Equilibri

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Bill era sempre stato il capo dei Perdenti.
Aveva formato il gruppo originale con altri due compagni dell'asilo: Eddie Kaspbrak, asmatico e da poco orfano di padre, e Richie Tozier, il piú monello tra i bambini, che a quattro anni conosceva piú parolacce che lettere dell'alfabeto.
Henry Bowers li prendeva in giro già allora, tirandogli addosso sassi durante le pause in cortile, ma a Tartaglia, Boccaccia e Femminuccia importava ben poco.
Si erano sostenuti a vicenda per i successivi sei anni, tra le crisi ipocondriache di Eddie, le follie di Richie che puntualmente cacciavano tutti nei guai e... beh, Bill non aveva mai dato problemi a nessuno, in realtà.
Piaceva a chiunque, persino alla schizzinosissima mamma di Eddie e alla zia Pat, che alla morte del fratello si era trasferita in casa Kaspbrak per aiutare. Ma alla zia Pat piacevano tutti, le era simpatico anche Richie, quindi Bill non pensava di essere poi cosí speciale.
Andava a genio anche a Stanley, il timidissimo bambino ebreo che abitava vicino casa sua e che si rifiutava di rivolgere la parola a chiunque, se non in caso di morte.
Eddie e Richie rimasero sbigottiti quando lo sentirono per la prima volta rivolgersi amichevolmente a Bill per chiedergli della sua giornata.
Fu in occasione della scomparsa di Georgie che Tartaglia si ritrovò circondato da piú amici di quanti credesse di meritare: anche i suoi compagni delle medie, Mike Hanlon, Ben Hanscom e Beverly Marsh lo aiutarono come se Georgie fosse stato fratello loro.
Il bambino fu ritrovato una settimana dopo tra i boschi - giocando a nascondino era caduto in un canale di scolo ed era capitato chissà dove.
Durante quei sette giorni, Bill e gli altri fecero ricerche che duravano dall'alba al tramonto, saltando anche la scuola, e di notte i Perdenti si infilavano di nascosto in casa Denbrough, si stringevano attorno al loro amico e dormivano assieme a lui, per dargli conforto.
Tutti loro avrebbero dato la vita per Bill.
Beverly avrebbe dato la vita per Bill.
Era la migliore tra le persone che avesse mai incontrato: aveva sempre una parola gentile per tutti, un gesto di riguardo per gli amici piú cari, un cerotto in tasca per le sbucciature di Richie, un consiglio per la timidezza di Stan, un cioccolatino per la golosità di Mike.
Ma piú di qualsiasi altra cosa, aveva avuto sguardi furtivi per lei, e un fanciullesco rossore quando Beverly se ne accorgeva. E poi carezze, sfiori delicati come piume e rapidi come il vento quando gli altri Perdenti erano distratti, mani gentili pronte a sorreggerla quando inciampava, racconti di fate e creature lacustri di sera, seduti sul dondolo della villetta, sogni e ambizioni sussurrati alla cornetta del telefono in piena notte, e labbra morbide per baciarle le lacrime.
Bill le aveva dato, in pochi anni, piú amore di quanto avesse ricevuto in una vita intera.
Orfana di madre, abbandonata dal padre, raccolta dalla zia come un gattino randagio, Beverly aveva imparato sin da subito a cavarsela da sola e, soprattutto, a non fidarsi degli uomini.
Ma Bill era diverso dagli altri, splendeva di una luce cauta e armoniosa, che attraeva chiunque fuggisse dalle tenebre.
Non era sorpresa che qualsiasi persona, compresa lei, gli volesse bene.
Era sorpresa, però, di non riuscire ad amarlo.
Forse era troppo presto per un sentimento cosí importante.
Dopotutto stavano insieme da quanto? Quattro mesi?
E poi, avevano solo diciassette anni - può esistere l'amore quando si é cosí giovani?
Sua zia le aveva sempre detto di no, ma Amy era uno spirito amaro, e con il tempo Beverly aveva imparato a non chiederle consigli di cuore.
Tuttavia, sapeva di starsi autoconvincendo che sarebbe andato tutto bene, e che con il tempo avrebbe ricambiato sinceramente i suoi sentimenti.
Nel profondo del suo cuore, una voce gorgogliante sussurrava ad ogni ora del giorno e della notte che non sarebbe stata in grado di amarlo, che l'avrebbe spezzato, e che avrebbe spento la luce che lo circondava.
E questa cosa la terrorizzava ancor piú di perderlo, perché significava che l'avrebbero perso anche tutti gli altri.
Chi era Bill senza la sua gioia, senza il suo altruismo, la sua bontà?
