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Il viaggio in macchina mi sembra interminabile e già dopo mezz'ora non riesco più a capire dove mi trovo, spero solo di non essere finita in una di quelle fanfiction che sfociano nell'horror.
"A che pensi?" mi chiede Charles dopo qualche minuto che mi sono ammutolita.
"A niente, guardavo il panorama" mento, ma preferirei non svelargli che tutto questo sembra un po' strano.
"Tra poco siamo arrivati comunque. Davvero non sei mai venuta da queste parti?"
Scuoto la testa e lui fa un'espressione soddisfatta. Inizio seriamente ad avere paura.
Non penso che voglia ucciderti, anche perché Alex ti ha visto salire sulla sua auto. Mi fa notare giustamente la vocina.
Mentre continuo a farmi i film mentali, infiliamo una stradina sterrata piuttosto stretta, ma la Portofino sembra cavarsela bene anche qui, nonostante tutte le buche.
Svoltiamo e la strada sparisce in un ampio prato, al cui centro svetta un capannone.
Charles accosta lì vicino e scendiamo, io visibilmente confusa. Quando però sento l'inconfondibile rumore di un motore, non riesco a nascondere un sorriso e il mio accompagnatore si fa ancora più orgoglioso.
Mi precede e quando entriamo dal portone scopro che si tratta di un'officina annessa ad un garage un po' antiquato. Un ragazzo sulla trentina sta lavorando a quella che vista da sotto sembrerebbe essere una umilissima (in confronto ad una Ferrari, ovvio) BMW i8 e saluta Charles con caloroso rispetto, da cui deduco che lavora per lui.
Il garage è invece più simile ad una cantina per il mare di oggettini ed attrezzi che vi si trovano, e vi è parcheggiata un'auto coperta da un telone bianco.
"Puoi avvicinarti, non morde" mi dice Charles dopo aver notato che non riesco a togliere gli occhi di dosso da quella meraviglia.
Mentalmente gioco a indovinare il modello delle vettura solo in base alla sagoma del telone che la ricopre, ma è molto semplice. È chiaramente una Fiat 500 d'epoca bianca che ho già visto in qualche sua storia su Instagram e che è sempre stata un mio punto debole, perciò non temo di dirlo, non senza euforia ovviamente, ancora prima di sfilare il lenzuolo che la nasconde.
Dopo averla scoperta mi sembra ancora più bella e il mio cuore ha come un fremito. Decido però di darmi un contegno e di non entusiasmarmi troppo: è solo un'auto, Emma!
"Dai sali, la meta della gita non era mica questa" mi esorta Charles ridendo della mia aria estasiata e io non riesco a evitare di guardare anche lui con gli occhi a cuoricino.

"Ora puoi svelarmi i tuoi progetti?" gli chiedo dopo qualche minuto che siamo partiti.
Si passa una mano dietro la nuca e mi arriva una ventata del suo profumo alla menta, che si mescola piacevolmente all'odore di vissuto dei sedili, poi inizia a parlare.
"In realtà sono già stato al simulatore oggi. Pensavo ci saresti stata tu e invece mi sono beccato Edoardo" dice facendo un sorriso sincero e anche un po' imbarazzato, che fa inarcare le labbra anche a me.
"Quando mi hai scritto ho pensato che portarti al capannone ti sarebbe piaciuto e che un giretto su una macchina un po' diversa non ti avrebbe fatto schifo. E in effetti direi che avevo ragione"
"Sono davvero così facile da stupire?" chiedo con una voce che mi esce più acuta del solito.
"Hai dei gusti particolari rispetto alle altre ragazze e che fanno inevitabilmente parte del mio mondo, i tuoi gusti intendo, non le ragazze, tutto qui" dal modo in cui stringe il volante sembra essere diventato nervoso. Decido perciò di curvare il discorso su di lui piuttosto che su di me.
"Ti sei esercitato sul circuito di Melbourne?" gli chiedo dopo una manciata di secondi di silenzio.
"Oh yes, tutta la mattina"
"E i cordoli?"
"Solo quando servivano"
"Vedo che inizi a imparare"
"Inizio? Ma lo sai con chi stai parlando?"
"Con uno che un mese fa sbagliava le traiettorie come un principiante"
Mi lancia di sbieco uno sguardo truce e poi si mette a ridere, facendo spuntare due adorabili fossette sulle guance.
"Comunque anche tu non sei perfetta nella guida" dice con un barlume di sfida.
"Ah sì? E che ne sai?"
"Mi è bastato vederti sui kart una volta per capirlo: hai paura di urtare le barriere"
Le sue parole arrivano come uno schiaffo preso di sorpresa. Rivivo la mia prima volta in pista, senza che io riesca a frenare la valanga di sensazioni che evoca. Cerco di non lasciarmi trascinare dal ricordo, ma mi sento impotetente di fronte alle immagini che rivedo davanti agli occhi.
"Sì" rispondo dopo un po' di tempo, ancora un po' scossa da ciò che ho rivissuto.
"Tutto okay?" mi chiede rallentando la macchina "Non volevo offenderti, stavamo scherzando"
"Come? Sì figurati, non è niente" mormoro.
Si volta verso di me e si abbassa a cercare il mio sguardo, improvvisamente incollato al freno a mano.
"Tutti abbiamo le nostre paure" dice guardandomi negli occhi "sta a noi decidere se affrontarle o lasciarle vincere".
La sincerità della sua voce mi tranquillizza e sospiro, cercando di smettere di pensare a quell'episodio.
Sorride vedendomi sollevata e mi scompiglia i capelli. Fosse stato qualcun altro si sarebbe già preso un pugno sul naso ma lui, beh, posso perdonarlo.

"Arrivati" esclama parcheggiando in un posto a me già noto tramite alcune immagini del web.
Siamo al circuito privato della Scuderia a Fiorano. Già da fuori si respira aria di storia e di successo, ancor più accentuati ai miei sensi dall'essere arrivati qui su un'auto d'epoca.
"Sarebbe bello entrare" rifletto a voce alta quando noto che i cancelli sono chiusi.
"Beh, potrei per caso avere con me il mazzo di chiavi che ci serve" mi risponde Charles spostando alcuni sassolini con la scarpa, facendo il finto sorpreso.
"E come hai fatto?"
Sinceramente non mi sembra il ragazzo con tanta faccia tosta da rubare qualcosa dall'ufficio del capo.
"Ho convinto Mattia a darmele, dicendo che avevo bisogno di ispirazione. Ed è vero, perciò tutto legale"
Infatti, come mi aspettavo.
"E allora entriamo" dico unendo le mani come in un applauso.
Purtroppo abbiamo accesso solo agli spalti e non possiamo posare neanche un centimetro delle nostre scarpe sull'asfalto del circuito, ma l'atmosfera è magica anche qua sopra.
Ci sediamo su due seggiolini in prima fila ed è un vero spettacolo la luce dorata del tramonto che illumina le curve della pista, facendole scintillare.
Per un attimo mi immagino come sarebbe correre su questo tracciato, magari su una Ferrari, magari sulla SF90, con una folla che acclama me e solo me, o al limite il mio compagno di scuderia, e poi 5, 4, 3, 2, 1, via! Partire seconda (dalla pole sarebbe troppo facile) e sfrecciare per un intero gran premio, alla rincorsa di quello davanti e con il costante fremito di ansia che quello dietro ti raggiunga, in un attacco e fuga primordiale, che solo le corse sanno restituire.
Immersa nei miei pensieri di gloria, mi viene istintivo raccontare a Charles della mia prima volta su un go-kart, dell'incidente, di quella risata che mi ha rimbombato nella testa tutto il pomeriggio dopo le sue parole, e che inevitabilmente ha spento in me quel giorno la scintilla che solo in pochi riescono a mantenere accesa e ad alimentare finché non diventa fuoco.
Charles mi ascolta coinvolto e leggo nel suo sguardo una nota di puro dolore, o forse è mera compassione e mi illudo che ci sia un barlume di empatia fra noi due. Ma so che è per il brutto scherzo che mi ha giocato la vita dandomi passione e forse anche talento, insieme ad una paura restrittiva e debilitante, come solo la paura può essere.
"Mi dispiace tanto Emma" commenta quando finisco il mio racconto.
Rimaniamo entrambi in silenzio a guardare l'ultimo spicchio di sole andare a nascondersi dietro l'orizzonte, per poi scomparire del tutto.
"Per questo ci tengo così tanto alle tue traiettorie, anzi, alle tue performance come direbbe Edoardo" aggiungo sfiorando con lo sguardo per un'ultima volta le curve della pista, prima di alzarmi e andare verso la macchina.
Lui sta ancora qualche secondo seduto, poi mi raggiunge con una corsetta e si mette a camminare a fianco a me.
"Se fossi venuto da solo sarebbe stato inutile" dice ad un certo momento e intuisco che è il suo modo per ringraziarmi di avergli raccontato un parte così intima del mio passato.
Gli sorrido in risposta e continuo a farlo anche mentre con uno scatto fulmineo balza in avanti per aprirmi la portiera, da vero gentiluomo.

"Bella la 500, davvero, ma è un po' fredda" dico sfregandomi le mani congelate.
"Trovi sempre un punto critico tu, eh?" commenta inclinando la testa e lanciandomi uno dei suoi classici sguardi di sbieco, che non riesco mai a decifrare.
Per fortuna arriviamo presto al capannone e scopro che il suo amico meccanico è andato via, anche se la i8 è ancora appesa.
Solo ora noto quanto il garage sia carino: un divano nell'angolo è in tinta con la livrea dell'auto e invece di un lampadario ci sono tante lucine bianche avvolte intorno agli scaffali a illuminare la stanza.
"Mi piace questo posto" gli dico giocherellando con una matriosca che ho trovato su una mensola.
"Non ce l'ho da molto, ma appena l'ho visto me ne sono innamorato. Era già arredato così e mi è subito sembrato un piccolo rifugio"
"Un piccolo rifugio da che cosa?"
"Più che altro dai giornalisti, è stressante averli sempre intorno. Non mi sento a mio agio davanti alle telecamere, anche se mi piacciono, non fraintendermi. È solo che a volte ho bisogno di stare un po' da solo"
"Ah, se vuoi stare da solo allora io vado" dico cercando di strappargli uno dei suoi sorrisi che mi piacciono tanto.
" 'Solo' nel senso di 'con chi mi interessa' " aggiunge, improvvisamente serio.
"Quindi rientro in questa categoria" dico abbassando un po' il tono di voce, così che debba avvicinarsi di più a me.
"Non mi sembra che ti dispiaccia" sussurra e il suo respiro provoca un brivido che mi percorre tutta la schiena.
Siamo così vicini che mi basterebbe alzarmi sulle punte per... Fare quello che non avrò mai il coraggio di fare.
Tutti abbiamo le nostre paure, sta a noi decidere se affrontarle o lasciarle vincere. La vocina mi ricorda le parole di Charles di questo pomeriggio. Ha ragione in fondo, perché non dovrei baciarlo? Sono adulta e posso decidere io per me stessa.
Peccato che debba ancora lavorare sul mio tempismo.
"Ti riaccompagno a casa dai, si è fatto tardi" dice allontanandosi improvvisamente da me e dandomi le spalle.
Mannaggia a me.

Portofino | Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora