10 marzo 2018, Casa Stregata, Disneyland Paris
James reclina la testa contro il bordo dello schienale della panchina, le gambe distese, il sole caldo che gli scalda il volto e nessuno pensiero minaccioso per la testa.
Felice. Delle montagne russe, di essere lì con Natasha, suo fratello e Sharon... di avere 101 anni sulle spalle e sentirne il peso di una quarantina appena, nonostante la compagna abbia voluto sottolineare la cosa vincendogli al tiro a segno un peluche extra-large di Pongo, che ora giaceva abbandonato ai piedi della panchina in una finta guardia illusoria contro qualunque fonte di disturbo. Peccato che nemmeno un dalmata di peluche poteva far qualcosa contro uno Steve taciturno, che lo fissava già da un paio di minuti con un argomento spinoso pronto a fior di labbra... James lo sentiva nell'aria tesa che si era formata negli ultimi minuti, senza la necessità di vederlo effettivamente con i propri occhi.
-Da quando devo darti io il permesso per rompermi le scatole? -esordisce socchiudendo appena un occhio, puntandolo sul sorriso tirato del fratello.
-Dobbiamo parlare. -replica eludendo la domanda, ed il fatto che abbia scelto quella tempistica perfetta che prevedeva l'assenza delle ragazze –inviate in missione per reperire qualcosa per pranzo–, gli suggeriva a gran voce che l'argomento da chiamare in causa non prometteva assolutamente nulla di buono.
-Di cosa? -ribatte con un vago cenno di titubanza, ha paura di chiederlo ma sa che non può evitarlo.
-Nostra sorella[1].
Eccolo. Brutale e lapidario, esattamente l'argomento che almeno per quel giorno avrebbe voluto evitare, nonostante fosse consapevole di non poterlo procrastinare ancora a lungo.
Circa tre settimane prima, la data la conosceva bene ma preferiva illudersi di non aver tenuto conto dei giorni, era successo l'inevitabile... Rebecca[1] si era spenta –perché morta era una parola troppo brutta anche solo per pensarla– e a James era mancato il terreno sotto i piedi, forse perché tutte le persone che lo circondavano quotidianamente invecchiavano in modo estremamente lento ed una morte naturale il più delle volte non era nemmeno un'ipotesi contemplata, forse perché lui per primo sarebbe dovuto morire a ventisette anni e contro ogni logica o previsione aveva raggiunto l'impensabile cifra del secolo sulle spalle.
Aveva affittato un albergo a Brooklyn per un paio di giorni per non avere gente intorno ed aveva presenziato al funerale in ultima fila, seguendo il corteo fino al cimitero per poi fuggire prima che i suoi parenti potessero assediarlo come era capitato a Steve al termine della funzione... James forse aveva più diritto di tutti di stare lì, ma si era sentito terribilmente di troppo, girando i tacchi scappando dal cimitero, sopprimendo la sensazione di star davanti alla tomba del se stesso ventisettenne che aveva abbandonato la sorellina sotto i fuochi delle guerra, ma tornato giusto il tempo di una chiacchierata in una camera d'ospedale finita anch'essa nell'oblio della mente di Rebecca.
Aveva fatto i bagagli ed era salito sul primo taxi raggiungendo l'aeroporto, aveva passato l'intera serata ad aspettare il primo volo di linea diretto a Parigi, sbocconcellando appena un panino per cena... e in tutto questo Natasha, ombra onnipresente e consapevole, aveva assecondato ogni sua più piccola decisione dopo avergli chiesto se la riteneva davvero la scelta più corretta, timorosa per suoi possibili rimpianti postumi che lui aveva giurato di non avere, finendo per fargli da cuscino umano –la prima notte di tante– quando le loro schiene avevano toccato il materasso e James si era addormentato con il capo posato tra l'incavo dei suoi seni. Preferiva non pensare a cosa sarebbe successo se non ci fosse stata Natasha al suo fianco.
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Indelible Marks
FanfictionJames vorrebbe solo che Parigi assumesse le sembianze di un punto fermo, un luogo dove gli incubi possono venire dimenticati, lasciando spazio al sole caldo ed ai violini che suonano ad ogni ora del giorno... ma sa che non è possibile, perché i demo...