13. Ipotesi

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«Buongiorno amore» disse sua madre, baciandogli la fronte.
«Giorno» rispose lui, ancora nel mondo dei sogni.
«Hai dormito bene?» chiese allora la madre, con cautela. Aveva già passato l'inferno con Yennefer in adolescenza, non aveva alcuna intenzione di rivivere le stesse cose anche con lui. Lezione imparata.
«Abbastanza» rispose soltanto Kal, guardando il piatto con la colazione, che la madre gli aveva posato davanti poco prima.
«Meglio così» gli sorrise, sincera.
Sapeva che il figlio stava mentendo, si vedeva, ma non avrebbe infierito ulteriormente sui suoi problemi, se voleva parlare, le era lì.

Dopo una decina di minuti passati a fissare il piatto senza dire una parola, Kal decise di iniziare a fare strada. Così prese la giacca e lo zaino e uscì di casa salutando la madre con un bacio.
Cosa che la tranquillizzò un pochino.
«Kal» si sentì chiamare in lontananza. Era Rachel.
«Buongiorno» disse soltanto lui, rallentando per aspettarla.
«Buongiorno a te» sorrise lei, con un po' di fiatone, sembrava aver fatto le corse per essere lì in tempo.
«Per caso ieri mi hai mandato un messaggio?» chiese allora Kal, un po' titubante.
«Non ho neanche il tuo numero» si giustificò lei ridendo.
«Per caso è un modo per chiedermi il mi...» ma Rachel non riuscì a finire la frase che, Jessie, sbucò dal nulla, interrompendola.
«Che ci fai qui?» domandò Kal perplesso.
«Sono giorni che tento di parlarti in privato, ma non ho mai avuto l'occasione» rispose lei, issandosi lo zaino sulle spalle, per aggiustarne la posizione.
«Così hai pensato bene di fare una sorta di imboscata a casa mia?» scherzò Kal non accorgendosi di quanto fosse seria l'amica.
«Io sono Jessie comunque, piacere» si presentò lei, rivolta verso l'altra ragazza.
«Rachel» rispose lei afferrandole la mano.
«Credo di aver capire di essere di troppo, ci vediamo più tardi Kal» affermò poi, salutando i due ragazzi con un gesto della mano e accelerando il passo verso scuola. Sembrava un po' giù.
«Quella ci sta provando con te» constatò lei, guardando Rachel andare via di fretta.
«Ma cosa stai dicendo?» iniziò a ridere Kal. Ricevendo in risposta, una bella alzata di sopracciglio minacciosa.
«Siamo solo amici» si giustificò ancora lui.
«Va bene, non mi interessa al momento» lo fermò lei, prendendo in mano la situazione.
«Devo raccontarti una cosa» lo avvisò Jessie, piuttosto seria.
«C'entra con quella cosa che dovevi dirmi l'altra volta?» domandò Kal, ricordando quando Jessie si era portata via un James arrabbiato, avvisandolo però che doveva parlargli.
«Esattamente» confermò lei.
«Hai presente Elen?» continuò Jessie.
«Nope» rispose Kal, cercando di non sembrare un pesce rosso per la faccia che aveva assunto.
«Fosforo Kal, fosforo. Te l'ho detto un sacco di volte» lo rimproverò l'amica, evidenziando la sua scarsissima capacità di memorizzazione.
«Comunque...» riprese il discorso Jessie.
«...forse so perché ti ritrovi in questo casino del tutoraggio e devi solo ringraziare Elen» disse lei, un po' impettita.
«Parla donna, ora!» la incoraggiò Kal con occhi spalancati.
Per diversi giorni si era chiesto come aveva potuto ritrovarsi in quella situazione, ma non era mai riuscito a trovare una risposta sensata. Se non per il fatto che lui fosse nato per soffrire.
«Va bene, calma» rise lei, staccandosi l'amico di dosso, che ora la scuoteva come un salvadanaio pieno di monete.
«Ricordi i tre giorni in cui si potevano inoltrare le richieste?» fece retorica lei.
Kal annuì soltanto, per non interromperla.
«Bene. Per tutti i tre giorni, Elen, ha visto Erik piazzato davanti la buca delle lettere» iniziò a raccontare lei, piuttosto presa.
«Quella in cui gli studenti potevano inserire il modulo compilato?» chiese Kal, non riuscendo a capire dove volesse andare a parare l'amica. 
«Proprio quello» confermò Jessie sorridendo.
«Si ok, ma perché? A quale scopo?» chiese allora Kal, perplesso.
«Elen mi ha detto che, Erik, controllava ogni modulo prima che qualcuno lo inserisse» spiegò ancora lei, aumentando di qualche tacca il tono della voce, sembrava eccitata.
«Ok?» disse Kal, non seguendola più.
«Ogni volta che Erik leggeva il suo nome su un modulo, lo strappava dicendo "non ho intenzione di fare da tata a nessun poppante"» disse Jessie, accelerando un po' il passo per l'adrenalina che sentiva nel corpo. Al contrario Kal era solo più confuso.
«Si, è una frase alla Erik ma continuo a non capire cosa centri tutto questo con me» ammise corrugando la fronte, forse c'era una qualche connessione che non riusciva a visualizzare.
«Kal ma non ci arrivi proprio?» domandò Jessie un po' delusa.
«A cosa dovrei arrivare?» domandò ancora Kal.
«Come avrebbe fatto una tua ipotetica domanda a finire dentro la buca delle lettere, se lui è rimasto lì a controllare per tutto il tempo?» chiese allora lei, se l'amico non ci arrivava da solo, sarebbe stata costretta a dargli una spinta.
«Come?» chiese allora Kal sull'orlo di una crisi di nervi. Perché Jessie doveva sempre essere così misteriosa ed enigmatica, sopratutto di prima mattina, quando Kal non era ancora sveglio.
«Ma è ovvio Kal...» disse lei spalancando le braccia e gli occhi.
Ma allo sguardo perplesso dell'amico dovette continuare.
«...gliel'ha messa lui, Kal» fu la risposta e l'amico scoppiò a ridere talmente tanto forte da farsi venire il mal di pancia.
«Questa era stupenda, ottima battuta» continuò a ridere lui per diversi minuti.
«Non scherzo» si offese lei, incrociando le braccia al petto.
«E avresti delle prove?» domandò Kal, ricomponendosi un poco. Sopratutto vista l'espressione dell'amica.
«In realtà si» ammise lei, lasciandolo senza parole.
«E...?» la incoraggiò lui con un gesto della mano.
«Elen lo ha visto inserire un modulo durante il primo giorno» rispose lei un po' offesa.
«Non vuol dire niente» disse però Kal, serio sta volta.
«Ho visto uno di quei moduli, ci sono un sacco di campi da compilare che Erik non avrebbe mai potuto sapere» iniziò a spiegare lui, un po' più lucido.
«Quindi?» fece lei.
«Quindi, penso sia stato solo un bug dei computer o un errore di qualche tipo, ma che sia stato Erik a volere tutto questo, non lo penserò mai» concluse lui, un po' triste.
Per un momento ci aveva davvero sperato che, Jessie, avesse delle prove concrete.
«Sei proprio testardo» disse lei, prima che i due arrivarono davanti scuola, venendo intercettati da Rachel e James.
La prima si aggrappò a Kal in modo un po' troppo affettuoso, mentre James diede solo un lieve bacio sulle labbra a Jessie.
«Spero per te, sia stato un buon motivo per abbandonarmi» si lamentò poi, abbracciando la sua ragazza da dietro e affondando il viso nei suoi capelli.
«Sì, lo era» rispose soltanto, senza aggiungere altro.
James si fidava ciecamente di Jessie, sapeva che non gli avrebbe mai nascosto niente di brutto.
Senza contare che, la ragazza, si trovava in compagnia di Kal, quindi poteva stare in una botte di ferro.
«Sto iniziando ad abituarmi alla tua compagnia, durante la strada. È stato strano oggi, senza di te» disse poi Rachel spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"È davvero bella" si ritrovò a pensare Kal, bloccandosi a guardarla.
Venendo poi distratto dal suono della campanella che segnava l'inizio della scuola.
«Sarà meglio entrare» disse poi Rachel lasciando il braccio di Kal e dirigendosi verso l'entrata.
Anche i suoi amici la imitarono, iniziando a camminare per entrare a scuola.
Kal rimase fermo lì sul posto, rimanendo indietro, con una sensazione di formicolio sulla nuca. Poi ci passò una mano sopra e si riprese, correndo dentro scuola e non accorgendosi minimamente di Erik, poggiato contro la sua auto, con le braccia incrociate al petto, che lo fissava insistentemente con ancora quello strano scintillio negli occhi.
Poi anche lui si decise a entrare.

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