29. Il villaggio

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Proseguirono sulle rotaie ancora per un'altra oretta, poi tornarono ad addentrarsi nella foresta. La vegetazione in quella zona era leggermente diversa, meno impervia e soffocante. Un'aria fredda e umida riusciva a penetrare tra i tronchi degli alberi. O forse era l'incertezza di quello che li attendeva a provocare quei brividi.

Finalmente, in lontananza, cominciarono a scorgere un accampamento.

Thea li fermò all'improvviso e si voltò verso i ragazzi, ancora legati, scura in volto.

«Il comandante non sarà clemente come lo siamo stati noi. Vi voglio preparare. Non è la prima volta che dei superstiti di qualche arca si alleano con quei... Avete capito. Abbiamo perso molti uomini, più di quanto voi riusciate a immaginare. Ora non siamo più disposti a morire, vogliamo lottare. Vogliamo non avere più paura. Voi e quegli... esseri, avevate una cosa in comune: cercavate il nostro villaggio. Per questo vi abbiamo dovuto catturare.»

«Perché gli stai rivelando tutto ciò?!» gridò Samuel, sconvolto, levandosi la maschera.

«Il mio sesto senso mi dice che non sono malvagi» rispose il capo con distacco.

«Non tocca a te decidere!» ribatté l'uomo.

Ma la compagna, con un semplice cenno del capo, ordinò loro di proseguire la marcia.

Ulrik deglutì a fatica, la sua gola era arsa dall'agitazione.

Aveva immaginato che mantenendo un atteggiamento calmo e imperturbabile, senza colpi di testa, piani di fuga o altre aggressioni, il gruppo avrebbe potuto cambiare opinione su di loro.

La missione stava per compiersi. Erano arrivati al villaggio e non poteva non provare, nel profondo, un'enorme e assurda felicità: erano atterrati a miglia e miglia di distanza, avevano attraversato zone critiche e rischiose, spesso rantolando nel buio. Ma ce l'avevano fatta. Tra poco, varcando quella recinzione.

La missione sarebbe stata compiuta.

Lo sentiva dentro le ossa, il senso del dovere, la tensione costante che aveva avuto in tutti quei lunghi ed estenuanti giorni di cammino, in cui l'angoscia e la disperazione facevano capolino pedissequamente nel suo animo, sentiva che tutto cominciava ad allentarsi.

Ce l'avevano fatta.

Erano arrivati.

Si sarebbe sistemato tutto.

Era l'unico a crederlo, nel gruppo.

Shani aveva ancora gli occhi rossi, Kuran e Tomas avevano un pallore malato in volto, Hans respirava a fatica e sentiva le gambe molli, Eva...Eva aveva un pessimo presentimento.

La ragazzina aveva sofferto di allucinazioni uditive da quando avevano abbandonato la vecchia ferrovia. Le voci parevano quasi provenire dalla corteccia degli alberi e le affollavano la testa con inquietanti messaggi di pericolo.

Scappa, fuggi, mettiti in salvo...

Umana!

Zittirle era impossibile, più cercava di scacciarle più queste urlavano alle sue orecchia a gran voce e il loro suono gli rimbombava nella mente a lungo. L'unico modo era tentare di stare lontana da foglie e rami, per quanto le era possibile, e concentrarsi su ricordi positivi. Un prato infinito ricoperto di fiori gialli e rossi, il tramonto oltre le montagne, il lago immerso nella foresta, le braccia calde di Ulrik che la stringeva forte contro il suo petto...

D'altra parte, non avevano altra scelta che avanzare.

Il villaggio era cinto da ampi pali in legno, a una distanza approssimativamente simile. All'entrata, un uomo con una divisa da aviatore li accolse con un cenno del capo, come se li stesse aspettando. Suonò una campana d'ottone che produsse un suono molto sgradevole che si riverberò nella valle intera. Poi corse verso l'interno, probabilmente per avvisare gli altri del loro arrivo.

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora