Capitolo 7

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L'ordine fu subito eseguito, e le buone sorelline, tornando a casa divorate dal fiele dell'invidia, cominciarono a fare congetture a non finire.
Una sbottò dicendo:

"Ecco com'è la Fortuna: cieca, crudele, ingiusta! Sarà contenta adesso che è riuscita ad assegnarmi una sorte così diversa, pur essendo figlie degli stessi genitori? E che noi due, che siamo le sorelle maggiori, siamo state date come schiave a mariti forestieri e dobbiamo condurre una vita da esiliate, lontano dalla casa paterna e dalla stessa patria, mentre lui, che è il più piccolo, che con la sua nascita ha prosciugato l'utero ormai invecchiato di nostra madre, ha ottenuto tante ricchezze che non sa neppure come
godersele, e si è preso come marito uno che sembra un dio! Ma hai visto, sorella mia, che meraviglia di gioielli in quella casa, che splendore di stoffe, che
scintillio di gemme, quanto oro sul quale dovunque si cammina? Se poi suo marito è bello come dice, non c'è al mondo una donna più felice di lei.
Anzi può darsi che a lungo andare la consuetudine rafforzi l'affetto e che alla fine quel dio che è suo marito faccia dio anche lui! Ma diamine, è proprio così! Già si atteggia e si comporta come un dio! Già ora mira in alto, già ora, pur essendo un uomo fragile come una donna, spira intorno divinità, lui che ha delle voci come ancelle e comanda perfino ai venti. Io invece, povera disgraziata, ho avuto in sorte un marito più vecchio di mio padre, pelato come una zucca, più bamboccio di un ragazzino, che sa solo tenere la
casa chiusa a chiave con sbarre e catene!".

E l'altra:

"Io sto anche peggio, che devo sopportare un marito tutto gobbo e rattrappito per l'artrite, e che per questo motivo ben raramente se la sente di far l'amore. Devo strofinargli tutti
i momenti le dita storte e indurite come pietre, e rovinare le mie delicate manine con impiastri puzzolenti, bende sudice e cataplasmi schifosi, non dovendo fare la parte di una mogliettina gentile, ma riducendomi a faticare come un'infermiera. Ma a dir la verità, ti dico le cose come me le sento, mi sembra che tu sopporti questa vita disgraziata con troppa pazienza, direi con la rassegnazione di una schiava. Io invece non ce la faccio più a sopportare che una tale fortuna sia capitata a uno che non ne è degno. Hai visto con che superbia, con che arroganza ci ha trattate, e come
ha manifestato il suo orgoglio mettendoci sotto gli occhi tutti i suoi averi, e che poca roba ci ha poi buttato lì svogliatamente in dono: eppure le
ricchezze non le mancano! E poi, infastidito dalla nostra presenza, ci ha fatto filare via, anzi ci ha fatto soffiare, fischiare dal vento! Non sono una
donna, e non sono neanche viva se non riuscirò a farlo colare a picco dall'alto delle sue ricchezze. Se anche tu come me senti questa offesa bruciante,
cerchiamo insieme una soluzione efficace. Tanto per cominciare, queste cose che portiamo via da lì non facciamole vedere ai nostri genitori né a nessun altro. Anzi, non facciamo neppure sapere che lui è vivo. È già troppo quello che abbiamo visto, perché anche i suoi genitori e il mondo intero sappiano la sua felicità. Infatti non sono
veramente felici quelli di cui nessuno conosce la felicità. Yoongi deve imparare una buona volta che noi siamo le sue sorelle maggiori, non le sue
schiave. E adesso torniamocene ai nostri maritini e alle nostre case povere ma almeno modeste. Intanto pensiamo bene al da farsi, poi torneremo più decise e castigheremo il suo orgoglio".
Questo perfido piano sembrò buono alle due perfide sorelle, e cosi, nascosti tutti quei preziosi doni ricevuti, coi capelli scarmigliati e la faccia
graffiata, come davvero avrebbero meritato, ricominciarono ipocritamente a piangere. E così, dopo aver inasprito il dolore e la disperazione deiloro genitori, ritornarono gonfie di rabbia a casa loro, cercando il modo di architettare un piano ingannevole e scellerato, anzi un vero delitto contro l'innocente fratello.

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