30 settembre 2018, Motel, periferia di Mosca
Natasha fluttua, trattenuta a riva dalle onde, mentre la risacca del mare tenta inutilmente di trascinarla nuovamente a largo.
Sa che dovrebbe preoccuparsi di qualcosa, lo sa perché intravvede delle ombre scure ed affilate che nuotano al largo, ma non le sovviene il motivo per cui dovrebbe crucciarsi... gli squali sono lontani, lontanissimi... e lei è al sicuro, sospesa e sola in mezzo ad un'isola deserta, stesa sulla sabbia bagnata con gli occhi rivolti alle nuvole indaco che si rincorrono sullo sfondo di un cielo camaleontico, sospese anch'esse contro una volta celeste cristallizzata in secondi che procedono densi come il miele, generando un tramonto senza fine... anche i suoi pensieri sembrano rallentare, chiedendosi dopo quelle che pensa siano ore se per caso si trova in Paradiso, mentre la risacca del mare continua monotona a scandire quel tempo fluido, infondendole una pace totalizzante che la abbandona in balia di un torpore piacevole.
Natasha continua a connettersi e dissociarsi da quel limbo ovattato con scadenza quasi ciclica, ma dopo quelli che crede siano giorni –forse il secondo o il millesimo in quella sua isola felice– percepisce un lievissimo refolo di vento che la fa rabbrividire al punto da farle tremare le ossa, notando solo in quel momento la stranezza della sua assenza per contrasto... è leggero, quasi impercettibile, e sospinge un eco altisonante alle sue orecchie che conserva nell'inflessione un qualcosa di terribilmente familiare, aumentando di sonorità secondo dopo secondo articolandosi in sillabe che formano il suo nome. Almeno crede, spera, siano secondi... desi, lenti e dolci come il miele.
Natalia, Natalia, Natalia... una cantilena simile ad una ninna nanna, che cresce fino a quando quella voce non la circonda da tutte le parti al pari di un abbraccio da lungo atteso, desiderando visceralmente di annullarsi in esso... segue la voce, perché è dolce, perché è calda, perché sa di casa e sembra indicarle con precisione indiscutibile il suo posto nel mondo... Natasha cede, e la risacca la inghiotte.
A Natasha servono diversi secondi per mettere a fuoco la stanza, riattivando gradualmente i cinque sensi per orientarsi, percependo per primo il refolo di vento che filtra dalla porta-finestra socchiusa, portando con sé una zaffata di tabacco che sembra annullare momentaneamente qualunque altro odore. Riesce a distinguere l'aroma del caffè e la puzza ferrosa del sangue raffermo solo in un secondo momento, ma il tutto viene stemperato dalla forte esalazione di disinfettate e farmaci che ristagna nell'aria circostante. Tuffa il naso tra le pieghe della trapunta fuggendo dagli odori aggressivi che la circondano, trovando le lenzuola curiosamente profumate di lavanda mista a tabacco, eclissando quell'ultimo pensiero concentrandosi nell'abbraccio morbido e caldo della coperta ed il pizzicore fastidioso delle garze che le comprimono lo stomaco in una stretta che le accorcia il respiro.
Realizza con genuina sorpresa di trovarsi in un letto, al caldo e con dei vestiti puliti addosso, mentre i suoi occhi mettono a fuoco le pareti di una camera che si affaccia sulla periferia di Mosca, sollevandosi sui gomiti con forse troppa foga strattonando dolorosamente i bendaggi strappandole un gemito dolorante subito silenziato, soffermandosi sul profilo di Barnes che fuma spaparanzato in terrazzo dando una spiegazione all'aroma persistente di tabacco che aleggia nell'aria... sembra quasi familiare, riconoscendo la compagnia, la vernice scrostata delle imposte, la consistenza del cuscino ed i rilievi delle molle del materasso come se appartenessero ad un ricordo offuscato risalente ad una vita fa.
-Sei sveglia. -annuncia l'uomo quando si rende conto di essere osservato, spegnendo la sigaretta sul posacenere e rientrando dalla porta-finestra chiudendosela alle spalle.
-Quanto...? -inizia confusa, afferrandosi la testa colta da un capogiro quando si mette seduta troppo velocemente.
-Tre giorni. -replica Barnes alla sua domanda inespressa, avvicinandosi sfiorandole la fronte con la mano sana per poi proseguire con un veloce check-up di controllo, con tocchi rapidi e precisi come se quella fosse una procedura alla quale era abituato, ma Natasha fa fatica anche solo ad assimilare i suoi gesti vagamente apprensivi a causa dell'intontimento dato dai suoi pensieri, che tentano ancora di districarsi dalla melassa che le allaga il cervello. -Hai fame? Hanno recapitato la colazione una decina di minuti fa.
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Indelible Marks
FanfictionJames vorrebbe solo che Parigi assumesse le sembianze di un punto fermo, un luogo dove gli incubi possono venire dimenticati, lasciando spazio al sole caldo ed ai violini che suonano ad ogni ora del giorno... ma sa che non è possibile, perché i demo...