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"Lewis non gira con macchine che costano così poco" bisbiglia Charles.
"Così poco? Costerà quanto il mio appartamento!" borbotto.
Con nostra sorpresa il conducente suona il clacson per salutarci, venendo poi a parcheggiare vicino a noi. I vetri dell'auto sono oscurati, perciò non siamo ancora riusciti a capire chi stia guidando, benché sia abbastanza ovvio che si tratti di qualcuno di nostra conoscenza, dal modo in cui ci ha salutato. E che abbia anche una certa disponibilità economica, a giudicare dall'auto. A meno che non si tratti di una vettura di servizio.
Sia io che Charles rimaniamo alquanto seri, in attesa.
Solo qualche secondo dopo, con molta calma, si apre la portiera lato passeggero.
Ne esce una ragazza piuttosto bassa, bruna, formosa, tipica bellezza mediterranea. Charles mi guarda con aria interrogativa, ma io so chi abbiamo davanti.
"Ciao cara" mi saluta.
Dopo poco, anche la sua ragazza scende dall'auto. Ovviamente era l'ingegneria di pista di Lewis a guidare.
"Scarlett?" si domanda Charles, con una punta alquanto viva di stupore.
"Sei venuto a farci visita, finalmente" esclama lei, avvicinandosi a noi con passo felpato. Ad ogni mossa i suoi capelli perfetti ondeggiano sinuosamente.
"In realtà saremmo qui per un altro motivo" pronuncio tagliente.
Non so perché, ma ogni volta che mi trovo davanti la sua chioma bionda mi sale l'invidia. E l'irritazione.
"Seguitemi, in veranda saremo più comodi" propone la sua ragazza, indicandoci la strada.

"Quindi" dice Scarlett, una volta che ci siamo accomodati tutti "a cosa dobbiamo la vostra visita?".
Siamo seduti intorno a un tavolo rettangolare in ferro battuto, colorato di bianco. Anche le sedie sono della stessa fattura e il tutto risulta essere molto grazioso.
È Charles a risponderle.
"Sì tratta di Rossa" dice.
"Oh cielo, non la sento da qualche giorno" mormora lei, scostandosi una ciocca dal viso.
"Beh non ci sono stati gran premi. Perciò immagino non avesse miei appunti da passarti" pronuncio sarcastica.
Charles mi tira un calcetto da sotto la sedia. Forse avrei dovuto essere più discreta. Ma con lei non ci riesco, non la sopporto. Anche se non è interessata agli uomini e non può fregarmi Charles, non mi piace proprio. È troppo bella e troppo finta.
Con mio compiacimento, vedo che lei rimane sorpresa dalle mie parole. L'ho punta sul vivo.
Uno a zero per me, Scarlett.
"A cosa si riferisce, tesoro?" le chiede la sua ragazza, ancora più preoccupata di lei.
Scarlett arrossisce e poi sbianca di botto. Fa un lungo respiro e si appoggia allo schienale.
"Se non glielo racconti tu, lo farà Emma" la ammonisce Charles, vedendola tentennare.
Bravo Charles, bisogna essere cattivi a volte.
"Glielo dirò io" ringhia lei, infastidita dal nostro atteggiamento.
Questa volta siamo io e Charles ad appoggiarci allo schienale, in attesa.
"Eh va bene" dice, fra sè e sè "Rossa è sparita da un po' di giorni. Sicuramente avrete scoperto qualcosa e lei se la sarà svignata" borbotta.
"Sì, lo crediamo anche noi" le confermo.
"La verità è che" inizia. La sua fronte si imperla di sudore e la vediamo agitarsi sul posto.
Io e Charles ci lanciamo un'occhiata di sfuggita. Cosa vorrà dirci? C'è davvero Lewis dietro a tutto questo?
"La verità è che compravo i tuoi appunti da Rossa" sbotta poi, con lo sguardo puntato a terra. Immagino che se potesse scomparire, lo farebbe subito.
"Non lo avrei mai fatto, se non avessi avuto il sentore di voler essere sostituita in Mercedes. La concorrenza c'è" pronuncia con una punta di risentimento.
"E sei tu la mia rivale, Emma. So che Lewis ti sta addosso da un po' di tempo e sono sicura che voglia te al suo fianco" mi rivela, quasi con le lacrime agli occhi. La sua però non è invidia nei miei confronti. È paura.
"E così chiedevo a Rossa di passarmi i tuoi appunti, solo in questo modo potevo architettare qualcosa di buono, prendendo spunto dalle tue idee" ci spiega.
"Ma Lewis" dice, prima di venire interrotta.
"Scarlett" pronuncia Charles con disgusto.
"Charles" risponde lei, alzando lo sguardo sui suoi occhi.
"Mi fidavo di te. Lavoravo con te" sottolinea lui, con rabbia.
Pensavo di essere l'unica in grado di farlo arrabbiare così, ma a quanto pare mi sbagliavo.
"Volevo aprire una società di karting con te, ma a questo punto considerati pure tagliata fuori" soffia deciso, alzando il tono di voce. Se non fosse abituato a gestire le emozioni, immagino tremerebbe in questo momento. Di delusione. Lo conosco abbastanza ormai, per dire che è la delusione che lo frega. Più della paura. Più della rabbia.
"Charles ti prego, cerca di capire. Mi avrebbero licenziato!" prova a giustificarsi Scarlett.
"Ma io non andrò mai in Mercedes!" sbotto, infastidita dal suo egoismo "Tienitelo pure il tuo Lewis".
Charles si volta a guardarmi, sconvolto.
"Non andrai in Mercedes?" mi chiede, allibito.
"Certo che no. Il pilota con cui lavoro meglio corre in Ferrari" gli faccio notare.
Dal modo in cui si acciglia immagino creda che mi stia riferendo a Sebastian.
"Parlo di te scemo" aggiungo, notando la sua reazione.
Lui si lascia sfuggire un sorriso, prima di rimontare l'incazzatura. Si alza in piedi di scatto.
"Non cercarmi più" ringhia, rivolto a Scarlett.
"Ma" protesta lei, mentre noi iniziamo ad avviarci fuori dalla villa.
A passo svelto raggiungiamo la Portofino. Entrambi abbiamo bisogno di allontanarci da questo posto. Sono venute fuori troppe cose.
"Guida tu per favore" mi dice, sedendosi sul sedile del passeggero "Sono troppo incazzato per riaccompagnarti a casa sana e salva".
Io non me lo lascio ripetere due volte. Seppur sconvolta, a una Portofino non rinuncerò mai.

