me, ma ho deciso che in questa lettera lascerò una parte di me stessa, i modo da tenerti compagnia durante il tuo percorso. anche io non ho avto una vita facile Rae, ma per mia scelta:

Arella, nome curioso vero. Non ho mai saputo il perché di quel nome e mai mi è importato. Un tempo credevo che i miei genitori mi odiassero. Era un convinzione per me, un dato di fatto così decisi di odiarli anche io a mia volta. Passavo così poco tempo con loro che a volte restavo via per giorni, credevo che tanto loro non se ne sarebbero mai accorti, così presi com'erano dal lavoro, soprattutto tuo nonno: lui non c'èra mai e le poche volte dove lo vedevo passava il tempo a darmi lezioni di vita, ma non potevo immaginare che tutte le poche attenzioni che mi davano lo facevano solo per proteggermi e lo capì troppo tardi. Un giorno smisi totalmente di tornare a casa e scappai lontano, credendo di poter vivere finalmente la vita che volevo. Avevo solo diciassette anni ed ero così vulnerabile e sola che sembravo non esistere. Il mondo non mi guardava, nessuno mi notava mentre dormivo al freddo nei parchi e quando frugava nei cassonetti per trovare qualcosa da mangiare. Più il tempo passava, più mi pentivo della cattiva scelta che feci, soprattutto quando in giro vedevo i volantini con la mia foto sopra, erano tutti uguali: " scomparsa ragazzina di diciassette anni, avvertire la polizia in caso di ritrovamento. Arella ti prego torna da noi, ti vogliamo bene". Non ebbi il coraggio di tornare e passai mesi a girare e a tentare di sopravvivere. In quei giorni mi resi conto di quanto la vita sia dura e di quanto fossi debole di fronte a tale disperazione. Ripensai a tutte le sciocchezze che commisi e a tutte le volte dove i genitori mi avevano manifestato affetto, ma ero così accecata da una sciocca convinzione da non vederli. Mi resi conto di quanto fossi stata cieca e di quanto ciechi sembrassero gli altri. Un giorno però accadde qualcosa che mi cambiò la vita: un ragazzo più grande di me di tre anni mi trovò seduta su una panchina in un giorno di inverno. Aveva gli occhi neri come pozzi e uno sguardo gelido e pungente, ma ne fu subito attratta. Lui mi raccolse dalla strada, mi diede una casa, da mangiare e dei vestiti puliti. Rimasi con lui e la sua famiglia per anni mentre il mio amore per lui cresceva sempre di più. Non vedeva in realtà quanto lui la ingannava, e decisi comunque di sposarlo. Le nozze avvennero al mio ventiduesimo compleanno e quel giorno ritrovai anche i miei genitori. Fui così felice di riconciliarmi con la mia famiglia che mi misi a piangere tra le braccia di mia madre. Dopo quell'incontro però aprì gli occhi. Capi che il marito da me tanto amato era in realtà un uomo terribile che schiacciava chiunque intralciasse i suoi interessi. Di questi interessi facevo parte anche io, ma lo capì tardi.
Devi sapere che tuo nonno era il proprietario di una delle più grandi industrie d'armi degli Stati Uniti. Il potere che aveva nelle mani era immenso e solo un uomo saggio e buono come lui sapeva usarlo. Il mondo sarebbe stato in pericolo se fosse caduto nelle mani di tuo padre.
Tuo nonno morì il mese dopo delle mie nozze, ucciso da tuo padre in persona, davanti ai miei occhi. Il suo scopo era quello di impossessarsi dell'industria mediante me, sapeva che tuo nonno mi voleva bene e che voleva regalarmi una vita priva di difficoltà lasciandomi in'eredità la sua ricchezza. Ci era quasi riuscito, ma tuo nonno fu più furbo: capì al volo gli intenti di tuo padre e cerco di convincermi a lasciarlo, ma ero troppo accecata; lui era colui che mi aveva salvato. L'unico che mi aveva notata e che mi riempiva di attenzioni che mai avevo avuto.

Ho accusato tuo nonno di voler rendermi la vita un inferno. E lui non batte ciglio. Cambiò il testamento: se io fossi rimasta in vita fino al compimento dei tuoi diciotto anni allora l'industria sarebbe andata a me, in caso contrario tutti i profitti ricavati da essa sarebbero stati affidati a te e le redini dell'industria allo stato.
Quando lessi il testamento seppi cosa avrei dovuto fare. Tuo nonno temeva che Trevor ci avrebbe ucciso non appena ne avrebbe avuto la possibilità e io volevo regalarti la vita che ti meriti, ma non potevo lasciarti nelle grinfie di tuo padre, così ho deciso. Avrei trascorso con te più tempo possibile.
Ho ingaggiato un sicario con l'ordine che mi uccidesse un'ora prima a mezza notte. In questo modo io sarò morta prima che tu compia diciotto anni e potrai fuggire dall'ira di tuo padre. Avrei avuto il tempo per insegnarti la differenza tra il bene e il male; per farti capire cosa è l'umiltà e insegnarti a continuare a sperare.
Non ci si stanca mai di sentirsi dire ti voglio bene, per questo non si dovrebbe smettere mai di dirlo. Il bene che ti voglio non sarà mai abbastanza, bambina mia. Per te farei questo ed altro. So che quando sarò morta tu ti sentirai persa e soffrirai tanto e non ti voglio dire che non devi. Soffrire, piangere, amare vuol dire essere umani, nascondere le emozioni non è mai un bene e tu l'hai fatto per troppo tempo. Quindi piangi Rae e sfogati, liberati della tua prigione e alzati in volo come il più nobile dei corvi. Sarà difficile, lo so, devi solo prenderti il tempo per imparare e vedrai che ce la farai. Probabilmente penserai di non poter andare più aventi senza di me, ma devi sapere che è quello che hai sempre fatto fin'ora. Mi sento così in colpa per averti dovuto dare una vita così piena di sacrifici: hai affrontato di tutto Rae e senza che io potessi intervenire; sei la ragazza più forte che conosca, non ti lasci smentire da nulla e so che qualsiasi cosa accada tu andrai avanti sempre e comunque. In questo momento non se più tu lo comprendo: è dura perdere una persona cara, quindi prenditi il tempo necessario, ma poi devi ripartire più forte di prima. Sono sicura che riuscirai a farcela e ricorda che io sarò sempre con te.
Questa è l'ultima volta che potrò parlarti e ho intenzione di essere totalmente sincera con te. Mi sono ripromessa che non avrei interferito con la tua felicità, ma ci sono dei momenti dove una madre deve fare il possibile per proteggere sua figlia e io credo di averlo fatto. Sapevo che dopo la mia scomparsa avresti perso una parte impostante dela tua vita e non volevo laciarti in balia del mondo, non volevo lsciarti sola. Per quasto ho dovuto chiedere a Garfield di proteggerti
Ho raccontato questa storia anche a Gar e gli ho chiesto un grande favore, cosa che forse non avrei dovuto fare. La prima volta che l'ho incontrato, ho capito subito che era una brava persona e gli ho fatto promettere di proteggerti il giorno del tuo compleanno portandoti in un luogo sicuro, lontano da casa e così deve aver fatto. Gli ho chiesto di vegliare su di te mentre io non ci sarò e sono sicura he ci riuscirà se tu glielo concederai.
Non devi arrabbiarti ne con lui ne con te stessa. L'unica colpa l'ho io che non sono stata in grado di starti accanto a sufficienza. Questo ragazzo ti vuole davvero un gran bene e spero vivamente che possa essere lui l'uomo della tua vita perché so che sarebbe pronto a tutto pur di proteggerti. Non ha esitato un attimo nell'accettare.
Sappi che ti vorrò sempre bene e neanche la morte mi impedirà di proteggerti. Ora vai Rae e ricorda: abbraccia la paura.
Arella Roth
La mamma ti sosterà sempre.

La carta si bagna di lacrime. Eppure pensavo di averle piante tutte ormai.
Non so se sentirmi delusa o arrabbiata. Anzi sono entrambi. Lui sapeva, ma non ha fatto niente.
Non ha tentato di salvare lei e mi ha portato via solo per volere di mia madre. L'unica persona della quale mi fidavo ciecamente, l'unica alla quale avevo mostrato le mie debolezze e con la quale mi ero aperta, mi ha tradito. Mi ha mentito e io stupida che ci sono cascata.

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Mercoledì, ore 13:25
Lezione di algebra.
La lotta contro le palpebre è più dura di quanto credessi.
Resistono; impongono il loro dominio, ma non li lasceremo scender per appisolarsi, nonostante la tentazione sia molta.
Mentre la prof è alla cattedra intenta a parlare io sto lottando contro la sonnolenza e non riesco a fare a meno di immaginarmi come un soldato in trincea. L'attenzione alla lezione è andata a farsi benedire; ora come ora sono intento a pormi domandi di gran lunga più interessanti: viene prima l'uovo o la gallina? Siamo soli nell'universo? Perché il latino ha così tante "s"? esistono le polpette al pesto? I pinguini hanno le ginocchia? Come fanno ad essere così morbide le labbra di Rachel?
Ok forse l'ultima non seguiva il tema della altre, ma non mi stupisco più: ormai passo più della metà del tempo a ripensare alla sera di quel bacio; non avevo calcolato la possibilità che un giorno sarebbe potuto accadere, quindi è più che comprensibile che mi ecciti al solo pensiero. Quel semplice contatto mi ha fatto venire la pelle d'oca e sarei stato disposto a morire soffocato solo per rimanere lì. In quel momento mi è sembrato così inutile respirare; mi ha completamente mandato in pappa il cervello; in quel momento tutto quello che riuscivo a pensare era " wow". Fù il momento più felice della mia vita e non riesco ancora a credere che si sia potuto distruggere in così poco tempo. In meno di un secondo ho capito che quella felicità non era destinata a durare.
Neanche oggi è venuta a scuola ed è già la seconda settimana di seguito; non so quanto le possa importare in questo momento, ma tutte le volte che vedo la sua postazione dietro le quinte vuota mi sento mancare. Ciò che ho fatto è stata per proteggerla, ma lasciare Arella morire ... non è stato facile accettare. Quando mi ha chiesto di aiutarla ero certo di non voler accettare; so cosa significa perdere un genitore e non volevo che Rae provasse il dolore che sento ancora oggi, ma poi la disperazione negli occhi della madre, la voce cupa con la quale parlava mi ha fatto intuire quanto avesse bisogno del mio aiuto. Forse avrei dovuto scegliere diversamente, forse avremmo potuto trovare una soluzione per salvarle entrambe. Potrei sembrare una persona spregevole, ma nonostante tutti i dubbi di ora credo che se potessi tornare indietro nel tempo lascerei le cose così pur di proteggere Rae, anche se il prezzo da pagare è il suo odio. Perché quando leggere la lettera di sua madre e scoprirà ciò che ho fatto non ci sarà modo di farmi perdonare da lei.
"Logan"
Ora devo solo cercare di convincerla a scappare da suo padre.
"Garfield mi sta ascoltando?"
Facile a dirsi; se proverò ad avvicinarmi anche solo a casa sua mi sparano in testa, sia lei che suo padre.
"GARFIELD!"
Mi risvegliano gli urli della professoressa, ormai davanti al mio banco, mezza infuriata.
"mi farebbe la cortesia di rispondere alla domanda"
Chiede infastidita e con le mani sui fianchi. Calma Gar, respira.
"quale domanda?"
Le chiedo cercando di mantenere la calma. Proprio in un momento simile deve avercela con me?"
"quale è la probabilità che lei riesca stare sveglio durante una mia lezione?"
Ultimamente sono molto stressato, quindi ho un caratteraccio e di certo le sue battutine non mi aiutano.
"sarà sicuramente maggiore di quella che ha lei per evitare di sputare quando parla"
Risate trattenute si fanno strana nell'aula da parte dei miei compagni classe, mentre la donna davanti a me sbuffa dalla rabbia.
"dalla preside, ORA!"
Mi alzo senza protestare. Stavolta lo fatta grossa; dannazione a me e alla mia boccaccia.
Mi giro fissandola con odio. Io questa prima o poi la butto giù dalle scale. Esco dall'aula sbattendo la porta dirigendomi a passo svelto nell'ufficio della preside, che neanche senza farlo apposta ci vado a sbattere contro.
"Logan, pensi un po' che stavo pensando proprio a lei"
Raccolgo i fogli che le ho fatto cadere, per poi porgerglieli.
"si sente bene?"
Non capisco cosa intende finche non mi sento gli occhi umidi. Mi scaccio le lacrime indietro prima che possano scendere e reprimo i singhiozzi. Quando sento di riuscire a parlare con un tono normale, rispondo.
"non si preoccupi, è solo un po' di polvere"
Mi guarda inespressiva come al solito, per poi pormi un fazzoletto che accetto solo per cortesia.
"avrei bisogno di parlare con lei, ci dirigiamo verso il mio ufficio?"
Scrollo le spalle e la seguo percorrendo la strada ormai a me familiare. Non è cambiato nulla dall'ultima volta che ci sono venuto. Sembra passata un'eternità eppure ci ero stato neanche una settima fa, dopo un piccolo incontro di box nel corridoio principale. Quel giorno ero stufo di sentir gli altri parlare male di Rachel. Non lo sopporto, non si devono permettere.
"prego si sieda"
Mi accomodo sulla mia solita poltrona, aspettando.
"devo dire che sono piuttosto sorpresa del suo miglioramento. Da quando ha iniziato il corso di teatro è tornata la pace a scuola anche se per un breve periodo." Si siede dietro la sua scrivania metre osserva un fascicolo giallo.
"faccio del mio meglio"
Dico cercando di capire di chi sia il fascicolo.
"immagino però che il merito non sia solo del corso"
Chiude il fascicolo e lo appoggia sulla scrivania davanti a me, in modo che possa leggere il nome del proprietario; o meglio della proprietaria.
"credo di non capire"
Sorride e si aggiusta gli occhiali sul naso per poi ricominciare a parlare.
"questa è la mia scuola signorino Logan, tutto quello che accade qui dentro io sono la prima a saperlo e sono a conoscenza del fatto che ha tentato altre bravate anche quando stava già frequentando il corso"
Si lo ammetto, ma era uno di quei giorni no e un ragazzino del secondo anno mi aveva fatto inciampare di proposito. Per tutta risposta ero proto a mettergli un petardo dentro l'armadietto e lo stavo per fare, finche una mora non rovinò tutto. ricordo bene quel momento perchè era stata la prima volta che vidi la vera Rae, non quella fredda e scontrosa; la Rae che fà del suo meglio per aiutare gli altri e impedire che si mettano nei guai.

" Logan cosa credi di fare?"
Mi girai e rividi la ragazza dagli occhi viola, Rachel se non ricordo male.
"tu sei Rachel quella di teatro"
Mi fissa accigliata con e mani nella tasca della felpa. Sembrava molto stanca, come se avesse passato la notte in bianco.
"di solito non mi infischio nei problemi degli altri, ma questo armadietto è affianco al mio quindi qualsiasi cosa tu abbia intenzione di fare falla da un'altra parte"
Si dirige verso l'armadietto a fianco quello della mia vittima per poi aprirlo e metterci dentro diversi libri; do una sbirciatina dentro per poi stupirmi del maniacale ordine con la quale riponeva le cose. Sembrava quasi in'usato.
"quando hai finito di farti gli affari degli altri sei pregato di andartene"
Mi dice senza neanche guardarmi mentre chiude il cassetto.
"tu non dovresti essere in classe? c'è lezione ora"
"da che pulpito viene la predica"
Colpito e affondato.
"sei sempre così acida o solo io ho l'onore?"
Si allontana senza neanche guardarmi.
"non sono affari che ti riguardano"
Più imbronciato di prima, mi giro per terminare il lavoro che avevo cominciato, ma vengo nuovamente fermato dalla stessa voce.
"far soffrire gli altri non ti aiuterà a risolvere i tuoi problemi"
"è solo un banale scherzo tutto qui"
Armeggio con il pacchetto di petardi per cercare di aprirlo.
"sei proprio ritardato. Questo banale scherzo ti farà finire in presidenza con la conseguenza che aumenterà la tua frequentazione al corso di teatro."
Mi giro per guardarla.
"in poche parole ti stai fregando da solo, ma questo non mi riguarda."
Si gira per andarsene con passo calmo. È entrata con due ore di ritardo eppure se la prende molto comoda. Ora che ci penso non so neanche in che classe vada e sono sicuro che se lo chiederò non mi risponderà mai. Così metto via in fretta e furia il pacchetto di petardi e mi affretto a seguirla, dimenticandomi completamente il motivo per cui fossi lì.
"che cosa hai ora?"
Chiedo affinacandola.
"hai già terminato la tua vendetta, o sei qui solo per infastidirmi?"

Tutte le altre volte che provavo a fare qualche mia bravata avevo sempre addosso Rae che mi faceva passare la voglia di infastidire gli altri. Solo ora capisco che forse lo faceva per aiutarmi.
"ho visto come ha perso subito l'interesse di quel armadietto e di come è corso dietro alla signorina Roth e devo dire che sono rimasta colpita da entrambi; non credevo esistesse qualcuno capace di capire quella ragazza e non credevo neanche possibile che avrebbe provato a rivolgere la parola proprio a lei"
Devo prenderla come un'offesa?
"i problemi sono ricominciati da quando non è più venuta a scuola vero? Per quanto sia difficile ammetterlo quella ragazza è l'unica a riuscire a controllarlo"
"non capisco dove voglia arrivare"
"non voglio arrivare da nessuna parte; a dire la verità vorrei che la finisse di scontrarsi con gli altri alunni della scuola, ma capisco i suoi motivi: vuole difendere la signoria Roth e fa bene non la voglio rimproverare, ma non va bene a quei due o tre ragazzi alla quale ha spaccato il naso"
Il tono della sua voce stava aumentando.
"sono sicura che non andrebbe bene neanche a Rachel che per quanto distrutta dalla morte della madre, non arriverebbe mai a far del male a qualcuno sono per qualche parola tagliente. Vorrei che capisse che per quanto giusti siano i suoi motivi, non lo sono per altri."
Stringo i pugni adirato, ma non con lei, con me stesso: non riesco a fare nulla per aiutarla, mi sento così inutile; sono stato in grado solo di distruggerle la vita nel tentativo di salvarla e il massimo che sappia fare è andare a picchiare qualche ragazzino che non sa fare altro che criticare. Se solo non mi avesse mai incontrato forse ora starebbe meglio, forse non bene, ma sicuramente meglio di come sta ora. E ammetterlo fa davvero male. Tutto il peso del celo sembra essersi caricato sulle mie spalle. Sapere di averla ferita, di averla delusa mi uccide più di quanto potrebbe fare la morte stessa.
"io ..."
Ora o anche perso la capacita di parlare, fantastico. Trovo ora che i colori della stanza siano più spenti mentre nuvoloni carichi di pioggia si avvicinano sempre di più, minacciosi.
"le chiedo scusa signora, le prometto che cercherò di mantenere il controllo la prossima volta"
"Garfield in teoria non dovrei dirlo, ma deve sapere che io provo molta ammirazione nei suoi confronti"
Alzo lo sguardo spento, mentre la vedo togliersi gli occhiali.
"è sempre riuscito ad alzarzi davanti a tutto e le assicuro che non è da tutti, specialmente nel suo caso. Sono sicura che chiunque altro sarebbe crollato subito. In tutta la mia vita ho incontrato solo una persona forte come lei"
Abbasso lo sguardo sulla cartella, capendo a chi si riferisse.
"sembrate davvero così diversi a prima vista. La prima cosa che ho pensato quando l'ho inserita nel gruppo è che sicuramente avrebbe causato dei problemi alla signorina Roth e nel profondo speravo che sarebbe andato tutto bene, ma da quando vi osservavo ho capito che sbagliavo a dubitare. Ho visto quanta forza d'animo abbiate entrambi; provi ad immaginarselo come un sottile filo rosso che collega entrambi: viaggiate su sponde diverse, avete lunghezze d'onda diverse, siete l'uno l'opposto dell'altra, ma ci sarà sempre quel filo a tenervi legati"
Sentivo di iniziare a capire, anche se era piuttosto strano sentirsi dire questo dalla propria preside.
"entrambi avete la capacità di rialzarvi sempre; avete i vostri tempi certo, ma una ferita non si rimargina subito. Sono sicura che anche ora la signorina Roth riuscirà a superare tutto, ma avrà bisogno del suo appoggio. Dovrà farle percepire il filo rosso che vi lega, ma non ci riuscirà se prima non lo percepisce lei"
Percepire un filo. Mi stava dicendo che per riuscire ad aiutarla avrei prima dovuto capire che cosa era quel filo che ci univa? Ho una così grande confusione in testa, non riesco neanche a mettere insieme i più semplici concetti come posso cercare di percepire un filo ignoto.
"non sarà facile, ma penso che lei ci possa riuscire"
Si alza improvvisamente dalla sedia e si dirige verso la porta per poi uscire senza dire niente.
Non saprei dire per quanto tempo restai li dentro, però appena uscì non c'èra già più nessuno a scuola. Sebbene sarei dovuto andare a teatro, oggi non ce la facevo proprio. Non avrei retto il volto dei miei amici preoccupati la tensione che ci sarebbe stata.

Presto pioverà, lo si sente nell'aria, un giorno perfetto per andare in un cimitero.

DIETRO LE QUINTE DELLA MIA VITAWhere stories live. Discover now