16. Ciclo mestruale

2.6K 130 28
                                    

Sono tremendamente stanca.
Stanca fisicamente, sia chiaro, perché la mia mente non fa altro che viaggiare fra un pensiero e un altro, senza mai fermarsi.
Questo pomeriggio al cimitero è stato devastante.
Willy non ha fatto altro che parlare dell'avventura della sera scorsa, del modo in cui ha dovuto inseguire dei teppisti di strada che sicuramente avrebbero deturpato le tombe dei defunti.
E mentre lui parlava, io rallestravo praticamente ovunque per raccogliere foglie e spazzatura di ogni genere, come se volessi espiare una colpa.
Come ciliegina sulla torta, un terribile mal di pancia, accompagnato da un persistente dolore al fondoschiena, si sono fatti largo nel mio corpo.
Se fossi una novizia potrei pensare al troppo stress, ma ormai sono abituata e questi dolori indicano solo una cosa: ciclo mestruale.

Ho inviato quindi un messaggio ad Axel in cui gli ho scritto che non avrei potuto raggiungerlo da Ben. Non ho aggiunto altri dettagli, anche perché a lui importa davvero poco delle mie mestruazioni e non mi sembra nemmeno il caso fargli presente la cosa.
Non appena metto piede in casa, scappo subito per il bagno. Tolgo quegli scomodissimi jeans skinny per sostituirli con il sotto di una tuta vecchia, persino bucata sulle ginocchia, ma tremendamente comoda.
Indosso pure una felpa larga per riscaldarmi il prima possibile, sento tremendamente freddo e i dolori alle ovaie non aiutano.

Scendo le scale a fatica e trascino il mio corpo dolorante fino in cucina. Mia mamma ha adibito una piccola anta della nostra dispensa come se fosse una mini farmacia. C'è praticamente di tutto: analgesici, antibiotici, bustine per il raffreddore, pillole per la dissenteria.
Insomma, se ci fosse qualche catastrofe naturale mia mamma avrebbe scorte di medicinali per chiunque.
Frugo velocemente fra gli scatoloni e poi recupero una bustina adatta ai dolori mestruali.
Non aspetto molto, quindi strappo la carta e ingoio il medicinale.
Il sapore è terribile, mi fa stropicciare gli occhi, ma almeno è efficace.
Muovo il mio corpo, stanco e stremato, fino al divano del mio soggiorno su cui mi sdraio in cerca di un po' di conforto.
Chiudo gli occhi assaporando la tranquillità che si respira attorno a me e in un attimo, senza nemmeno rendermene conto, cado in un sonno profondo.

***

Cos'è questo rumore?
Perché qualcuno bussa insistentemente alla mia porta?

Apro gli occhi un po' scocciata mentre sento ancora quel fastidioso rumore.
Bam. Bam. Bam!
Strofino gli occhi per riprendermi del tutto e poi mi avvio verso la fonte di così tanto disturbo.
Quando apro la porta, aggrotto le sopracciglia confusa.
"Cazzo Riley!" Axel mi guarda turbato. Il suo petto fa su e giù in maniera irregolare, come se avesse appena finito di correre una maratona.
"Axel...c-che ci fai qui?"
"Ma ti rendi conto da quanto tempo sto bussando?" dice alzando leggermente il tono di voce. "Mi hai dato buca all'ultimo, la tua macchina è parcheggiata qui fuori ed io sono stato venti minuti a bussare senza ricevere risposta."
I suoi occhi verdi mi scrutano con durezza. La sua mascella è contratta mentre le sue labbra si stringono in una morsa sottile. Le preme con così tanta forza da farle diventare quasi bianche.

"Pensavo ti fosse successo qualcosa, stai bene?" ammette in un sussurro.
Al suono di quelle parole il mio corpo viene invaso da mille brividi. Sento il battito del mio cuore accelerare e devo trattenere un sorriso languido.
Devo essere sincera, sentirgli pronunciare queste parole mi fa tremendamente piacere.
"Sto bene Axel, non preoccuparti..." tento di rassicurarlo, ma non sembra così tanto convinto perciò gli do qualche spiegazione in più.
"Ho il ciclo" ammetto.
Il ragazzo batte la palpebre più volte abbastanza sorpreso. "Oh, n-non lo sapevo" sussurra.
Scoppio a ridere per l'imbarazzo che trapela dalla sua espressione e poi mi scosto leggermente, invitandolo ad entrare.
"Dai accomodati" sorrido, "hai portato la pendrive?"
Axel annuisce mentre entra titubante in casa mia. Il ragazzo osserva ogni angolo della stanza con particolare attenzione. Si sofferma soprattutto sulle foto appese alla parete che ritraggono me e mia madre sorridenti e felici.
"Vuoi qualcosa da bere? Un succo, una coca cola...acqua?"
Con le mie domande ritorna alla realtà e abbandona la sua espressione stupita per una un po' più seria, la solita di sempre.
"L'acqua va bene" dice.
Lascio Axel da solo per un paio di secondi, giusto il tempo di riempire un bicchiere di cristallo con dell'acqua. Quando ritorno da lui, noto il suo sorriso malinconico mentre tiene fra le mani una mia fotografia.
"Ecco qui l'acqua" dico, e nuovamente riporto Axel alla realtà con la mia voce.

Fake HopesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora