Fortunato

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Il sabato Richie si alzò che l'intera casa era ancora sommersa nel silenzio e nell'oscurità.
Non era riuscito a dormire molto, c'erano troppi pensieri a tormentarlo - il college, Eddie, i suoi diciott'anni, la sua vita intera.
Si era seduto sul letto, verso le sette del mattino, ed era rimasto per un po' a guardare Matthew dormire, il petto esile che si alzava e abbassava lentamente, con il ritmo del sonno profondo.
Gli aveva sempre dato tranquillità guardare i suoi fratelli riposare - il fatto che fossero al sicuro, sereni, protetti sotto i suoi occhi, che non sarebbero andati da nessuna parte finché lui fosse rimasto lì, gli sollevava il cuore. Forse, se non avesse perso suo padre di vista la notte di due anni prima, se non si fosse ritirato tardi per fare baldoria con gli amici, nemmeno lui se ne sarebbe andato.
Scacciò quel pensiero mentre spalancava il frigo in cerca di qualcosa da mangiare. Aveva fatto la spesa un paio di giorni prima, ma i gemelli avevano una certa abilità nello spazzolare via qualsiasi cosa contenente zuccheri trovassero.
Era rimasto solo uno dei cinque budini alla vaniglia che aveva comprato. Sorrise tra sé pensando che se non si fosse svegliato così presto, precedendoli, non avrebbe trovato neppure quello.
Si appoggiò al lavandino, cucchiaio alla mano, e iniziò a mangiare, chiedendosi se, già che c'era, fosse il caso di iniziare a preparare al pranzo.
Almeno in tarda mattinata avrebbe avuto del tempo per studiare.
Che tristezza, pensare ai compiti il giorno del suo compleanno.
Prese un'altra cucchiaiata mentre tentava di convincersi che i diciotto anni non erano così importanti, che non sarebbe cambiato niente. Non sarebbe diventato all'improvviso un omaccione muscoloso, consapevole e vissuto solo perché aveva aggiunto un otto alla decina.
Anzi, quella mattina era esattamente identica alle altre: una colazione di fortuna, il pranzo da preparare, i due peli che gli crescevano sulla faccia da radere.
Buttò il vasetto di budino vuoto, mise il cucchiaio nel lavabo e, con molta pigrizia, sollevò le tapparelle della cucina per far entrare la luce del sole.
Fece una smorfia nel constatare che era anche una giornata piovosa, la stanza fu illuminata solo dal fascio giallognolo dei lampioni ancora accesi.
Rimboccò le maniche del pigiama e indossò un vecchio grembiule da cui le macchie di sugo non erano mai andate via.
Decise che, siccome era il suo compleanno, poteva concedersi un regalo: avrebbe preparato le lasagne.
Eddie le adorava.
Si chiese se l'avrebbe chiamato quel giorno, per fargli gli auguri.
Che pensiero stupido - era stato lui stesso a ricordargli del compleanno, certo che l'avrebbe chiamato.
Aveva festeggiato insieme a lui da quando avevano quattro anni.
Quello sarebbe stato l'ultimo compleanno che avrebbero passato insieme, che strano e doloroso effetto faceva.
Non fossero state le sette e mezza, gli avrebbe telefonato lui stesso, perché sentire la sua voce era l'unico modo per attenuare un po' quella sofferenza costante.
Doveva dirglielo, doveva dirgli che non si sarebbero visti più. La fine della scuola si stava avvicinando, giugno era alle porte, e Eddie meritava di saperlo il prima possibile. Non poteva assestargli un colpo basso, illuderlo fino all'ultimo giorno e poi stroncare le speranze che lui stesso aveva contribuito a edificare, così dal nulla.
Però non ancora. Non oggi. Quella giornata era già abbastanza triste di suo.
Spalmò della salsa sul fondo di una teglia, stando attento a non fare troppo rumore per non svegliare il resto della famiglia, ma i suoi sforzi furono vani, perché sentí dei passi in salotto.
Sospirò, già pronto a sorbire le lamentele di uno dei gemelli.
-Richie!- Gridò infatti Matthew, abbastanza forte da destare anche chi, per puro caso, stava ancora riposando.
Il ragazzo posò il mestolo nella teglia e si avviò a grandi passi fuori dalla stanza, pulendosi le mani nel grembiule.
Niente parolacce, si ripeteva, niente parolacce.
-Che diamine hai da urlare?- Chiese.
Nessuno rispose.
Si affacciò sulla porta della cucina, scrutando nella parziale oscurità del salotto, e i suoi occhi si puntarono sull'unica fonte di luce presente: il fuoco di alcune candeline.
C'era una grande torta al cioccolato sul tavolino davanti al divano, e le piccole fiamme guizzavano sui volti dei tre fratelli, e su quello di Maggie.
A Richie si strinse il cuore.
Se n'erano ricordati. Anche lei.
Non avrebbe voluto piangere - non in un momento come quello, cosí pieno di gioia - ma si sentí talmente sopraffatto, dalla contentezza, dal dolore, dall'amore per la sua famiglia, che le lacrime presero a scorrere da sole, senza che potesse fermarle.
Rimase immobile al centro della stanza, la bocca spalancata, le guance bagnate, le mani che tremavano, finché sua madre non mosse qualche passo verso di lui, con Timothy attaccato alle gonne.
Richie la raggiunse, tuffandosi tra le sue braccia spalancate, e si aggrappò alla sua vestaglia, che profumava di buono, di casa, di mamma.
Cathy e Matthew si avvicinarono l'attimo dopo, circondando la vita del fratello con le piccole braccia, e lui si sentí improvvisamente completo, intero, come non accadeva da tempo.
Continuò a singhiozzare, una mano di Maggie tra i capelli, Timothy seduto sul pavimento tra loro, le manine dei gemelli strette sulla maglietta del pigiama, e respirò quel calore, quell'abbraccio che desiderava da due anni, che aveva sognato, sperato, immaginato ogni volta che guardava il volto scarno di Maggie e pregava, pregava, pregava. Perché stesse meglio, perché tornasse tutto come prima.
-Buon compleanno, amore mio.-Sussurrò piano la donna, posandogli una mano sulla nuca per stringerselo al petto, e Richie pensò che in quel giorno non avrebbe potuto ricevere regalo migliore.

Eddie aveva telefonato per dire che sarebbe passato per un saluto e gli auguri verso le sedici.
Dalle sedici meno un quarto Richie si era appostato sui gradini del portico, aspettando di vederlo arrivare.
Alle sedici spaccate vide Eddie attraversare la strada, e lui fece i gradini a due a due, correndogli incontro come un forsennato, i ricci al vento.
Il ragazzino ebbe la coscienza di fermarsi prima che finissero a sbattere uno contro l'altro, e Richie colse quell'istante di confusione per cingergli la vita e sollevarlo da terra, facendogli lanciare un gridolino.
-Eddie, Eddie, Eddie!- Uggiolò Boccaccia, trafelato, scandendo appena il suo nome.
Il piú piccolo gli posò le mani sulle spalle e fece leva, cercando di toccare di nuovo il marciapiede.-Rich, ci vedranno.- Disse, guardandosi un po' intorno.
Boccaccia lo lasciò andare, ma gli tenne i gomiti, le dita aggrappate al maglione, gli occhi che brillavano, e Eddie si chiese quale fosse il motivo di tanta gioia.
-Sei cosí felice di vedermi?- Chiese con un timido sorriso, e Richie non rispose. Lo tirò per un braccio e lo trascinò fin dentro casa, e il ragazzino fu troppo sbigottito per impuntarsi.
Salutò rapidamente tutta la famiglia Tozier, riunita sul divano a guardare la tv, ed ebbe appena il tempo di sentirli ricambiare, perché Richie lo portò fino in camera e si chiuse la porta alle spalle con un gran tonfo - un tonfo entusiasta, avrebbe detto Eddie, a giudicare da come stesse ancora sorridendo.
-Perché mi hai portato in camera tua?- Domandò, ma anche a quello Richie non rispose.
Si limitò ad avvicinarsi, dandogli una dimostrazione pratica del motivo: lo baciò sulle labbra, appassionatamente, fin quando le loro lingue non si intrecciarono, e Eddie gli si aggrappò, le gambe che cedevano.
Anche nella sua bocca, Richie non aveva smesso di sorridere.