Trascorrono almeno quindici minuti di assoluto silenzio in macchina. È piuttosto chiaro che dentro la testolina di Charles ci sia un frullatore di pensieri. Per tutto il tempo non ha fatto altro che torturare il braccialetto di cuoio che ha al polso. Non sopporto vederlo così.
"Charles" gli dico, staccando le sue dita dal braccialetto.
Lui finalmente distoglie lo sguardo dal panorama che sfreccia via al di là del finestrino e mi guarda.
"Parlami" lo incito. So che solo così gli passerà l'incazzatura.
Lui sospira pesantemente e si sistema sul sedile.
"Sono incazzato" sbotta, spostando un piede di scatto e dando un colpo al cruscotto con il ginocchio.
Ma va!
"Stavo mettendo anima e corpo in questa società che volevo aprire con lei. È un anno che ci sto dietro, capisci? Un anno!" sbraita, furioso.
"E questa stronza poi fa pure la doppiogiochista" continua con esasperazione.
"Charles" mormoro, accarezzandogli il dorso della mano con un dito "Questo non significa che tu debba buttare via tutto il lavoro che avete fatto" gli faccio notare.
"Sì ma, come?" mi chiede.
"Potresti aprire una tua società a Monaco ad esempio" propongo.
Lui torna a torturare il braccialetto.
Di nuovo si rifugia nei suoi pensieri, chiudendomi fuori.
"Ma ci vedremmo pochissimo" mormora ad un certo punto.
Rimango folgorata dalle sue parole. Dopo tutto quello che è successo, il suo primo pensiero è il tempo che trascorreremo insieme. Caro Charles, mi sa che ci siamo presi entrambi una bella sbandata, allora, se siamo uno la priorità dell'altra.
"Non ci vedremmo comunque, ho ancora un esame da dare e dovrò iniziare a scrivere la tesi" gli ricordo.
"E poi, ci starei peggio se rinunciassi per me" aggiungo, con una nota sdolcinata che non credevo mi sarebbe sfuggita.
"Sicura?" mi domanda.
"Mais oui!" rispondo, in un francese un po' incerto.
Lui scoppia a ridere, non so se per la mia pronuncia o per il sollievo. In ogni caso, inizio a sentirmi meglio anche io. Se lui è felice, io sono felice.

"Quindi rimarrai in Ferrari" constata, dopo un po'.
"Sempre che Mattia mi voglia ancora nel team" borbotto.
"E perché non dovrebbe?" mi chiede, confuso.
"Non so. Ultimamente non mi sembra di essere stata all'altezza delle sue aspettative" confesso.
"Ma se Seb è arrivato secondo!" esclama.
"Io non ho fatto niente" gli faccio notare "È arrivato secondo per conto suo. E grazie al lavoro che ha fatto con Laura".
"Ah vuoi dirmi che le traiettorie se le è inventate al momento e che ha detto lui ai meccanici che gomme montare?" mi chiede con retorica.
"No, certo che no"
"Visto?" mi corregge, con un sorriso.
"Può darsi. In ogni caso, penso che il tuo stile di guida sia quello che meglio valorizza il mio lavoro" dico sincera.
"Sì, sono d'accordo" conferma.
"Ma in Mercedes faresti più carriera" aggiunge, dopo un po'.
"Charles, voglio lavorare con te. Anche se fossimo con la Williams" lo rassicuro.
"Sì ma Emma stiamo parlando di Lewis, cavolo! Ha già cinque titoli mondiali. Saresti sulla bocca di tutti, sempre, ogni weekend. Tutti vorrebbero intervistarti e sarebbe un ottimo trampolino di lancio per la tua carriera" continua per la sua strada.
"E tutti concorderebbero nel dire che Lewis si è costruito il suo successo grazie alla sua bravura, non di certo per le strategie della sua ultima ingegnera di pista" gli faccio notare.
Lui rimane a riflettere un po' sulle mie parole. Forse sono riuscita a convincerlo.
"Okay, può starci. Però promettimi che quando lascerò questo sport, tu andrai da lui" aggiunge, poi.
"Penso proprio che mollerà prima lui" affermo, piuttosto convinta.
"Dalle sue dichiarazioni stampa non sembrerebbe. E in ogni caso, promettimelo" aggiunge.
"E va bene, promesso" rispondo, guardandolo di taglio.

Portofino | Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora