CAPITOLO 39

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Per mesi mi sono ostinata a non voler lasciare il mio appartamento, nonostante mi rendessi conto che fosse troppo piccolo per viverci insieme, e ogni volta Bob non perdeva occasione per farmelo notare ogni giorno.

Aveva promesso che non mi avrebbe più lasciata, ma non credevo certo si riferisse così alla lettera. 

Inizialmente non riuscivo a fidarmi così gli permettevo di vederci ma poi a fine giornata io tornavo a casa mia e lui alla sua, poi pian piano è tornata la nostra complicità o forse non è mai andata via... magari ero io a negare l'evidenza, così sono tornata a fidarmi di lui dopotutto sarebbe stato il padre di mia figlia.

Da quella mattina è tornato a Palo Alto solo per prendere le sue cose e trasferirsi a San Francisco.

Col ritorno di suo padre in azienda, Bob ha potuto spostare tutti i suoi impegni qui' in città, proprio nello stesso stabile dove lavoro io. Non ha perso più nessuna visita, viziandomi in tutto e per tutto.

E' stato poi davvero difficile convincerlo che avere rapporti non avrebbe fatto male né a me né tanto meno alla piccola.

A ridosso dello scadere del nono mese i nostri amici ci avevano già riempito l'appartamento di giochi, vestitini e accessori prettamente rosa. Nessuno è riuscito a farmi cambiare idea quando decisi di lavorare fino alla fine per dedicarmi poi a mia figlia nei mesi successivi alla nascita, così un bel giorno nel bel mezzo di un'importante riunione di lavoro in presenza dei più illustri nomi della Holding oltre al Signor Paul siamo stati interrotti dalle mie contrazioni e la successiva rottura delle acque. 

La presenza di Bob è stata tempestiva visto che, in mezzo a quella circostanza di vergogna e paura, è riuscito a gestire tutto nonostante il ritardo dell'ambulanza e la corsa in ospedale. 

Ha preteso di assistere al parto, nonostante le mie successive complicazioni che hanno messo in pericolo me e la bambina.

Senza la sua forza non so proprio come avrei fatto da sola.

Quel giorno ho visto gli occhietti scuri nostra figlia appena nata, tra le braccia di suo padre in lacrime. 

Non avevamo mai parlato io e Bob sul nome che avremmo dato a nostra figlia, così quando l'inserviente ci chiese il nome da registrare risposi io per prima: << Albachiara... Albachiara Davis. >>

Bob rimase disorientato per qualche secondo per poi riprendere a piangere. Non dimenticherò mai quegli attimi.

Adesso è passato qualche mese e io finalmente ho deciso di lasciare il mio piccolo appartamento per la villa a Baker Beach, che il Signor Paul ci ha piacevolmente lasciato. La piccola adesso ha quasi sette mesi e, ancora ogni tanto, continua scambiare la notte col giorno. Per questo motivo sono stremata già a metà mattinata.

Il telefono squilla e lo afferro convinta che sia Bob a chiamare per chiedere se sia tutto apposto e invece ricevo una chiamata da mia madre.

- Tesoro come stai? La mia nipotina? Le manca la nonna?

- Mamma l'hai vista solo quando è nata... non può certo ricordarsi di te!

- No, ma certo! Lo so perfettamente. Ti chiamo appunto per questo.


Sono pronta a sentire.

- Tu ormai vivi a San Francisco con Bob. Non torni più a Palo Alto da mesi, giusto?

- Si è così.

- Bene. Per questo motivo io e papà abbiamo deciso di vendere casa. Abbiamo già parlato con l'agente immobiliare e per questo motivo tra qualche giorno torneremo per stabilire la compravendita e con la scusa potremmo stare anche un po' insieme, cosa ne pensi?

ALBACHIARA 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora