Capitolo venticinque

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Non sapeva se era giorno o notte, chiusa in quel fottuto stanzino. Aveva smesso di dimenarsi da ore ormai, il suo corpo si era arreso di cercare aiuto, nessuno l'avrebbe tirata fuori dal di lì a breve.

Non sapeva se sarebbe uscita da quella maledetta casa sulle proprie gambe o sotto un sacchetto di plastica ma avrebbe giurato su ogni cosa che le era più caro che Ryan l'avrebbe pagata molto cara.

Se sarebbe morta o comunque lui le avrebbe fatto del male, una schiera di persone l'avrebbe vendicata, sicuramente Bradley l'avrebbe ridotto in polvere.

Intorno a sé era buio e aveva paura, nulla di paragonabile a quando da piccola si svegliava nel cuore della notte e cercava le attenzioni di mamma e papà. Ora la paura era più profonda e tangibile, il pericolo era reale e prossimo ogni secondo che passava. Lì, nessuno poteva aiutarla al momento, solo sé stessa con profondi respiri e mantenendo il più possibile la calma.

Si stava abbracciando le ginocchia,in un angolino libero dello stanzino pensando a Bradley. In cuor suo sapeva che la stava cercando, non avendo notizie di lei come aveva promesso. Sperò di non aver fatto il caso contrario ovvero, fargli pensare che lei aveva deciso di non volerlo più sentire. La mente umana era imprevedibile e ne aveva avuto la prova con Ryan mai e poi mai si sarebbe aspettata di essere il suo ostaggio.

Non udiva Ryan già da un po', probabilmente si era addormentato dopo una bella bevuta finale, come un folle.

Si alzò e a tentoni cercò qualcosa nel buio per cercare di aprire la porta. Frugò all'interno di uno scatolone, messo da lei quando viveva lì ma trovò solo il necessario per dar le pulizie. Alla cieca tastò nell'angolino alla sua destra dove vi trovo solo scope e una paletta. Niente faceva al caso suo, sbuffò per la frustrazione.

Si diresse a carponi verso l'unica minuscola fonte di illuminazione, il buco della serratura, dove una fioca luce penetrava leggermente segno che Ryan l'aveva dimenticata accesa. Spiò come meglio poté, utilizzando un occhio mentre l'altro lo strizzò come un occhiolino. La sua vista si fece acuta come quella di un'aquila, cercando di vedere se Ryan era nei paraggi ma non vide nulla. La sua visuale si focalizzò sul metà salotto, a malapena intravedeva il divano, di spalle rispetto a dove si trovava lei perciò non poteva scorgere se Ryan era steso sopra di esso.

Presa da un impeto di rabbia e adrenalina prese la rincorsa verso la porta e vi si gettò sopra con tutta la forza che il suo corpo aveva, prendendola a spallate per cercare di sfondarla il prima possibile. Ma ciò che produsse fu solo un gran rumore e un dolore alla spalla, che l'indomani, sempre se rimaneva in vita, si sarebbe tramutato in un livido.

Sentì dei passi veloci e rabbiosi provenire in direzione della porta e un leggero tintinnio di una chiave contro del metallo o vetro, era incerta sul tipo di materiale. Si accorse di aver fatto una cazzata colossale e che ora doveva, da l' a poco, trovarsi a faccia a faccia con quel mostro. Rabbrividì al pensiero, ancor di più non sapendo cosa le toccava subire.

In qualche secondo, il click della serratura si faceva sempre più insistente, Ryan era così ubriaco da non girare nel verso corretto ma infine ci riuscì ed entrò accendendo la luce dal corridoio esterno.

La prima cosa che le giunse, era il nauseabondo odore di alcool e man mano che lui le si avvicinava più provocava in lei conati di vomito. L'andatura barcollante e ciondolante di lui faceva presagire qualcosa di poco rassicurante e la bottiglia di vetro, ormai vuota e tenuta pericolosamente sull'orlo delle dita non fecero che aumentare preoccupazione in se stessa. Dovette arrancare diversi passi indietro, finendo schiacciata contro il muro.

<< D-dimmi che mi ami ancora.>>

<< No!>> disse lei con voce sicura.

<< Ami un altro? Chi è quel lurido porco? Ti sei fatta toccare da lui eh, sgualdrinella.>>

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