1. Blinding Lights

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«Entra, entra, entra» Genelle mi afferra per un braccio, piantando le unghie nella pelle delicata, facendomi sussultare.

«Stanno chiudendo le porte!» urla, obbligandomi a fare gli scalini due a due, rischiando di rompermi l'osso del collo.

Ho il fiato corto e i capelli sparsi sul viso quando raggiungiamo l'interno della chiesa.

Ci guardiamo attorno, notando moltissime persone sedute sulle panche, che indossano dei lunghi abiti bianchi e neri molto particolari ed un cappellino sulla testa.

«Cazzo» Ginni lo esclama troppo forte, facendo voltare una signora nella nostra direzione, che ci squadra dalla testa ai piedi, con i suoi occhi contornati da rughe profonde.

Okay, cazzo davvero.

«Abbiamo sbagliato chiesa» sussurra, seguendomi mentre mi dirigo verso una zona più isolata, lontana da occhi indiscreti.

Siamo noi le indiscrete qua.
Accidenti!

«Siamo finite ad un bar mitzvah» digrigno i denti, trattenendo però una risata.

Non ci posso credere.

Genelle mi guarda negli occhi, cogliendo subito il mio sguardo divertito.
Posa una mano sulle labbra carnose per contenere le risate.

«Come usciamo?» penso ad alta voce, osservando i grandi portoni marroni sigillati, tenuti d'occhio da due uomini.

Potremmo semplicemente andarcene, facendo finta di nulla, ma non mi sembra corretto interrompere un momento così importante solo perché siamo delle rintronate.

«C'è un bagno» allunga un braccio nella mia direzione, indicandolo con l'indice.

«Usciremo dalla finestra se è abbastanza grande» conclude convinta, dirigendosi verso quella direzione.

Ma io la blocco, afferrandola per una spalla.

«Guarda lì» indico una tendina, dalla quale escono il sacerdote e gli ospiti dei membri della congregazione.

Ho un piano.
Potrebbe non funzionare, ma quello si vedrà solo in fase di compimento.

«No...» scuote la testa con veemenza, «Non lo faremo» insiste, ma io oramai sono già decisa.

Eccome se lo faremo.
Non mi butterò giù da una finestra.

«Ti odio, Amanda» borbotta, seguendomi mentre, appiccicate alla parete, ci intrufoliamo dietro alla tendina rossa.

Come previsto, ci troviamo in una grande stanza pressoché vuota, se non fosse per degli armadi e delle poltrone vecchie, posti sulla parte destra.

Deve essere una sorta di spogliatoio per i membri della chiesa.

«C'è una porta!» esclama lei, raggiungendola velocemente.

Se ci sono delle telecamere, siamo fottute.

Fortunatamente è aperta, permettendoci di uscire e trovarci nella parte retrostante della chiesa, che si affaccia su un grande parco.

«Non lo abbiamo fatto davvero» Ginni scoppia a ridere, battendomi il cinque.

«Andiamo da tua nonna, dai» ridacchio, scuotendo il capo, con ancora l'adrenalina che scorre nelle vene.

«Credo che non sappia usare il telefono» sussurra, fissando lo schermo del cellulare, «Mi sta mandando la posizione di ogni parte della città» scorre il dito in alto e poi in basso, con un'espressione confusa sul volto.

PATENTE E LIBRETTO, SIGNORINA.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora