Capitolo 3.- Lilieth il Mercenario

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Lilieth non bevve subito la pozione, pur consapevole che l'equilibrio dentro la sua Anima era compromesso.

Il suo principale effetto collaterale era renderlo insopportabilmente sensibile al dolore altrui per qualche giorno ed era preferibile che non vedesse nessuno frustato a sangue mentre beveva quell'intruglio; non voleva neppure sapere cosa quella Fata ci mettesse dentro: gli bastava che funzionasse e che tenesse buono il suo Demone per qualche tempo, rendendo accettabile il desiderio di uccidere e ferire.

Bilanciava alla perfezione Male e Bene, Luce ed Ombra. L'Equilibrio era tutto per uno come Lilieth.

Dopo sedici anni tra i Rhiel, nonostante l'addestramento duro che lo aveva forgiato alla segretezza e all'autocontrollo, ancora faticava a sopportare bene la sua condizione; la sua violenza eccessiva, per quanto rispettata dai suoi simili, a volte non era ben vista da Ombra e dagli anziani, soprattutto perchè si manifestava più verso i suoi compagni che non verso i Demoni.

Di solito provava un'istintiva attrazione per quegli esseri ripugnanti, che spariva così come era arrivata non appena li vedeva da vicino. Erano mostri, esattamente come lui, ma almeno Lilieth non aveva squame, code appuntite o altro: solo i suoi occhi rivelavano la sua natura.

Sorrise divertito mentre avanzava nel Mercato: un Mostro attraente quanto lui non si era mai visto.

Avrebbe bevuto la pozione non appena fosse arrivato al Villaggio e poi avrebbe passato la notte in preda ai soliti desideri e sentimenti contrastanti, senza dormire davvero, sonnecchiando e aspettando il nuovo giorno in preda all'ansia e all' agitazione.

Sospirò avvilito a quella prospettiva, controllando che il cappuccio lo coprisse abbastanza.

A volte la gente lo guardava con insistenza, soprattutto quelli che potevano vedere la sua anima, e Lilieth odiava che lo facessero, perchè gli ricordava quanto precario fosse il suo segreto in posti come Edom, dove le Fate abbondavano. Nel Cocito ce ne erano pochissime, anziane e vicine alla fine, che erano decise a non accettare l'aiuto di Natasha e morire da sole; era una delle tante ragioni per cui preferiva l'inferno di Lucifero a quello di Epoh.

Peggiore era la reazione dei passanti se per caso i loro sguardi si incontravano.

Era sempre divertente incutere terrore, ma Lilieth si annoiava in fretta della loro paura mediocre.

Stranamente quel giorno passava inosservato tra la massa.

L'unica cosa per cui lo si notava era il mantello costoso, di un tessuto caldo e pesante, che lo identificava come un Rhiel; una macchia scura in mezzo al grigiore del Mercato: nulla di eccezionale, si disse mentre avanzava deciso.

Tutti sapevano chi erano i Mercenari e li temevano: era facile inimicarsi quei soldati al servizio di Ombra che cacciavano Demoni, Fate, Mostri e ogni altra cosa in cambio di un po' di denaro; praticamente qualsiasi cosa fuggisse tra i Mondi Demoniaci era di loro competenza, dai prigionieri del Muro, alle Schiave di Lucifero, fino ai ciechi dannati di Obscuria: tutti al Mercato Grigio avevano commesso crimini per cui sarebbero potuti essere cacciati da un Rhiel e così era facile per loro ottenere sconti e regali in cambio di un po' di pietà.

Lilieth non credeva che bastasse supplicare per addolcire il suo Demone, quantomeno non in quei giorni in cui lo tiranneggiava e lo incitava a fare del male in modo così violento; chinò un po' le spalle per fendere la folla con più efficacia, spingendo chiunque si mettesse in mezzo in qualche modo.

Nessuno protestava: bastava lanciargli un'occhiata per capire cosa era.

Il mantello, la corporatura robusta, le armi scintillanti, lo scarso riguardo per le cose di Edom... solo i Rhiel erano così arroganti.

Sangue impuro.- Equilibrio spezzatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora