12. Messaggio

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«E... rik» singhiozzò Kal, frenandosi dal sollevare una mano nella sua direzione, quasi come volesse afferrare una fune invisibile che potesse bloccare il maggiore e riportarlo indietro da lui.
«Senti piccola merda» fu la frase che riportò la sua attenzione su Justin, che adesso si stava avvicinando con fare minaccioso, sorridendo.
«Solo perché Erik è incastrato con te, con quella cazzata del tutor, non vuol dire che siete diventati improvvisamente amici» gli sputò addosso, con cattiveria mista a una scintilla che Kal non seppe cogliere.
Il minore rimase totalmente in silenzio, non tanto per il comportamento aggressivo di Justin, ma per la totale indifferenza di Erik nei suoi confronti.
Poi Justin lo afferrò per le spalle e disse:
«Mi stai ascoltando?» sbattendolo contro gli armadietti e facendolo gemere di dolore.
Gli altri due ragazzi erano rimasti più indietro, in silenzio. Sembrava che tutto quello che stesse succedendo, fosse una cosa personale di Justin nei confronti di Kal. Gli altri del gruppo avevano partecipato spesso a quel tipo di cose: prendere in giro, bullizzare e perfino spintonare qualcuno solo per divertimento, ma Justin, quel giorno, aveva un che di diverso negli occhi. Uno scintillio che andava ben oltre il semplice divertimento.

«Ho ca-capito» balbettò allora Kal, non sapendo come altro reagire. Era spaventato per quello che stava succedendo ma la sua mente era da tutt'altra parte, su Erik per la precisione.
Non riusciva a smettere di pensare a tutto quello che era successo nelle ultime settimane e a tutte le illusioni che si era fatto su di lui.

«La Campanella è appena suonata, tutti in classe» fece una voce autoritaria dal fondo del corridoio e quasi istintivamente, Justin e gli altri due, si allontanarono e sparirono velocemente alla vista di Kal.

Il ragazzo rimase qualche secondo fermo lì a fissare il vuoto, le lacrime presero a scorrere ormai libere e incontrollate.
Tutto il peso che Kal aveva sentito alleggerirsi negli ultimi incontri con Erik, stava nuovamente gravando con doppia intensità sulle sue spalle.
Il dolore si fece largo nel suo petto e Kal ci mise una mano sopra, stringendo forte. Quasi come se volesse strapparsi via il male che sentiva.
«Perché deve fare così male?» iniziò a singhiozzare Kal, cercando di fermare le lacrime con la manica della felpa e dirigendosi verso il bagno per sciacquarsi il viso.
«Sono così stupido» si rimproverò ancora. Aprendo la porta ed entrando velocemente dentro per non farsi vedere da nessuno, ma andando a sbattere contro qualcosa di duro e saldo.
«Kal?» fece una voce perplessa.
«Cosa ti è successo?» adesso invece sembrava arrabbiata e preoccupata.
«James?» disse allora Kal, alzando il viso e incrociando lo sguardo con il suo migliore amico, continuando a piangere e abbracciandolo forte.
«Vieni qui» disse soltanto l'amico con tono dolce, abbracciandolo in risposta e poggiando il mento sulla testa di Kal.
«Datti una calmata e raccontami tutto» disse dopo un paio di minuti passati a farlo sfogare sulla sua spalla, tanto da averla tutta bagnata e un po' appiccicosa.
«Io...» iniziò Kal, raccontando tutto quello che era successo, sopratutto durante il pomeriggio precendente.
Più volte Kal si era imbarazzato e aveva cercato di omettere piccoli pensieri o cose che aveva provato, ma non sarebbe mai riuscito a mentire a James, era pur sempre il suo migliore amico.

«Non voglio fare la parte del cattivo, ma Kal, io te l'avevo detto» disse poi James, una volta che la scuola fu al termine e i ragazzi furono liberi di tornare a casa.
«Cosa gli avevi detto?» chiese Jessie sbucando dal nulla.
«Che Erik è solo un bastardo fonte di guai» rispose allora James, avvicinandosi alla sua ragazza e afferrandola per la vita, portandosela contro.
«Tu, piuttosto, dove ti eri cacciata?» fece Kal, cercando di ignorare quello che aveva detto James. Aveva ragione, ma nonostante tutto quello che aveva fatto Erik, Kal non riusciva ancora a tagliare quell'ultimo filo che li collegava.
Sopratutto perché non aveva idea di cosa li collegasse.

«A fare delle ricerc...» provò a dire ma venendo interrotta dal proprio ragazzo, che adesso era su tutte le furie.
«Guarda dov'è lo stronzo!» quasi ringhiò James, corrugando la fronte e stringendo i pugni lungo i fianchi.
«Calmati tesoro» disse allora Jessie, per provare a farlo distrarre. Ma sapendo benissimo quanto quel ragazzo tenesse a Kal e come tendeva a reagire quando le persone che amava venivano malmenate.

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