Fuoco e ghiaccio

1K 86 40
                                    

-Allora, cosa farete per il Ringraziamento?-
Eddie alzò la testa dagli appunti di storia in cui era immerso, incontrando gli occhi di Bill.- Eh?-
-Il Ringraziamento, Eddie.-
-É domani.- Aggiunse Ben.
Gli occhi del ragazzino si allargarono un po'.- Domani é già il venticinque novembre?-
Mike annuí.- Questi mesi sono proprio volati, eh?-
Eddie incrociò le braccia sul tavolo della mensa. Il freddo dell'imminente inverno aveva iniziato a farsi sentire già da diverse settimane, e nessuno aveva più il coraggio di avventurarsi a mangiare in cortile.
Lanciò un'occhiata al quaderno aperto davanti a lui, e realizzò improvvisamente che non aveva fatto altro che studiare da quando era iniziata la scuola.
Fanculo.
Raccolse quaderno e astuccio e li ripose nello zaino, tirando fuori il suo tramezzino per mangiare come stavano facendo tutti gli altri.
O quasi.
Richie e Rebecca non c'erano. Era successo già altre volte, nel corso di quei tre mesi, che saltassero il pranzo per andare da qualche parte a pomiciare, o chissà cos'altro.
Eddie fece una smorfia. Ogni volta che ci pensava gli si stringeva il petto e gli passava l'appetito. Boccaccia gli aveva detto, una notte di settembre, che le cose tra loro si erano sistemate solo temporaneamente, che molto probabilmente si sarebbero lasciati di lì a poco.
Il ragazzino aveva iniziato a contare i giorni - ne erano passati sessantaquattro, e quei due continuavano a comportarsi come una coppietta di scolaretti innamorati. Non li aveva mai visti così affiatati, neppure all'inizio della loro relazione, il che poteva significare solo una cosa: stavano fin troppo bene insieme, e non si sarebbero lasciati mai.
Ma era meglio così, si disse Eddie, perché almeno non avrebbe avuto modo di farsi illusioni sciocche.
-Starò con mia zia e mia madre.- Rispose a Bill, scartando il pranzo.
-E poi?- Domandò Stan, fissandolo con una certa insistenza.
Eddie si mosse a disagio sulla sedia.- E poi cosa?-
-Ci vieni ai Barren, alle ventitré?-
-Ah.- Il ragazzino si morse l'interno della guancia, in difficoltà.
-E dai, Eddie!- Beverly sporse il volto verso di lui, facendogli gli occhi da cane bastonato e sbattendo le lunghe ciglia vermiglie.- Lo facciamo tutti gli anni.-
-Stavolta è diverso.- Ribatté Eddie, aggrottando le sopracciglia ed evitando lo sguardo della ragazza.- Dalla questione del concerto mia madre mi controlla costantemente. Non sono neppure più libero di rispondere al telefono.-
-Ma tua zia...?-
-Lei fa quello che può, ma mia madre è più pazza di prima.-
Beverly si fece indietro, dispiaciuta, e Bill la strinse piano a sé, accarezzandole un braccio.
-Saremmo contenti se riuscissi a venire.- Disse il giovane.
L'altro annuì.- Vedrò cosa posso fare.-

Bill uscí dalla cucina reggendo una gigantesca ciotola di pop corn.
La posò sul tavolo davanti al divano e alzò lo sguardo sui Perdenti.
Tre di loro erano seduti sul sofà, altri due sulle poltrone ai lati della tv.
-Chi manca?- Chiese, notando che erano avanzati un paio di posti sul tappeto.
-Eddie e Rebecca.- Lo informò Richie.- Dovevano studiare.-
-Ah.- Bill abbassò lo sguardo, intristito, e Beverly raggelò.
Possibile che fosse dispiaciuto per l'assenza di Rebecca?
-Sapete se Eddie riuscirà a farcela almeno domani?- Domandò Richie.- Per la tradizione.-
Mike, al centro sul divano tra lui e Beverly, si voltò a lanciargli un'occhiata indispettita.- Ha detto che non ne é sicuro. E tu lo sapresti, se non fossi sempre chissà dove a limonare.-
-Woah, Hanlon!- Richie si scansò, come se avesse appena ricevuto una minaccia.- Sei nervosetto. Da quanto tempo non ti fai una scopata?-
Mike alzò gli occhi al cielo e si rimise comodo, le braccia muscolose incrociate al petto per la stizza.
Richie lo ignorò e ammiccò in direzione di Bill.- Dai, non essere dispiaciuto. Vieni a sederti tra le mie gambe.- E allargò le ginocchia.
L'amico lo guardò di traverso.- Grazie, ma no.- Rispose, e si accoccolò sul tappeto ai piedi di Beverly.
Poggiò la schiena al bordo del divano, le gambe della ragazza ai lati delle spalle, e premette play sul telecomando, facendo iniziare il film horror che avevano scelto.

Per tutta la visione del film, Bill continuò a sfiorare le gambe di Beverly, mettendola quasi in agitazione.
Non erano le sue solite carezze genuine, ma tocchi decisi lungo tutto il polpaccio e sotto il ginocchio, accompagnati di tanto in tanto da un piccolo bacio sulla pelle quando Ben, seduto in poltrona vicino a loro, si copriva il volto con il cuscino per non guardare una scena particolarmente cruenta.
Non era la prima volta che Bill la toccava cosí: da quando le aveva confessato il suo amore, era divenuto piú deciso, e talvolta insistente.
Non le aveva mai chiesto esplicitamente di fare qualcosa, ma Beverly sapeva che sarebbe successo prima o poi, e la cosa avrebbe dovuto renderla felice: erano una coppia da quasi otto mesi, il suo ragazzo era attento e gentile, e la amava terribilmente, Beverly glielo leggeva negli occhi ogni volta che la guardava.
Eppure provava solo fastidio.
Non voleva che le stesse cosí vicino, che la toccasse ovunque, anche se non gli aveva mai detto di non farlo, per non ferirlo.
Stare con lui era un privilegio, era il ragazzo piú ambito della scuola, buono come il pane, intelligente, dagli occhi azzurri e i lineamenti perfetti.
Perché non riusciva a desiderarlo come qualsiasi altra adolescente del loro liceo avrebbe fatto? Perché non riusciva a sentirsi attratta da lui?
C'era forse qualcosa in lei che non andava?
Afferrò la mano che il ragazzo aveva posato sul suo ginocchio, incapace di reggere ancora un altro tocco, e Bill dovette pensare che quel gesto fosse dettato dallo spavento per quel che stava accadendo nel film, perché intrecciò le dita con le sue, e strinse.
Beverly tirò un sospiro di sollievo quando comparvero i titoli di coda.
Si alzó di scatto, scavalcando Bill con la scusa di riportare la ciotola dei pop corn in cucina e lavarla.
Richie fece qualche battuta sessista sul fatto che il compito delle donne fosse pulire e rassettare, ma lei non gli rispose neppure, i suoni le arrivavano alterati, le orecchie le fischiavano.
Aprí il rubinetto dal lato dell'acqua fredda e ci gettò sotto le mani.
Sentí il gelo pervaderle le ossa, la temperatura era tanto ghiacciata che le gocce divennero quasi punture di spillo sulla pelle dei palmi, ma non le importava.
Rimase cosí per un po', mentre gli altri andavano a prepararsi per dormire.
Prima che avesse modo di accorgersene, tutte le luci della casa si spensero, e lei rimase ferma in mezzo alla cucina, il silenzio interrotto solo dallo scrosciare dell'acqua.
Chiuse il rubinetto e lanciò un'occhiata alla ciotola che giaceva sul piano della cucina, ancora piena di briciole.
Sospirò e prese uno degli strofinacci appesi alla parete, iniziando ad asciugarsi le mani.
Erano talmente fredde che riusciva a stento a muoverle per sfregarle con il tessuto.
Sentí dei passi sulla scala a chiocciola, ma non sussultò. Sapeva che erano di Bill.
Il ragazzo entrò in cucina e si lanciò un'occhiata attorno, mentre Beverly si voltava completamente per guardarlo.
-Va tutto bene?- Le chiese.- Sei qui da quasi dieci minuti, era cosí sporca quella scodella?-
Si avvicinò al mobile lentamente, poi spiò all'interno della ciotola.
Beverly distolse lo sguardo, le sue meningi erano già contratte per inventare una menzogna mentre Bill si ritraeva e serrava le mani attorno ai bordi del piano della cucina.
-Non l'hai lavata.- Disse, come se stesse parlando del tempo, a bassa voce e con tranquillità.
-No.-
Bill girò il capo nella sua direzione, vide lo strofinaccio che ancora stringeva tra le dita, poi il pallore sul suo viso.
-Bev, cosa c'é che non va?-
Lei scosse il capo, si allontanò, posò il panno sul tavolo.- Non é nulla.-
Una mano del ragazzo le sfiorò il braccio prima di stringersi attorno al suo polso e tirarla delicatamente indietro.
Beverly si ritrovò con la schiena appoggiata al bordo del lavabo, il corpo di Bill contro il suo.
Il ragazzo ravviò uno dei suoi ricci ribelli e infuocati dietro l'orecchio, la scrutava con preoccupazione, i suoi occhi fuggivano sul suo volto, si appoggiavano sulle labbra e sugli zigomi, sul mento, sulla fronte lentigginosa. Infine tornarono con prepotenza nelle sue iridi, a cercare e scavare.
La ragazza rimase immobile ad aspettare che parlasse.
-É per Rebecca?- Chiese infine lui, e Beverly lasciò andare il respiro che non si era accorta di aver trattenuto.
-Non ne abbiamo piú parlato, da settembre. Pensavo che ti fossi tranquillizzata, ma forse mi sbagliavo?- C'era calore nelle sue parole, premura nella sua voce sottile, che si infilava quasi induibile tra le trame del silenzio notturno.
Beverly vide una via di fuga nella sua domanda, un modo per non rivelargli quel che davvero la preoccupava.
Annuí piano, la gola serrata.
Bill se la strinse istantaneamente al petto, le braccia attorno ai suoi fianchi borbidi, le labbra tra i suoi capelli.
-Sai che non devi tenerti tutto dentro.- Sussurrò, e le baciò la fronte.
Beverly posò le mani sul suo petto per allontanarlo un po', e sollevò il viso.
-Hai ragione.- Rispose.- Mi dispiace, é che non volevo seccarti. So che la mia gelosia é del tutto immotivata...-
-Decisamente.- Bill le sorrise, con quel suo sorriso da bravo ragazzo, e Beverly si sentí mancare la terra sotto i piedi.
Non meritava di essere ingannato cosí, ma non era ancora pronta a spezzargli il cuore. Non voleva vederlo piangere a causa sua, sottrargli la nuvola su cui stava camminando da quando si erano fidanzati.
-Bev.- Bill le prese il volto tra le mani, assicurandosi che lei lo guardasse negli occhi.- Non c'é mai stata nessun'altra, dal giorno in cui ti ho incontrata. Non so cosa mi hai fatto, devi avermi stregato, perché non penso ad altro che a te, notte e giorno, da sette anni.-
Beverly sentí le lacrime pizzicarle gli occhi, ma questa volta non permise loro di scendere, di dare motivo a Bill di pensare che le sue parole l'avevano commossa, perché non era cosí - la stavano uccidendo.
Le labbra del giovane si posarono sulle sue con dolcezza, e lei fu troppo sorpresa da quel contatto improvviso per tirarsi indietro.
In un istante si sentí avviluppare, la lingua di Bill nella sua bocca, le sue mani ovunque, tra i capelli, sulla schiena, sui fianchi.
Fece scattare indietro il capo, allontanandosi bruscamente, e disse, seppur a corto di fiato:- Ci sono gli altri.-
Bill soffocò una risatina sulla pelle candida del suo collo, vi depose un bacio, poi le sussurrò all'orecchio, con voce bassa e roca:- Stanno dormendo.-
Le mani del ragazzo scivolarono sotto la sua maglietta, Beverly sentí le sue dita calde e ruvide risalire sul costato.
Gli afferrò i polsi prima che raggiungesse il reggiseno.- Non mi va.- Ansimò, brusca.
Il ragazzo si scansò l'istante dopo, e le mani di Beverly caddero.
-Scusa.- Le disse, una ferita aperta negli occhi. Alla luce giallastra della cucina, sembravano piú verdi che azzurri.- Non l'avevo capito.-
Beverly ingoiò l'ennesimo groppo in gola, lasciò che l'ennesimo coltello le s'infilasse nel petto.- No, scusami tu.-
Si sforzò di sorridergli, perché non voleva si sentisse in colpa per un desiderio del tutto normale, che avrebbe dovuto essere in grado di condividere anche lei.
Bill le accarezzò la guancia, piano, e Beverly chiuse gli occhi, per non mostrargli il suo sguardo umido.
-Guardiamo un altro film, ti va?-
Lei annuí.- Niente horror, però.-
Lo seguí in salotto, poi sedette sul divano mentre Bill sceglieva un film dallo scaffale.
-Uno dei drammi romantici che ti piacciono tanto andrà bene?- Disse, e Beverly sentí il sorriso nella sua voce.
-Ovviamente.-
Bill infilò la videocassetta nel lettore e raggiunse la ragazza sul divano, mentre la colonna sonora del film partiva.
Lasciò che Beverly gli si accoccolasse sul petto e la strinse forte a sé.
Lei continuò a trattenere le lacrime, il senso di colpa come una morsa d'acciaio attorno al cuore, e dopo alcune scene si lasciò andare al pianto, perché il protagonista era in punto di morte, e Bill non le avrebbe fatto domande.

White Lies - ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora