26. Cena

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Con ancora le parole di Erik a rimbombargli nelle orecchie, Kal aprì l'armadio dei vestiti, prese tutto l'occorrente per farsi una doccia e si dileguò, poi però si fermò davanti la porta della cabina doccia, si girò su sé stesso e prese il cellulare per controllare una cosa.
«Sono le tre» disse con un filo di voce, facendo un respiro profondo e cercando di riprendere il controllo della sua mente, cosa che non gli riuscì del tutto.

Così sbloccò il cellulare e digitando velocemente sulla tastiera, inviò un messaggio a Erik per fargli una domanda.
«Ok, ho tre ore e mezza prima che mi venga a prendere» e dire ad alta voce quella cosa, fu più strana di quanto avesse sperato.
Cioè, Erik era venuto tante volte a casa sua, quindi andava bene, ma non lo aveva mai fatto per portarlo a cena fuori come una coppia.
Kal sentì il suo cuore riprendere a battere sempre più velocemente, come il suono di un tamburo che va crescendo sempre di più, fino ad arrivare nelle orecchie e riempire la testa.

«Mi sembra di avere un deja-vù» disse Yennefer poggiata all'uscio della porta e vedendo come Kal fosse ancora bagnato, per la doccia e impalato davanti l'armadio dei vestiti.
«Tu che cosa ci fai in piedi?» sbottò Kal, girandosi infuriato.
«Ero stanca di stare seduta sul divano, mi stanno venendo le piaghe da decubito» rispose lei con fare seccato.
«Torna subito di sotto» la canzonò ancora lui, trasformando tutto il panico che stava avendo in rabbia nei confronti della sorella.
«Kal, è solo un taglio» minimizzò lei, sentendo però una leggera fitta alla ferita, proprio come se la gamba le stesse dicendo "non mentire".
«Non mi interessa, a riposo» quasi ringhiò lui alzando un dito e puntandolo fuori dalla stanza.
«Vuoi che torni a riposare...» iniziò Yennefer dando uno sguardo più approfondito alla stanza e notando come fosse stata messa sottosopra e invasa di vestiti.
«...oppure stai solo cercando una scusa per farmi uscire dalla stanza?» concluse allora lei con un sopracciglio alzato e un sorrisetto stampato sul viso.
«In che senso?» chiese Kal corrugando la fronte con fare distratto.
«Sto dicendo che, stai provando a cacciarmi per non farmi vedere che stasera uscirai con Erik» spiegò allora lei sorridendo ancora più di prima.
«No-non è vero» provò a dire Kal, colto con le mani nella marmellata.
«I-io mi sto solo preoccupando per te» e dicendo quelle parole Kal si sentì terribilmente in colpa, cioè non era stata una cosa fatta di proposito, ma la sorella aveva ragione.
«Ah-ah» fece lei con tono sarcastico.
«Scusa» ammise poi lui distogliendo lo sguardo.
«Non devi, non si è mica fermato il mondo perché io mi sono fatta male, piuttosto...» fece lei zoppicando in avanti e poggiando una mano sulla sua spalla.
«...che scusa hai stasera? La solita cosa della scuola o altro?» chiese lei, avvicinandosi ulteriormente e abbassando la voce di qualche tacca. Come se, il solo pronunciare quelle parole ad alta voce, potesse far desistere Kal dal raccontare tutto.
«Altro» rispose soltanto il minore.
«Uhh» ridacchiò la sorella, allontanandosi come per andarsene, ma fermando la sua avanzata proprio sul corridoio.
«Quindi con chi esci?» provò a insistere la sorella, ancora con quel suo sorrisetto scaltro.
«Amici» minimizzò Kal, cercando di non far trasparire l'ansia che lo stava mangiando vivo.
«Amici? Ma se ti cagano solo Jessie e James» lo prese in giro lei, facendolo diventare tutto rosso in viso.
«...» Kal non sapeva davvero cosa dire.
«Cerca di non pensare a niente, almeno per una sera» lo incoraggiò poi lei, diventando subito seria.
«Adesso devo andare...» ammise poi, sentendo un urlo provenire da sotto e loro madre su tutte le furie per l'ennesima fuga della figlia.
«...ma ti consiglio il pantalone bordeaux con la camicia bianca» disse infine, facendo l'occhiolino e riprendendo a zoppicare lontano dal fratello.
«Anche la cravatta abbinata al pantalone non ci starebbe male» urlò poi dal fondo del corridoio.
«Grazie» riuscì a sussurrare soltanto il ragazzo, che davvero non riusciva a capire come facesse la sorella ad avere tutta quella grinta anche con quelle ferite addosso.

"Io probabilmente starei a letto per un mese" pensò infatti il ragazzo, sapendo come tendesse a diventare un po' melodrammatico, quando si trattava di malanni fisici.
«Però devo ammettere che aveva ragione» constatò Kal, guardandosi allo specchio una volta indossati i vestiti suggeriti dalla sorella.
«Ho decisamente perso troppo tempo davanti l'armadio» pensò ad alta voce, vedendo come l'orologio del cellulare segnasse le sette e venti.
«Erik sta arrivando» squittì poi, infilandosi nuovamente in bagno per sistemarsi i capelli.
Dopo dieci minuti passati con il phon in mano, il risultato non si avvicinava minimante a quello sperato ma ormai era tardi e infatti il campanello aveva iniziato a trillare con insistenza.
Il cuore di Kal prese a battere con la stessa intensità di una batteria a un concerto e la bocca si seccò quasi di colpo.
«Kal è per te, c'è quel tuo compagno tanto carino» Kal sentì la voce della madre forte e chiara e l'imbarazzo che ne seguì lo fece avvampare di brutto.
«Povero Erik» disse poi, immaginandosi la faccia che il maggiore doveva aver assunto al suono di quelle parole.
Ripensare a Erik in imbarazzo, lo fece sorridere e calmare un poco e così il ragazzo prese un grosso respiro e andò di sotto.
Non appena la visuale si aprì sul piano di sotto, la prima cosa che saltò all'occhio di Kal furono i capelli scuri ingellati di Erik, seguiti a ruota dagli occhi azzurri e una camicia nera su jeans chiari.
Erik stava veramente da Dio con quei vestiti, ma in realtà, Kal non ricordava una sola volta in cui dei vestiti erano stati male su Erik.
"Anche se io lo preferisco senza" si ritrovò a pensare senza contegno.
«Sono in anticipo lo so, ma era pronto già da un po' e ho pensato di venirti a prendere prima» disse Erik cercando di giustificare quei pochi minuti di anticipo.
«Oh non fa niente, sai che qui sei sempre il benvenuto» lo tranquillizzò la madre, mettendo però un po' di disagio fra i due.
«Va bene, allora noi andiamo» disse allora Kal, quasi come se stesse trattenendo il respiro, aveva paura che se si fosse rilassato, sarebbe esploso.
«Non aspettate le altre?» chiese la madre corrugando la fronte, facendo intendere ai due ragazzi quello che stava pensando.
"Perché si erano sistemati tanto se non avevano delle fanciulle con cui uscire?"
«Oh no, siamo soltanto noi stasera» e sta volta fu Erik a rispondere, per niente in imbarazzo.
Poi la madre sembrò continuare a non capire, così si girò verso il figlio completamente rosso in viso, spostò lo sguardo su Erik e spalancò un poco gli occhi.
Come se qualcosa l'avesse appena colpita in viso.
«Ah...» disse soltanto, avvicinandosi a Kal per dargli un bacio.
«...non fate tardi» concluse baciando anche Erik su una guancia.

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