-Sono felicissimo.- Disse finalmente distaccandosi, e l'altro arrossí un po', sentendosi adulato. Ma poi Richie aggiunse:-Non solo perché sei qui.-
-Ah.- Eddie trattenne a stento una smorfia delusa.
-Non fraintendermi.- Il ragazzo lo strinse di nuovo a sé, riempiendogli il viso di piccoli baci.-Vederti mi gonfia sempre il cuore, Eds.- Ridacchiò, le labbra sulla sua tempia destra.- Anche qualcos'altro, in realtà.-
Eddie alzò gli occhi al cielo e se lo scollò di dosso, sbuffando divertito.-Allora, che é successo?-
-Mamma si é ricordata del mio compleanno!- Rispose immediatamente l'altro, con un sorrisone a trentadue denti, battendo le mani.
Eddie si sentí travolgere dal sollievo, e gli si gettò al collo di slancio, improvvisamente senza peso.-Rich, sono cosí contento.- Mormorò nel suo orecchio, le mani tra i ricci neri.
-Mi ha anche preparato una torta.- Continuò Boccaccia, sempre a voce un po' troppo alta, ebbro di gioia e incredulità.-Timothy ci ha messo su le candeline, erano tutte storte. E i gemelli hanno fatto dei disegni.-
Eddie si allontanò solo per poterlo guardare negli occhi: non l'aveva mai visto cosí luminoso, felice, grato.
Era talmente bello e pieno di vita, ed era bastato cosí poco per ridargli il sorriso - una torta, delle candeline, l'amore della sua famiglia.
Quando il giorno prima Richie aveva detto di non voler festeggiare, perché sua madre non se ne sarebbe ricordata, si era sentito trafiggere.
Lui non aveva mai avuto certi problemi - Sonia ricordava tutto, anche il giorno in cui gli era caduto il primo dentino. Non poteva immaginare cosa dovesse significare per Richie finire nel dimenticatoio agli occhi stanchi di Maggie, ma aveva sperato tanto che lei ricordasse, che trovasse la forza di combattere i fantasmi del passato per donare un futuro migliore ai figli che l'amavano tanto.
Ed era un futuro meraviglioso quello che vedeva riflesso negli occhi di Richie, adesso.
Si sollevò sulle punte e gli scoccò un bacio su una tempia ricciuta.-Te lo meriti. Hai sofferto tanto per arrivare a questo momento.-
Richie appoggiò la fronte alla sua, le mani attorno alla sua vita stretta.-Poterlo condividere con te lo rende ancor piú bello.-
Eddie si morse una guancia. Erano le quattro del pomeriggio, c'era l'intera famiglia Tozier al piano di sotto, e a lui stava venendo una gran voglia di fare sesso.
Si distaccò, mettendosi al riparo dalle labbra tentatrici dell'altro, dal suo respiro sulla guancia, dalle sue dita flessuose sui fianchi.
-Ascolta...- Disse, cambiando argomento e grattandosi distrattamente la nuca.- Il gruppo voleva organizzarti una festa...-
Richie stava già per fare un saltello elettrizzato, ma il piú piccolo gli mise le mani sulle spalle.-Abbiamo annullato, perché mi hai detto di non voler festeggiare.-
Boccaccia mise il broncio, e a Eddie venne da ridere. Era un tale bambinone quand'era felice.
-Però,- Aggiunse, sorridendogli ammiccante.- non ci andava di lasciarti a secco, nel caso avessi cambiato idea. Rebecca ha organizzato un mega party a casa sua stasera. Non sarà per il tuo compleanno, ma é comunque una festa.-
Richie era tornato serio, ma sembrava sereno, gli angoli della bocca arcuati in un piccolo sorriso.-Mi dispiace avervi preso di contropiede. Non dev'essere stato facile organizzarsi con tutti i miei capricci, ho cambiato idea tre volte nel giro di due giorni.-
-Rich, non ti devi preoccupare.-Rispose allora l'altro, accarezzandogli un braccio.-Faremmo qualsiasi cosa pur di vederti felice.-
Boccaccia lasciò andare un sospiro sollevato e lo strinse di nuovo a sé, le mani grandi sulla sua schiena.-Sono cosí fortunato, Eddie.-
Per la prima volta in due anni, sentiva di poter ricominciare a respirare, e fin quando tenne il ragazzino stretto tra le braccia, dimenticò qualsiasi altro problema.

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