Non voleva immaginare un mondo in cui il giovane era ridotto alla piú atroce delle aridità a causa sua.
Cosa avrebbe dovuto fare?
La ragione le diceva di aspettare, di attendere che il suo cuore fosse pronto ad aprirsi all'amore, lasciandolo ruggire in ogni vena.
Ma la coscienza scuciva la sottile tessitura delle sue speranze, lasciandola in preda al dubbio, e tormentata come non mai.
Si lambiccava ininterrottamente, persino durante l'ora della pausa pranzo, quando il suo cervello avrebbe dovuto essere cosí maciullato dalle lezioni di biochimica da non potersi dedicare ai dilemmi amorosi.
Eppure eccola lí, a mordicchiarsi l'unghia del pollice mentre sfilava fra i tavoli disposti nel cortile sul retro della scuola.
Tra la folla i suoi occhi intercettarono Bill - l'avrebbe riconosciuto ovunque, con le sue magliette a righe e i corti capelli color del rame.
Anche il ragazzo la vide, e la salutò da lontano, rivolgendole il piú amorevole dei sorrisi.
Beverly sentí una stretta al petto.
Sedette al posto che le era stato riservato, ricambiando il piccolo bacio a stampo del ragazzo.
-Ehi, piccioncini.- Era la voce di Richie, seduto davanti a loro con un tramezzino sbocconcellato in mano.-C'é gente che sta mangiando, qui.-
Bill abbassò il braccio con cui aveva cinto le spalle di Beverly, arrossendo; la ragazza fulminò Richie con lo sguardo, ma lui morse il sandwich senza darci troppo peso.
-Ho sentito che hai fatto la stronza con la mia ragazza.- Asserí ingoiando il boccone.
Rebecca, sotto il tavolo, toccò il suo ginocchio con il proprio, in una muta preghiera.
-E tu stai facendo lo stronzo con la mia.- Ribatté Bill, la cannuccia del succo di frutta tra i denti.
-Smettetela di fare i maschi alfa, non siete convincenti.- S'intromise Stan, suscitando un risolino generale.
-Tua madre mi ha trovato molto convincente ieri notte, Stanley.- Lo rimbottò Richie.
Gli altri Perdenti rimasero con il fiato sospeso, aspettando una reazione di Rebecca.
Ma la ragazza rimase in silenzio, i denti conficcati in una mela.
Per alcuni istanti, l'unico rumore udibile fu quello del frutto che veniva masticato.
-Temo ti sia confuso con la tua.- Rispose Stan infine, riprendendo a scartare il suo pranzo.
La discussione si interruppe lí, e improvvisamente furono tutti troppo impegnati a parlare del test di fisica fissato per la settimana ventura.
Tutti tranne Eddie.
Richie non avrebbe dovuto farci caso, ma quando il piccoletto non parlava, si rompevano tutti gli equilibri, e le altre voci non erano altro che un'orchestra cui mancasse lo strumento solista.
Avrebbe voluto parlargli, ma il suo orgoglio ferito glielo impediva.
Era ancora arrabbiato per come gli aveva attaccato il telefono in faccia e per i segreti che gli aveva nascosto.
Pensava di valere di piú per Eddie.
Pensava di essere il suo migliore amico.
Perché l'aveva trattato cosí? Gli aveva fatto qualcosa di male?
Aveva trascorso le ultime due settimane ad analizzare scrupolosamente ogni sua interazione con Eddie, e non gli sembrava di essere stato piú idiota del solito, quindi perché?
Improvvisamente il ragazzino incrociò il suo sguardo; Richie non si era neppure accorto di starlo fissando.
Si sentí attraversare dagli stessi brividi che gli avevano scosso le terminazioni nervose quando i loro occhi si erano incatenati, al concerto.
Annegò nel castano delle sue iridi, screziate di miele puro dalla luce che le colpiva.
Voleva vederlo sorridere, voleva che quegli occhi scuri risplendessero di gioia, ma c'era in essi solo un velo d'angoscia, e Richie si sentí toccare lo stomaco.
Ammaliato da quello sguardo, allungò una mano verso l'altro capo del tavolo e afferrò il braccio di Eddie.
Questi sobbalzò per il gesto inaspettato, ma la presa di Richie era salda, e non lo lasciò andare.
Il giovane si alzò e lo tirò via con sé.
Il ragazzino lasciò il tavolo con riluttanza, tra lo sgomento dei Perdenti, sgambettando dietro al passo svelto di Richie.
-Dove stiamo andando?- Gli chiese bruscamente.
L'altro non rispose, continuò solo a tenerlo per il polso e, se quella stretta non fosse stata quasi dolorosa, Eddie avrebbe voluto durasse in eterno.

White Lies - ReddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora