05. Fenrir

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«Noi stiamo uscendo, per favore, sta attento alla casa e se succede qualcosa, chiama me, intesi?» disse dolcemente la madre al figlio, accarezzandogli la testa.
«Va bene, ma smettila di fare così. Non sono un cane» rispose Kal incrociando le braccia.
«Va bene, ometto» lo stuzzicò ancora lei.

E con quella promessa, la madre raggiunse suo marito, che già l'aspettava in macchina.
«Kal puoi prendere le patatine?» chiese la sorella, dall'altra stanza.
«Veramente io stavo andando a dare da mangiare a Fenrir!» le urlò Kal iniziando a mettersi le scarpe.
«Ancora con quel cane? Mamma e papà si arrabbieranno molto, se scoprono quel clandestino» domandò Yennefer sbucando dalla cucina.
«Si Yen, qualche problema? Ci metterò poco» rispose Kal un po' infastidito.
«Nessun problema...» disse allora lei sorridendo.
«...basta che mi aiuti subito con i preparativi, ormai manca poco» e Kal capì che in quella frase c'era una velata ma significativa minaccia.
«E va bene» sbuffò infine, sfilandosi la scarpa.
«Puoi andarci dopo, ora ho bisogno di te qui» e sta volta non lo diceva solo per farsi aiutare. Voleva davvero bene a suo fratello e sapeva anche che lui era bravo con i preparativi.

Dopo un'oretta circa, Kal era piuttosto seccato. Sua sorella gli aveva fatto spostare più volte il divano, perché non abbastanza convinta della sistemazione dei mobili.
Poi gli aveva fatto preparare tutti gli stuzzichini, mentre lei sistemava i bicchieri e i piatti.

«Ok, ci siamo» squittì lei, con una certa euforia. Non stava un minuto ferma.
L'ora della festa era ormai giunta e lei non stava più nella pelle.
Al contrario, il fratello, non vedeva l'ora che gli invitati arrivassero per poter sgattaiolare via e stare tutta la serata con il suo cucciolo... e magari anche con James, se riusciva a convincerlo.

«Ommioddio, sono arrivati» quasi urlò, una volta che il campanello suonò due volte.
«Vado io» disse allora il fratello, alzando gli occhi al cielo.
Aveva la stessa vitalità di una persona che si incammina verso la gogna.
«Buonasera» disse, cercando di fare un sorriso quanto meno credibile.
«A te» dissero due ragazze con un bel sorriso. Kal si imbarazzò un pochino.
Erano davvero carine, o almeno, era quello che avrebbe detto James.
Lui non faceva molto caso a queste cose.
«Ecco qui la festeggiata!» urlarono le due ragazze correndo incontro a sua sorella e abbracciandola forte.
A Kal venne la nausea per un minuto.

«Dove mettiamo i cappotti?» dissero poi.
«Potete darli a Kal» disse lei senza nemmeno guardalo.
Per quella sera, il ragazzo avrebbe fatto finta di nulla, dopotutto era il suo compleanno, aveva il diritto di essere euforica. Ma l'indomani, beh l'indomani Kal si sarebbe proprio vendicato per quel trattamento.

«Ma che gentil uomo» fece una delle ragazze, porgendogli la giacca.
«Dovere» scherzò Kal, con un inchino.
Non serviva a nulla prenderla sul personale, alla fine erano tutti ragazzi.

Purtroppo per lui, quella scena si ripete altre volte. Davvero molte altre volte, forse troppe, per i gusti di Kal.
Nel giro di una mezz'ora, la casa era invasa da una quindicina di persone, esclusi i padroni di casa.
«Kal, puoi prendere le bibite fresche che ho messo in frigo?» disse ancora Yennefer.
Era tipo il centocinquantesimo ordine che gli dava e lui non ne poteva davvero più, sopratutto perché la serata era ancora lunga e lei non avrebbe smesso.
Doveva trovare il modo di scappare senza farsi vedere.
«Kal puoi andare ad aprire la porta?» urlò ancora Yennefer.
«Ma porca miseria...» imprecò il ragazzo, con ancora le bottiglie in mano e due sotto le ascelle.
Erano fredde, ma le giornate stavamo diventando sempre più calde con l'arrivo dell'estate, quindi non era poi così male averle a contatto con la pelle.

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