Capitolo 12.- L'oscura proposta

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Andrew si ridestò di scatto da un sonno confuso che poteva essere durato minuti come ore; non sapeva cosa lo avesse svegliato, forse lo squittio solitario di un topolino che stava cercando di passare nello stretto cunicolo e si arrampicava lungo la sua gamba nuda, forse il dolore per la posizione innaturale che aveva mantenuto, forse i brividi di freddo o il silenzio agghiacciante: l'unico suono era quello del suo respiro . Era decisamente ora di tornare al dormitorio, prima che qualcun si svegliasse e notasse la sua assenza.

Allungò la mano alla cieca ed afferrò per la coda il topolino che si agitava e squittiva indispettito, facendolo dondolare fino a lasciarlo cadere dal lato opposto del passaggio segreto, verso la fine del cunicolo; non sapeva dove andasse esattamente, ma probabilmente era solo un vicolo cieco che conduceva alla tana del topolino. Lo sentì zampettare via spaventato e si massaggiò risentito la caviglia, dove sentiva i graffi profondi delle sue unghiette da roditore che bruciavano.

-Merda.- mormorò a voce bassa, tastandosi il corpo per assicurarsi che nient'altro lo avesse mordicchiato mentre dormiva, ma sembrava illeso; gli faceva male tutto ed aveva freddo, tanto che tremava incontrollabilmente, ma stava bene. Sbattè diverse volte le palpebre gonfie di sonno, guardandosi attorno nel passaggio segreto, che era deserto e buio esattamente come quando si era addormentato; si chiese se anche Dorth si fosse assopito: non dormiva molto e di notte in genere era sveglio e vigile per la maggior parte del tempo. Doveva essersi spaventato quando avevano sentito quei rumori dal corridoio, ma nessuno era entrato nella sua cella e nessuno aveva catturato Andrew, quindi forse aveva già dimenticato la questione. Aveva una grande pace interiore...o forse era solo pazzo; Andrew ripensò ai discorsi vaneggianti che aveva fatto poco prima che chiudesse il buco nel muro e decise di non chiedergli se fosse ancora sveglio. Non aveva voglia di ascoltare un monologo su Demoni, Angeli e Sentenze e dubitava potesse essere preoccupato per il destino dell'amico che gli portava cibo di straforo; come altre Fate, Dorth sapeva essere incredibilmente egoista.

L'Adepto si massaggiò lo stomaco che brontolava, risentito di aver saltato la cena solo per parlare con un prigioniero pazzo a cui non importava un bel niente di lui. Ripensò a Jaden e alla sua espressione afflitta mentre lo lasciava da solo in Mensa, abbandonando il suo unico amico effettivo in favore di una Fata che probabilmente stava solo usandolo per avere un po' di cibo; il ricordo del ragazzo riportò a galla anche qualcos'altro, la visione confusa da incubo in cui Lilieth lo aveva fatto precipitare. Rabbrividì: Dorth sembrava convinto che solo un Demone molto potente avrebbe potuto fare qualcosa del genere, ma quel ragazzo non era altro che un Mercenario, no? Era un Rhiel. Eppure nessun Rhiel poteva fare quello che Lilieth aveva fatto: quelle visioni, quella paura paralizzante e quella tortura che avrebbe potuto facilmente portare alla pazzia qualcuno...

Tutti temevano Lilieth ed ora Andrew capiva il perchè: perfino Icaro aveva paura di quel ragazzo, perchè il suo potere non risiedeva in una spada ben affilata o in una mente acuta, ma in qualcosa di più profondo dentro la sua anima, in qualcosa di antico come il mondo stesso, qualcosa che non poteva essere sconfitto semplicemente battendosi con delle armi in mano, perchè richiedeva un tipo di forza che pochi avevano. Scrollò la testa per scacciare quelle idee stupide e mosse le spalle anchilosate: orami la festa doveva essere finita e chiunque l'avesse seguito laggiù doveva aver lasciato il Castello ormai; era meglio che cercasse di andare in camera in fretta, prima che Icaro smaltisse la sbronza e iniziasse a cercare Adepti da punire in giro. Di certo lui sarebbe stato il primo della lista: meglio non farsi trovare fuori dal letto e vicino alla Prigione per qualche tempo...Dorth sarebbe stato bene. Non lo avrebbero ucciso senza una ragione.

Stava strisciando lentamente verso la porta segreta quando sentì un rumore dalla cella; si bloccò, immaginando che l'amico avesse notato che era ancora lì e volesse parlargli, ma il sasso rimase al suo posto. Dopo un secondo di silenzio un suono forte di metallo contro metallo lo colpì violentemente: qualcuno stava aprendo la porta.

Sangue impuro.- Equilibrio spezzatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora