33. Epilogo

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«Finalmente liberi» sbuffò Kal uscendo dall'aula con James e Jessie al seguito «Pensavo non sarebbe finita più, giuro» aggiunse stiracchiandosi un poco.
«Non capisco perché il professore debba rendere sempre tutto così noioso» si lamentò James, con il consenso degli altri due.
«Ragazzi dovreste smetterla di lamentarvi, ormai l'anno è agli sgoccioli» constatò la ragazza valutando la situazione.
«Hai ragio...» provò a dire Kal prima di andare a sbattere bruscamente contro uno dei ragazzi del corridoio «Perdonami» fece subito sentendosi uno stupido per essere sempre così distratto.
«Non mi toccare, finocchio» urlò l'altro ormai distante, facendo ridere l'amico che aveva al fianco. Con tanto di "batte il cinque" finale.
Per Kal fu come uno schiaffo ma si riprese subito, decisamente però, più giù di morale.
«Che bastardi» sbottò James parandosi fra loro e Kal, ma ormai i due avevano imboccato un corridoio sulla destra.
«Non fa niente, sono solo due idioti» provò a dire Kal ma quello che diceva non sembrava andare di pari passo con il viso del ragazzo.
Infatti sembrava averla presa peggio del solito, forse perché era da molto che non succedeva o forse per altro.
«Ma perché non gli dai una bella lezione?» lo spronò James «Ormai la forza non ti manca con tutta la palestra che fai» aggiunse indicandogli il fisico.
«Non voglio diventare come loro e poi sono solo frasi» rispose l'altro con un gesto della mano, come a voler scacciare una mosca fastidiosa.
«Se ci fosse stato Erik, questo...» iniziò Jessie con fare nervoso continuando a lanciare occhiatacce al corridoio ormai vuoto.
«Beh lui non c'è!» la interruppe però Kal voltandosi verso l'amica e alzando il tono di voce «Sono passati due anni, fattene una ragione» e quella frase non sembrava essere rivolta veramente a Jessie, più a sé stesso.
«Mi dispiace Kal, non volevo» si scusò la ragazza indecisa se toccargli una spalla con la mano o no.
«No, scusami tu. Sono solo nervoso per gli esami di diploma, tutto qua» disse Kal riprendendo quel suo solito fare gentile «Ora è meglio che torni subito a casa per ripassare il più possibile, non si sa mai» e con quella frase salutò i suoi amici per poi camminare verso l'uscita.

I successivi giorni il ragazzo li passò chiusi in camera a studiare, o quantomeno a provarci.
Niente e nessuno poteva disturbarlo in quella casa, isolata com'era.
Yennefer si era ormai diplomata ed era partita per il college l'estate stessa.
Suo padre lo vedeva solo la mattina presto e la sera prima di dormire, perché si era dato ad ogni sorta di hobby, perché: "la vita è breve e non si sa mai quando può finire".
Visto quello che era successo alla famiglia El.
Sua madre era l'unica che vedeva con più frequenza, ma anche lei mancava spesso da casa per via degli hobby in comune con il marito e per il club di lettura. Ormai era diventata una lettrice incallita di gialli e romanzi rosa.
Quindi Kal aveva quasi sempre tutta la casa per sé, senza nessuno a fare rumore o a disturbarlo di proposito.

Finalmente il giorno degli esami arrivò, conclusi quelli sarebbe stato un neodiplomato a tutti gli effetti e finalmente si sarebbe lasciato alle spalle quella scuola, che ormai era più una sofferenza che altro.
«Non pensi di essere troppo in anticipo per la scuola?» chiese la madre vedendolo uscire almeno mezz'ora prima del solito.
«Devo fare una cosa prima» la salutò lui senza però soffermarsi a spiegare cosa.
Così il ragazzo uscì di casa con le chiavi della sua auto, mezza scassata, in mano, pronto per partire.
Aveva deciso di prendersi la patente qualche mese dopo la fine del terzo anno, perché era davvero stufo di dover andare a piedi ovunque: a scuola, in palestra e da Fenrir.
«Kal?» disse Sam con fare perplesso una volta aperta la porta.
«Ciao» la salutò lui.
«Che ci fai qui? Non dovresti essere di esami?» continuò lei non capendo cosa stesse succedendo e perché il ragazzo sembrava così tranquillo.
«Ho bisogno di vederlo prima, come porta fortuna» sorrise Kal con fare gentile «Sempre se posso» aggiunse massaggiandosi un braccio.
«Kal? Hai letteralmente le chiavi di casa...» sbottò lei spalancando gli occhi e le braccia con fare drammatico «Certo che puoi entrare a vederlo» iniziò a ridere lei tirandolo dentro di peso e notando come non fosse più così facile farlo, vista la massa sempre più crescente del ragazzo.
«Ehi piccolino, come stai?» iniziò a cantilenare il ragazzo una volta arrivato nel giardino sul retro, acuendo un po' la voce.
«Ti sono mancato?» chiese ancora venendo assaltato da Fenrir totalmente fuori di sé per l'eccitazione di rivedere il suo padrone.
«Quanto vorrei portarti con me a casa, renderebbe il tutto più sopportabile» confessò il ragazzo abbracciando il cane, che nel frattempo aveva abbassato le orecchie. Quasi come se avesse capito il malessere del padrone.
«Anche per noi è difficile Kal, non credere di essere il solo a stare male» fece Sam dalla porta che dava sul giardino. Era rimasta a guardare la scena senza fare rumore e per un attimo Kal se n'era totalmente dimenticato «Ci manca ogni giorno, certe volte Melissa non vuole neanche andare a dormire senza il suo fratellone» concluse ridendo, una risata triste.
«Grazie per avermi fatto vedere Fenrir, mi ci voleva proprio» disse alla fine alzandosi in piedi per darsi una pulita veloce prima di andare.
«Puoi venire quando vuoi, lo sai» lo abbracciò lei, soffermandosi un po' più del solito «Bella maglietta comunque» aggiunse ridendo.
«Grazie» anche Kal sorrise, ripensando alla storia che c'era dietro quella maglietta nera con il teschio.

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