Domenica mattina Susie uscì di casa all'alba, lasciando un biglietto stropicciato sul tavolo della cucina.
Non era riuscita a chiudere occhio, e presa dalla particolare follia che si sperimenta solo quando i primi raggi del sole iniziano a scaldare l'orizzonte, aveva deciso di precipitarsi giù dal letto e andare da Stan.
Non prese neppure la macchina, perché per quanto avesse nelle gambe una gran fretta di raggiungerlo, il cuore le tremava nel petto. Camminava sfregando tra loro le mani gelide e sudate; l'umidità della notte aveva posato brina su ogni superficie, e Susie ne percepiva il freddo fin dentro le ossa, nonostante il cappotto di panno.
Erano state settimane a dir poco turbolente.
La richiesta di Nick di tornare insieme? Disgustosa, assurda e a dir poco inaspettata. Il fatto che Stan la ritenesse poco degna di fiducia? Deludente, doloroso e purtroppo vero.
Ma non per i motivi di cui lui era convinto.
Era da un po' che cercava di raccogliere dentro di sé il coraggio per rivelargli due segreti - entrambi dello stesso peso, seppur non della stessa gravità.
Il modo in cui Stan aveva reagito anche al solo pensiero che lei potesse nascondergli qualcosa l'aveva convinta a desistere, e se la sincerità che tanto millantava non fosse stata il suo orgoglio, si sarebbe accontentata di mentirgli ancora. Di dirgli che tra lei e Nick non ci sarebbe mai stato niente e farla finita.
Ma era una verità parziale, e Stan non meritava che gli si mentisse.
Impiegò mezz'ora per raggiungere la villetta degli Uris, una bella casa in legno chiaro, con scale e portico che affacciavano su un giardinetto tappezzato di fiori bianchi.
Non aveva avuto occasione di andarci spesso - ai genitori di Stan non piaceva che la casa fosse frequentata da ragazze - e soprattutto mai in veste di fidanzata. Gli Uris la credevano una semplice amica, come Beverly o Rebecca, e a lei era sempre andato bene così, non le importava che Stan confessasse ai suoi di star frequentando una ragazza non ebrea, perchè a quel punto, probabilmente, gli sarebbe stato impossibile continuare a vedersi.
Susie prese un profondo respiro: ormai dovevano essere le sette passate, l'intera famiglia sveglia.
Asciugò i palmi bagnati di sudore freddo sui lembi del cappotto e suonò una volta il campanello.
Due.
Tre.
Quattro.
Quando la signora Uris aprì la porta, era visibilmente seccata.
-Oh, Susan.- Disse, ammorbidendosi.-Buongiorno, cara...-
-Chi è?- Provenne una voce dalle scale, che purtroppo non apparteneva a Stan, ma a suo padre.
Susie iniziò a mordersi freneticamente le labbra.
-La figlia dei Gorman, caro!-
-Stan c'è, vero?- Chiese la ragazza immediatamente mentre la signora Uris tornava a concentrarsi su di lei.
C'era la concreta possibilità che avesse trascorso la nottata da qualcuno dei Perdenti. O che, peggio, avesse dato chiara disposizione ai suoi genitori di non farla entrare in casa e dire che era altrove.
-Sì, certo, però...- La donna si voltò di nuovo in direzione delle scale.-ne avete ancora per molto?-
-Sì!- Rispose ancora il marito.
Susie non poté fare a meno di chiedersi se Stan non volesse neppure degnarla del suono della sua voce.
La madre del giovane le rivolse un sorriso di circostanza.-Sono impegnati nella lettura della Torah, stamattina.-
Susie non poté trattenersi dal dare una sbirciata all'interno.-Posso aspettare.- Rispose.
-No, cara, non credo sia il caso.- Il tono della signora Uris era gentile, non sembrava stesse campando scuse, ma fu difficile per Susie trattenere una smorfia delusa.-Ci vorrà almeno un'ora. Perché non torni un'altra volta?-
Un'altra volta, forse, non avrebbe avuto ancora il fegato di presentarsi a casa di Stan per dirgli delle cose che avrebbero rovinato la loro relazione per sempre.
-Gli dirò che sei passata.-
Non credeva che a Stan sarebbe importato qualcosa. L'aveva ignorata per quasi due settimane dalla discussione davanti scuola - non si era neppure preoccupato di chiederle come stesse dopo che era crollata.
Anche se non poteva lamentarsi, lei si era comportata nello stesso modo. Ed era colpa sua se Stan era così arrabbiato.
Non dargli neppure una spiegazione le causava un male quasi fisico.
-Va bene, sì.- Disse, annuendo.-Buona giornata, signora Uris.-
-Anche a te, tesoro.- La donna richiuse la porta, e per un po' Susie valutò di andarsene davvero.
Di fare la brava codarda e chiamare Stan nel pomeriggio, risolvendo la questione per telefono, dove avrebbe potuto dargli rassicurazioni senza guardarlo negli occhi, mentendogli ancora e assicurandosi che la loro relazione tornasse quella di prima, senza più intoppi.
Ma non gli era stata lontana per quasi due settimane piangendo e tremando come una foglia - cercando consolazione tra le braccia di Richie - per infilare daccapo la polvere sotto al tappeto.
E a Stan sarebbe servito molto più di un "Ti assicuro che non ho intenzione di tornare con Nick" per digerire tutti i suoi silenzi.
Susie aveva a disposizione un sentimento - l'amore, come aveva realizzato da qualche tempo - che le avrebbe permesso di dargli tutte le certezze che voleva.
Amava Stan. Dal profondo del cuore. E voleva dirglielo, ma non senza confessargli il secondo segreto. Non voleva che la loro relazione proseguisse sull'onda di una bugia. Aveva visto quanto dannose fossero le menzogne, che effetto distruttivo avessero avuto sul rapporto tra Richie e Eddie.
E se anche a lei e Stan fosse successa la stessa cosa? E se, peggio ancora, lui avesse scoperto tutto attraverso qualcun altro?
Susie non aveva ancora raccontato a nessuno del fardello che si portava dentro, ma prima o poi avrebbe ceduto nel raccontarlo ad almeno uno dei Perdenti, e non dubitava che la voce sarebbe circolata, in un modo o nell'altro.
Scese i gradini del portico e, con un piccolo balzo, si issò sulla grondaia. Per sua fortuna, non era abbastanza pesante da sradicarla, com'era successo a Mike una volta che aveva tentato di infilarsi in camera di Melissa.
L'amica le raccontava spesso quella storia, con le lacrime agli occhi per le risate.
Susie salì sul tetto aggrappandosi alle tegole con le unghie, tirandosi su poco a poco mentre i piedi scivolavano sul cotto umido.
Avrebbe potuto suonare ancora al campanello e dire alla signora Uris che si sarebbe accomodata sul divano nell'attesa che quell'ora passasse, ma non voleva mettere nella testa di quella donna l'idea che ci fosse tra lei e Stan qualcosa più di un'amicizia e, soprattutto, Stan poteva davvero aver chiesto ai suoi di inventare una scusa. A quel punto la donna l'avrebbe mandata via a prescindere.
E poi, non le andava sul serio di rimanere tutta sola in quell'ampio salotto a rimuginare e aspettare che Stan scendesse le scale per fare una scenata di fronte ai suoi genitori.
Si rannicchiò di fronte alla finestra di camera sua, la schiena poggiata al vetro, e attese.
Stan l'avrebbe vista, prima o poi.
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White Lies - Reddie
FanfictionPuò un'innocente bugia sconvolgere per sempre le vite dei Perdenti? // Principalmente una Reddie (slowburn), ma non é esclusa la presenza di altre coppie. Contenuti 18+