15. Disagio

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«Grazie per aver accettato di venire con me» disse poi Erik rompendo il silenzio che fino a quel momento aveva regnato sovrano. Per un attimo si era girato verso il minore, sorridendogli e guardandolo con occhi dolci e sinceri.
Era come se entrambi non avessero parlato per paura di rompere quella magia che si era creata al lago.
Questa era sopratutto la paura di Kal, che non aveva mai visto Erik in quel modo, forse solo alla festa della sorella anni prima.
«Tecnicamente mi hai rapito» constatò Kal osando un po' di più.
«Vero, ma ti avevo detto che avresti passato il pomeriggio con me» ribatté Erik soddisfatto.
«Di nuovo, tecnicamente non sapevo fossi tu, quindi non vale come impegno» disse ancora Kal guardandolo di sottecchi.
Erik fece per rispondere ma aprendo la bocca, non uscì niente.
Kal aveva vinto quel round.
«A proposito, come fai ad avere il mio numero?» chiese poi Kal, pensando solo in quel momento a quel piccolo dettaglio.
«E siamo arrivati» disse allora Erik facendo finta di non averlo sentito, sembrava un po' a disagio.
Kal decise di non insistere, per il momento.
Così dicendo, Erik, fermò la macchina, posteggiando proprio davanti casa del minore, slacciandosi poi la cintura e voltandosi con tutto il corpo in direzione di Kal.
«Posso chiederti un favore?» domandò Erik guardandolo dritto negli occhi.
Kal imitò i gesti del maggiore, ritrovandosi così con tutto il corpo girato nella sua direzione.
«Ce-certo» balbettò Kal, evidentemente a disagio per l'atmosfera che si stava creando.
«Non parlare a nessuno di quel posto in cui ti ho portato» disse allora il maggiore, sembrava preoccupato.
«Sta tranquillo» rispose Kal, che non aveva la minima intenzione di condividere quella sorta di segreto.
In qualche modo, quel luogo, adesso li legava e non avrebbe permesso che qualcun altro ne facesse parte.
"Ti stai solo illudendo" fece la voce dentro la sua testa.
«Grazie mille per tutto» disse infine Kal, cercando di ricacciare in dentro quei nuovi sentimenti e scendendo dalla macchina alla velocità della luce.
Non accorgendosi di come Erik si fosse sporto verso di lui, tanto vicino che sarebbe bastato avvicinarsi di qualche centimetro per far unire le loro labbra.
«Aspetta Kal...» provò a dire Erik deluso. Ma il minore aveva già chiuso lo sportello della macchina ed era ormai vicino la porta di ingresso di casa sua.
«Domani stessa ora, qui da te?» urlò allora Erik sporgendosi dal finestrino della Camaro.
«Domani casa mia sarà invasa dal club del libro di mia madre, non credo sia il caso. Meglio la biblioteca» rispose Kal con lo stesso tono, sembrava essersi calmato al suono di quella proposta.
«Ok» rispose Erik non proprio convinto.
Poi il minore rientrò in casa e finalmente riuscì a respirare in modo normale.
Salendo le scale per farsi una doccia, vide l'orologio della cucina, accorgendosi solo in quel momento dell'orario che si era fatto: le sette e mezza.
"Ma quanto siamo stati lì a parlare?" penso Kal perplesso.
Non aveva minimante sentito lo scorrere del tempo.



«Dormito bene?» ridacchiò Jessie all'ennesimo sorriso di Kal.
«Eh? Cosa? Perché lo chiedi?» disse quello,  riprendendosi dal fissare il vuoto.
«Perché sembri stranamente felice» rispose la ragazza assottigliando la fessura degli occhi.
«Non un felice da "ho trovato una banconota da cinque per terra" ma più da "credo di essermi innamorato"» spiegò allora lei.
«Ti ho detto mille volte di smetterla di sniffare la polvere dei gessetti» la prese in giro Kal, cercando di cambiare discorso.
Anche James si mise a ridere, facendo diventare Jessie tutta rossa.
«Cretini» rispose lei, lanciandogli contro delle patatine fritte.
«Parlando di cose serie, oggi ti va di venire da me, ho comprato il nuovo gioco di...» disse entusiasta James, senza però riuscire a finire.
«Non posso» lo interruppe Kal.
«E perché?» chiese deluso l'altro.
«Perché devo studiare con Erik» rispose il minore, deglutendo forte.
«Pensavo fosse chiusa quella storia» disse James irrigidendosi di colpo, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica.
«Perché non te lo fai semplicemente cambiare?» domandò ancora James, anche se quella non sembrava proprio una domanda, più una minaccia.
«Perché è un casino farlo» mentì Kal, cercando di inventare una scusa su due piedi.
«Sono andato in segreteria e mi hanno detto che dobbiamo fare richiesta insieme, non posso cambiarlo da solo» disse Kal, cercando di dare una spiegazione plausibile. Quella era la prima volta che mentiva al suo migliore amico e Jessie sembrò accorgersene.
«Ah si, l'avevo sentita anche io questa cosa» disse infatti la ragazza, per dare più forza al discorso dell'amico.
Entrambi sapevano che stavano sbagliando, ma quando si trattava di Erik, James tendeva a perdere il controllo sulle parole e le azioni.
«Che palle, quell'idiota non acconsentirà mai» sbottò poi, poggiando la testa sul tavolo, mancando di poco il piatto di pasta.
«Cerca di finire in fretta, così almeno puoi passare da me per giocare un poco» provò a dire poi James, alzando la testa con fare speranzoso.
«Ci proverò ma non ti assicuro niente» e sta volta non stava mentendo.
Di norma, i pomeriggio di studio con Erik non superavano l'ora, ma dopo quello che era successo al lago, non sapeva come sarebbero andate le cose.
«Comunque, voi che mi raccontante di nuovo?» fece poi Kal, spostando la conversazione sui suoi due amici.
«In realtà proprio niente, solite cose» rispose James facendo spallucce.
«Dio, siete proprio una coppia di vecchietti» li prese in giro il ragazzo, facendo ridere tutti e tre.
«Ci piace la tranquillità, tutto qui» si giustificò Jessie, guardando il suo ragazzo e arrossendo un poco.
«Non a letto per fortuna» concluse James, facendola arrossire ancora di più.
«Sapevo lo avresti detto» sbottò lei colpendolo a una spalla.
Kal in tutto questo, se la rideva dal suo posto sicuro, lontano da quei due, ma un suono lo distrasse da quello che stava succedendo e prendendo il cellulare si accorse che gli era arrivato un messaggio.

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