In un'altra vita

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-Rich, giuro che se ci siamo persi...-
-Non ci siamo persi.- Interruppe il giovane, le mani sempre piú serrate sul volante.- Leggi bene quella fottuta cartina.- 
Eddie sbuffò e rigirò la mappa, tentando di resistere all'impulso di lanciare un'altra occhiata all'orologio da polso. Avevano tutto il tempo del mondo, la stanza del motel era stata prenotata e aspettava solo loro, l'esame sarebbe stato la mattina successiva, eppure il ragazzino si sentiva come se fossero già agli sgoccioli della clessidra.
Forse, oltre l'ansia per l'ammissione al college, era anche la presenza di Richie ad innervosirlo.
Sua madre non aveva sbagliato molto nelle sue supposizioni: non si erano lasciati – Eddie non avrebbe mai potuto, non per un motivo del genere – ma il loro rapporto era stato teso per tutta la settimana, si erano a stento parlati, visti, sfiorati.
Il ragazzino quasi non voleva ammetterlo a sé stesso, ma era sicuro che Richie ci fosse rimasto male per come l'aveva trattato. Eddie non avrebbe voluto arrabbiarsi così, aggredirlo in quel modo cieco, senza sentire ragioni, ma l'altro aveva sbagliato e, peggio ancora, era stato avvisato di non commettere quel genere di errore.
Eddie gli aveva fatto promettere di non presentarsi a casa sua senza preavviso e senza un colpo di telefono per capire quale fosse la situazione, e lui che aveva fatto? Aveva trasgredito tutte le regole che si erano preposti, perché era Richie Tozier, e figurarsi se poteva attenersi a quel che gli veniva detto.
Eddie si morse una guancia.
Era ancora la rabbia a farlo parlare – in realtà aveva sempre invidiato la sua impulsività, il suo coraggio, ma c'erano modi e maniere e tempi, e Richie era decisamente andato fuori tempo.
Con tutto quel che stava accadendo con sua madre, come aveva potuto pensare che un'improvvisata del genere avrebbe potuto essere una buona idea?
Sonia era ad un'infuriata di troppo dallo sbatterlo fuori casa – e alla fine l'aveva fatto, no? – perché Richie non ci aveva riflettuto?
Eddie si morse l'altra guancia.
Era anche un po' colpa sua. Perché gli aveva tenuto nascoste mille cose, non gli aveva detto di quanto la situazione fosse precipitata con Sonia, del dolore costante che lo affliggeva. Se gliene avesse parlato, se fosse stato sincero, Richie l'avrebbe rispettato: avrebbe rispettato le sue lacrime.
Però accidenti, Richie conosceva sua madre, avrebbe dovuto arrivarci da solo.
-Gira a destra.- Disse, monocorde come un automa, gli occhi puntati sulla cartina.
E poi, com'era venuto in mente a Sonia di dirgli quelle cose?
Eddie ci aveva pensato per tutta la settimana, aveva ripetuto nella sua testa mille e mille volte quella stessa frase: "Non saresti dovuto nascere nemmeno tu, come quel bastardello di tuo fratello maggiore".
Non era sorpreso della crudeltà di sua madre – ne aveva avuto prova più e più volte, anche a sue spese – ma come doveva essersi sentito Richie in quel momento? E come poteva confortarlo, se erano così distanti?
Era possibile che Richie pensasse che fosse d'accordo con sua madre? Dio, Eddie l'odiava per quel che gli aveva detto. L'avrebbe presa a schiaffi.
Ma in quel momento l'unica cosa che gli era parsa importante era stato il fatto che si era presentato a casa sua senza chiedere, facendosi beccare e condannandolo ad altri mesi di atroci silenzi e dolori.
-E ora?-
-Sempre dritto.-
Era stato egoista. Scioccamente egoista, dopo che per mesi si era caricato interamente di tutti i pesi per lasciare Richie libero di sorridere. Aveva vanificato i propri sforzi, come al solito.
Ma non poteva fare sempre la cosa giusta, no?
A volte doveva pensare anche a sé stesso, era istinto di sopravvivenza.
Sperava che Richie l'avrebbe capito.
-Alla rotonda che faccio?-
Eddie strizzò gli occhi, cercando di districare il fitto tessuto stradale rappresentato sulla mappa. Erano in viaggio da quattro ore, e iniziava a fargli male la testa.
-Eddie?-
-Aspetta, non ci capisco niente.-
-Non posso fermarmi nel bel mezzo della strada mentre cerchi di...-
-A sinistra.- Sbottò il ragazzino a quel punto, stropicciando la cartina tra le mani tremanti.-Smettila di essere così antipatico.-
Richie distolse per un istante gli occhi dalla strada, fulminandolo.-Sei tu che non sai leggere le cartine.-
-La prossima volta fallo tu.-
-E chi guida, sapientone?-
Eddie decise che era meglio lasciar perdere. Avevano già discusso dieci volte e non aveva le forze per un'undicesima.
Quel silenzio non passò inosservato a Richie, che lasciò andare un piccolo sospiro.-Che cos'è successo con tua madre?- Chiese, di punto in bianco, lasciando l'altro sorpreso e perplesso.
Com'erano passati dal beccarsi come galline all'interessarsi dei loro drammi familiari?
-Quando?- Domandò Eddie, perché con sua madre ne erano successe tante.
-Prima che partissimo. L'ho sentita urlarti dietro.-
Il ragazzino lanciò un'occhiata alla strada per assicurarsi che non stessero andando altrove, presi dalla conversazione.-Prendi la terza uscita.- Gli disse, sporgendosi per indicargli una delle strade secondarie che si aprivano ai lati dell'auto.-Ci è rimasta male perché non ti ho lasciato.-Aggiunse, sprofondando di nuovo nel sedile.
Richie non disse niente. Aveva le sopracciglia leggermente aggrottate, e Eddie si chiese a cosa stesse pensando. Forse anche lui non faceva altro che ascoltare e riascoltare la voce della signora Kaspbrak che gli gridava atrocità su sua madre e la sua famiglia. Forse anche a lui faceva male il solo ricordo.
Avrebbe voluto abbracciarlo. Dirgli che era tutto a posto, che avrebbero superato anche quell'assurda litigata, che avevano sbagliato entrambi ed era arrivato il momento di metterci una pietra sopra.
Ma c'era qualcosa, nello sguardo freddo di Richie, che gli fece pensare che non avrebbe accettato delle scuse. Per cui rimase in silenzio anche lui, le braccia strette al corpo mentre un brivido gli attraversava la schiena, e l'ansia di arrivare a destinazione si fece ancor più pressante.

White Lies - ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora