Sabato pomeriggio mi vedo con alcuni compagni dell'università e Cecilia per salutarci prima che debba partire per Barcellona. La mia migliore amica viene a prendermi sotto casa ma non vuole dirmi dove siamo diretti, sarà una sorpresa.
"Dai dammi almeno un indizio" la punzecchio senza riuscire a stare ferma sul sedile.
"Nah, non esiste"
"Ma ci siamo già state?" le chiedo, cercando di estorcerle qualche informazione.
"Qualche volta" risponde impassibile. Dubito che si lascerà scappare qualcosa.
"E mi piace?"
La vedo riflettere un po' come se non lo sapesse e poi mi mette a tacere con un bel: "Lo scopriremo solo vivendo".
Mi arrendo e mi abbandono sulla portiera della sua macchina, approfittando del panorama fuori dal finestrino per distrarmi e per cercare di capire dove siamo diretti. Sono luoghi familiari quelli che vedo, ma non riesco a ricollegarli ad un ricordo preciso. Solo dopo almeno un paio di chilometri un cartellone in lontananza attira la mia attenzione per i colori accesi.
"Aspetta ma" realizzo quando riesco a mettere a fuoco "stiamo andando alla pista dei kart!" esclamo piena di gioia e la abbraccio fortissimo. Per l'impeto quasi finiamo contromano, ma ridiamo entrambe della mia euforia.
"Eh sì, Luca e Alberto hanno pensato che non fossi abbastanza a contatto con il mondo dei motori, perciò eccoci qui"I go-kart sono stati il mio sogno nel cassetto fin da piccola, ma per timore di sembrare un maschiaccio ho sempre finto che non mi piacessero, finché non ho capito che non sono i gusti a rendere una ragazza femminile, o almeno, non solo quelli. Peccato che lo abbia scoperto così tardi e che non mi sia goduta la mia infanzia da piccola pilota.
In realtà ci si è messa anche un po' di paura dopo il mio primo piccolo incidente e, nonostante la stima e gli sproni del nonno, ci ho messo parecchi anni a ritrovare il coraggio della mia prima volta in un circuito.
Ma ora non appena indosso il casco mi sento trasformata: il livello di adrenalina nel sangue sale a dismisura e mi fa sentire spietata, famelica. È come se fossi accecata dalla sfida.
"Hey Barbie bruna!" richiama la mia attenzione Alberto "In pista non esistono amici" mi ricorda con gli occhi stretti a fessura per intimorirmi, ma niente può farmi paura quando entro nel mood competizione.
"Puoi giurarci" gli rispondo in un soffio e mi sento come una leonessa che vuole marcare il territorio.La gara è stata combattutissima dall'inizio alla fine, con Alberto in vantaggio per più di metà gara e io subito dietro per una partenza schifosa che mi ha lasciato seconda fin da subito. Agli ultimi due giri ho dato il massimo che ho potuto, ho usato tutto l'acceleratore che avevo e ho tirato delle staccate da far tremare i proprietari della pista (che per fortuna non stavano guardando, spero), ma non sono riuscita a superarlo se non all'ultima curva, quando con un incrocio di traiettoria mi sono infilata all'interno e gli ho rubato il gradino più alto del podio. Dagli spalti Cecilia e Luca hanno urlato fortissimo e per un attimo ho creduto di essere invincibile. Appena sono scesa sono andata a congratularmi con Alberto e ad assicurarmi che fossimo ancora amici come prima e non mi è sembrato troppo abbattuto. In fondo lo sa che la più forte fra i due sono io.
"Wow Emma sembravi un'altra persona, mi hai fatto paura" commenta Luca strabuzzando gli occhi come fa di solito, dopo averci raggiunto fuori dalla pista insieme a Cecilia. La sua espressione mi fa ridere, anche se attira di più la mia attenzione il suo braccio intorno alle spalle della mia migliore amica.
"Quando ti ho visto entrare all'ultimo secondo ho temuto potessi uccidermi" confessa il mio rivale.
"Io?" rispondo tirando fuori la mia miglior faccia da angioletto.
"Sì proprio tu. Ma forse potrò perdonarti se sta sera ci offri la cena" aggiunge, con un sorrisetto da furbo.
"E va bene dai, almeno questa posso dartela vinta" scherzo tirandogli una gomitata, ma lui non fa in tempo a rispondermi perché il suo sguardo viene catturato da una Ferrari Portofino rossa parcheggiata lì fuori.
"Sapevo che eri allo stage in Scuderia ma non pensavo che come auto di servizio ti dessero una Portofino" mormora, visibilmente stupito.
"Non è sua, l'ho accompagnata io" gli fa giustamente notare Cecilia.
Ci fermiamo per un momento a sbirciare gli interni in pelle bianca con occhi sognanti, anche se devo dire che è la forma sinuosa della carrozzeria il mio punto debole.
"Dai andiamo, mi sento povero" conclude Luca guardandosi attorno, e tutti silenziosamente ci allontaniamo.La sera ci fermiamo a mangiare in una classica paninoteca in centro, di quelle con i tavoli un po' appiccicosi e la birra buona, in cui i vestiti ti si impregnano di odore di fritto e i proprietari ti conoscono da una vita. Non appena abbiamo due secondi liberi, Cecilia mi chiede com'è andato l'incontro di ieri con Charles.
"Un vero fiasco, non mi ha neanche guardata in faccia" le racconto a malincuore, concentrando lo sguardo su una venatura più scura del tavolo.
"Oh Emma mi dispiace tanto" dice abbracciandomi. Vorrei dirle di non dispiacersi e che va tutto bene, ma in fondo so che un po' ci sono rimasta male.
"Ora rimediamo con una buona bevuta, così domani mattina in aereo avrai i sintomi della sbornia di cui preoccuparti" mi dice sorridendo, con una mano ancora sulla mia spalla.
Tento di fermarla ma ha già ordinato fiumi di alcool al cameriere. "Tanto paghi tu, no?" esclama e si volge verso di me con un'espressione che non promette nulla di buono per il mio fegato.
Mi lascio convincere, ma solo perché so che alzare il gomito ogni tanto non fa troppo male, soprattutto quando si è in compagnia di buoni amici.
Tuttavia fra un drink e l'altro perdo completamente la cognizione del tempo. Anzi, forse è solo uno il cocktail che ho bevuto, ma la mia tenuta è decisamente bassa. Anche se solo qualche anno fa ero molto più abituata, ve lo posso assicurare.
La testa è leggerissima e mi sembra tutto così divertente e confuso che non posso evitare di sorridere, sbalordita dalla bellezza del mondo. Le voci dei miei amici sono solo delle eco in lontananza e non appena qualcuno mi fa sedere sul sedile posteriore di un'auto mi addormento come una bambina.
Sono quasi cosciente quando arriviamo a casa mia e mi viene naturale invitare tutti a fermarsi a dormire da me. Non riesco a capire la loro risposta ma insisto comunque perché voglio che restino. Ridacchiano un po' e alla fine si sistemano in giro per il salotto, evidentemente avevano già detto di sì, mentre Cecilia dorme insieme a me come quando eravamo piccole.
"Se non ci fossi tu" le sussurro con la bocca impastata quando siamo a letto "Grazie per esserci sempre" aggiungo, mossa da un'ondata di tenerezza. In effetti non l'ho mai ringraziata come si deve per essere riuscita a tirarmi fuori dai casini un bel po' di tempo fa. Ma lo sa che senza di lei non sarei mai riuscita a tornare ad essere la brava ragazza di prima.
"Le amiche servono soprattutto per questo" mi risponde dandomi un bacio sulla fronte e io cado sfinita nel mondo dei sogni.
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Portofino | Charles Leclerc
FanfictionFin da piccola sono sempre stata la classica brava ragazza: gentile, studiosa, simpatica e solare al punto giusto, mai invadente, giudiziosa, la figlia modello insomma. No, okay, non è del tutto vero. Non è sempre stato così. Ma ora lo sono di nuov...