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Erano passati circa dieci minuti da quando Kal aveva lasciato il locale con le lacrime agli occhi, non tanto per come si era comportato Erik, perché non era colpa sua se dovevano mantenere delle maschere, ma proprio perché dovevano nascondersi da tutto e da tutti.
«Perché deve essere così difficile!!» urlò il ragazzo dando un calcio all'aria.
E aveva ragione, anche se quella era una cittadina molto avanti in fatto di mentalità, non era comunque semplice essere sé stessi.
Non lo era per Erik, popolare e figo per come appariva, e sicuramente non lo era per Kal, anche se più anonimo e riservato.

La sola idea di stare con Erik davanti a tutti, mano nella mano, gli faceva battere il cuore a mille per l'emozione ma allo stesso tempo gli causava una sorta di attacco di panico che gli faceva tremare le gambe e mancare il fiato.
Lui, e quelli come lui erano sbagliati, era questo che aveva sentito per tutta la vita ed era per questo che Kal non riusciva a dirlo apertamente.
Poi i suoi pensieri tornarono a vorticare su Erik, a quanto fosse bello, a quando fosse dolce e fantastico, e a quanto fosse costretto a mostrarsi per quello che non era.
Kal non poteva fare a meno di pensare che, se James avesse saputo chi era il vero Erik, probabilmente i tre avrebbero potuto organizzare partite a squadre tutti insieme, fare i nerd per ore e andare pure in palestra.
Ma la verità era un'altra e Kal la conosceva bene.

«Perché deve fare così male?» disse Kal, fermandosi dalla sua frenetica camminata proprio davanti una distesa d'acqua perfettamente piatta e incredibilmente buia.
Erano già passati circa venti minuti e Kal non si era reso conto dove le gambe lo stessero portando.
Non gli succedeva spesso di camminare senza rendersene conto ma quando succedeva, beh, si trovava sempre in posti che lo facevano stare piuttosto bene.
«Come cavolo ci sono finito qui?» sbottò ancora ad alta voce, ma dandosi poi dello stupido subito dopo.
Il lago era stato il posto in cui Erik si era aperto davvero per la prima volta, era ovvio che il corpo cercasse di mandagli dei segnali.
«Deve averti turbato davvero tanto, quello che è successo poco fa, per essere arrivato qui senza volerlo» fece una voce alle sue spalle e un brivido gli percorse la spina dorsale, giù fino alle ginocchia, facendole tremare.
«Già» rispose il ragazzo sospirando.
Poi la mente e l'istinto di sopravvivenza di Kal si attivarono, riflettendo sul fatto che fosse da solo appena pochi secondi prima e quindi balzò in aria impaurito, girando su sé stesso e indietreggiando di poco.
«Erik? Che ci fai qui?» sbottò poi con ancora il cuore in gola.
«Non volevo spaventarti» si scusò il maggiore, indietreggiando anche lui di qualche passo.
Solo in quel momento Kal riuscì a focalizzare per intero la scena, vedendo come Erik evitasse il suo sguardo, soffermandosi su qualsiasi cosa intorno a loro, eccetto che su di lui.
Poi Kal abbassò lo sguardo e una busta di plastica catturò la sua attenzione, ma in quel momento aveva altre cose per la testa e non ci diede più attenzione del dovuto.
«Non hai risposto alla domanda» puntualizzò il minore con fare un po' acido.
«Ti stavo cercando» disse allora Erik, massaggiandosi una spalla sempre più in imbarazzo.
«E perché mai? Non ti stavi divertendo abbastanza con i tuoi amici?» sbottò ancora Kal, alzando un pochino il tono della voce.
«Sei ingiusto con me Kal, sai benissimo perché mi sono comportato in quel modo» rispose a tono Erik, indurendo un po' lo sguardo ma tornando a quello di prima subito dopo.
«Erik... non ti sto dicendo che dovevi esternare i tuoi sentimenti per me davanti tutta la sala, neanche io sono pronto a una cosa del genere e anche se lo fossi, non potrei mai pretenderla da te...» disse Kal lasciando libero sfogo alla rabbia ma cercando comunque di contenersi, visto che tutte le volte in cui avevano litigato, era sempre stato peggio per entrambi. Aveva imparato la lezione.
«Ti sto solo dicendo che potevi quantomeno declinare l'invito» concluse con un filo di voce, ricordando la sensazione di sentirsi completamente ignorato e messo da parte.
«Kal io ho provato a farti partecipare, ti ho dato un sacco di spunti per parlare o dire la tua, ma tutte le volte che ti guardavo, per catturare la tua attenzione, eri in disparte che giocherellavi con le tue mani o con le posate» provò a dire Erik, sapendo di aver sbagliato, ma provando comunque a far riflettere il minore e farlo anche calmare.
A quel punto il ragazzo sembrò addolcire un poco lo sguardo, erano vere le parole del maggiore, per tutto il tempo Kal era rimasto con lo sguardo fisso sulle sue ginocchia, quasi come se stesse cercando di mimetizzarsi con la tappezzeria.
Erik notò quel cambio di espressione sul viso di Kal e ne approfittò per avvicinarsi il più possibile, fino a ritrovarsi il minore fra le braccia e il fiato sul petto.
Era caldo e dolce come quello di un cucciolo ferito.
«Sappi che quando sei andato in bagno, io mi sono girato subito a guardarti e per tutto il tragitto ti ho tenuto d'occhio...» ammise Erik alzando una mano e accarezzando la guancia di Kal con un tocco dolce e delicato.
«...dopo cinque minuti, ho iniziato a insospettirmi, ci stavi mettendo troppo e quando ho visto che non c'era nessuno in bagno, sono andato nel panico, ho pagato la cena e sono corso in macchina» confessò poi Erik, stringendo il ragazzo a sé e cingendolo dalla vita.
Questo gesto fece rilassare ancora di più il minore ed Erik se ne accorse, perché c'era mancato poco che Kal gli si coricasse addosso.
«Ci hai messo tanto» disse poi Kal dandosi dello stupido.
Erik non voleva stare con quei suoi "amici" e Kal avrebbe dovuto saperlo, ne era stato prova il fatto che li avesse abbandonati senza neanche pensarci due volte.
«Perché ho girato quasi tutta la città, prima sono andato a casa tua ma le luci della tua stanza erano spente e comunque non sarebbe stato impossibile arrivare in così poco tempo, quindi ti avrei visto nel tragitto» iniziò a spiegare Erik, lasciando poi Kal per un attimo e aprendo il sacchetto con fare disinvolto.
«Poi sono andato a casa mia, perché pensavo volessi stare con Fenrir ma anche lì, nulla» continuò Erik uscendo una specie di tovaglia da picnic e aprendola sulla riva del lago.
«Sono passato perfino da James, ma stava cenando con Jessie e c'era solo la sua famiglia a tavola» e dicendo quella frase un piccolo sorriso gli spuntò sul viso.
L'idea di lui che andava a bussare alla porta di James per chiedere di Kal, lo mandava nel panico.
«Per fortuna li hai visti dalla finestra che pranzavano» disse Kal pensando che fosse la cosa più logica, visto che la sala da pranzo era visibile direttamente dalla strada.
«Chissà come avrebbe reagito se avesse saputo che avevi "perso" il suo migliore amico» disse tutto d'un fiato e scoppiando a ridere di gusto, dando vita ai pensieri inespressi del maggiore.
«Già» rise Erik con fare un po' forzato, quindi Kal capì di aver fatto una battuta poco azzeccata, visto il momento.
«Scusa» disse infatti.
«No, me lo merito» rispose Erik dopo aver alzato una mano davanti a Kal, con l'intento di fermarlo.
«Ti avevo promesso una cena romantica e ti ho solo fatto scappare» disse ancora Erik.
«Solo... perché non me lo hai detto?» domandò accarezzandogli una spalla con la punta della dita.
«Che avrei dovuto dirti? "Sentì Erik, io sto scappando perché i tuoi amici mi stanno sul cazzo"?» rispose a tono Kal, con il suo solito tono sarcastico.
«Non ci crederai, ma penso la stessa cosa, di loro» confessò Erik avvicinandosi ancora un po' al minore.
«Non si direbbe» contestò Kal corrugando la fronte, diffidente.
«Ecco, appunto» disse Erik alzandogli gli occhi al cielo.
«Ma è la verità, per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare alla fine della cena» spiegò Erik abbassando un po' lo sguardo.
«Ripeto, non si direbbe. Invece, a me, sembravi molto preso dai discorsi, sopratutto sulle storie delle tue ex» e dicendo quella frase, una rinnovata rabbia si riaccese dentro Kal e quasi senza pensarci, il suo corpo si allontanò da quello del maggiore, in un movimento secco.
«Solo perché sono bravo a fingere quella parte ormai e fino a poco tempo fa, pensavo fosse l'unica strada possibile per me. Solo adesso mi rendo conto di quanto, in realtà, quella gente sia tanto falsa e stupida» ammise Erik, non cercando più un contatto con Kal, semplicemente perché si vergognava della vita che aveva fatto e che ancora si trascinava dietro.
«Quindi, metaforicamente parlando, stai dicendo che ti ho fatto risvegliare dal tuo sonno?» chiese Kal con fare lento e mellifluo.
«Beh sì, si può dire» confermò Erik ma capendo che c'era qualcos'altro sotto.
«Quindi d'ora in poi posso anche chiamarti Aurora» e quella non era stata una domanda.
«Aurora?» e sta volta Erik era davvero confuso, tanto che la sua faccia si corrugò tutta e Kal poté giurare di aver sentito gli ingranaggi del suo cervello, scricchiolare.
«Come la principessa» puntualizzò il minore, già con un mezzo sorriso formato.
«Ti prego, dimmi che non l'hai detto sul serio» quasi urlo Erik sconvolto.
Kal in risposta iniziò a ridere di gusto, buttandosi sopra Erik senza un minimo di contegno.
«Ma io ti affogo nel lago, altro che "Bella addormentata"» continuò a urlare Erik, afferrando un Kal completamente assolto nelle risate e issandoselo in spalla con poca fatica.
«Mettimi giù, ammasso di muscoli» continuò a ridere Kal e picchiando le grosse spalle del maggiore, senza fargli davvero male.
«Adesso passi pure alle offese personali?» sbottò Erik mettendolo giù di peso, ma stando ben attento che non si facesse male.
«Non che ne abbia molte nella mia faretra, sei praticamente un eroe greco» rispose Kal abbassando lo sguardo con fare imbarazzato.
«Anche loro avevano la loro buona dose di difetti» precisò Erik avvicinandosi nuovamente a Kal per afferrargli le mani.
Il minore alzò la testa, quasi come se fosse stato catturato da Erik e poi si alzò in punta di piedi per lasciargli un bacio umido e veloce.
«Che ne dici di finire la cena? Ci mancava ancora il dolce, se non sbaglio» propose Erik girandosi in direzione della tovaglia poggiata sul prato con sopra il sacchetto bianco.
«Dici davvero?» disse Kal con più entusiasmo di quanto volesse mostrare, il ragazzo aveva capito al volo che Erik aveva in mente qualcosa ma non immaginava potesse essere quello.
«Dai vieni» disse ancora Erik spronando Kal a seguirlo, fino a farlo sedere sulla tovaglia.

I ragazzi passarono la successiva mezz'ora a mangiare, i loro buonissimi dessert, scherzando e prendendo in giro il gruppo di "amici" di Erik.
«Sono davvero felice di averti trovato in tempo, se ti fosse successo qualcosa...» provò a dire Erik ma Kal lo interruppe con un bacio. Ok che Erik aveva sbagliato, ma Kal era stato uno sconsiderato ad andarsene in giro, in piena oscurità e sopratutto da solo.
«Per fortuna che mi hai trovato prima, allora» sorrise Kal cercando di non far trapelare la paura che aveva avuto, poco prima, quando era arrivato Erik.
Per un attimo, Kal aveva pensato fosse "quella persona".
Quella che li seguiva da un po' e che gli faceva venire i brividi ogni volta che avvertiva la sua presenza.
«Comunque è tardi, che ne dici se ti riportassi a casa? Cioè, non fraintendere, io avevo intenzioni di portarti da me dopo cena per coccolarci un po'. Ma non è andata come speravo» spiegò Erik vista l'espressione che aveva fatto Kal.
Peccato che il ragazzo non aveva assunto quella espressione per la delusione di non essere da Erik, ma per quello che aveva detto sul farsi le coccole.
Inutile dire che gli ormoni di Kal si attivarono quasi subito e il ragazzo iniziò ad avvampare un poco per i pensieri, impuri, che stava facendo su Erik.
«E se invece ce le facessimo qui le coccole?» chiese Kal con tutto il coraggio che aveva in corpo.
«Se per te va bene, allora ok. Possiamo fare una cosa veloce senza toglierci i vestiti» propose Erik cercando di rimanere il più calmo possibile.
In realtà, quella proposta, nascondeva un tentativo di Erik di non dare troppo peso alla cosa.
Il solo pensiero di Kal nudo, davanti a lui e completamente alla sua mercé, gli fece venire un capogiro. Senza contare che, se Kal si fosse davvero tolto i vestiti, Erik avrebbe potuto perdere il controllo e "una cosa veloce" sarebbe stata impossibile da attuare.
«I-io pensavo a qualcos'altro, in realtà» ed ecco che Kal aveva preso a balbettare. Difficile non farlo con il cuore in gola e nelle orecchie.
«Cosa avevi in mente?» domandò Erik deglutendo sonoramente.
«Questo» disse soltanto Kal senza neanche guardare Erik negli occhi, uscendo dalla tasca una bustina quadrata, piatta e con un colore metallizzato stampato sul davanti.
Ci mancò poco che Erik iniziasse a sbavare come un cartone animato degli anni ottanta.

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