9. Jake Hamilton.

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Il cellulare era stato spento e infilato nel cruscotto. Mja era scesa dalla Mercedes E-Class bianca con I vetri oscurati e non aveva potuto fare a meno di fermarsi per un attimo davanti al cancello della tenuta degli Hamilton.
Osservava in silenzio le luci accese della casa: il lungo viale centrale era illuminato e ai suoi lati le piante ed i fiori creavano un corridoio d'ingresso che profumava tutto l'anno.
Lo stile coloniale della casa si addiceva perfettamente agli Hamilton anche se Mja sentiva di non appartenere del tutto a quella vita, come se a volte si sentiva una perfetta estranea, come se le mancasse qualcosa.
Hamilton non era neanche il suo vero cognome.
Mja viveva da sempre con la sensazione che c'era di più oltre a ciò che la vita riservato ed era frustrante perché non riusciva a capire cosa.
Si era appoggiata contro lo sportello ed aveva incrociato le braccia al petto prendendosi qualche minuto per pensare prima di entrare.
Il freddo pungente della sera l'aiutava a rimanere vigile e sveglia.
Aveva tirato fuori le sigarette dalla tasca del Moncler ma, poco dopo, la sua attenzione era stata catturata da un movimento alla sua destra: Jake si stava lentamente avvicinando, a piedi, stretto nel suo Fendi blu a mezza gamba.
Gli occhi di Mja si era concentrati sul suo viso.
Suo fratello era teso, aveva un'espressione seria e rigida, quasi incazzata.

Come sempre d'altronde.

« Hai intenzione di entrare o aspetterai il giardiniere fino a domani mattina? » le aveva chiesto voce bassa.
« Sto fumando. » Mja aveva incastrato il filtro tra le labbra ed aveva abbassato lo sguardo.
Jake si era avvicinato, aveva allungato la mano ed aveva sottratto la sigaretta a Mja portandosela alle labbra « Stavi. Andiamo. »  e senza lasciarle il tempo di ribattere aveva passato la scheda magnetica nel lettore digitale. Un BIP aveva fatto scattare la serratura elettrica del cancello.
Mja aveva roteato lo sguardo al cielo stellato, aveva sbuffato e poi era salita in macchina. « Quando arrivano mamma e papà? » aveva deciso di spezzare il silenzio.
Jake era montato in macchina poco dopo il loro ingresso alla tenuta. Non la guardava, non parlava, respirava e basta, più taciturno del solito.
Lei aveva rallentato in prossimità della fontana centrale, a pochi metri dalla scalinata d'ingresso.
« Il venti alle diciotto. » liquidandola. Poi di nuovo il nulla. Nessuna parola.

La tensione tra loro si poteva tranquillamente tagliare con un coltello.

Parcheggiandosi poco distante dalle scale, vicino al Q8 di Samuel, si era voltata a guardare Jake ma lui era già pronto a scendere come se presenza di Mja fosse fastidiosa a tal punto da costringerlo a scappare.
« Jake! »
La voce di Mja era stata coperta dal rumore della portiera le veniva chiusa in faccia.
Due minuti dopo era entrata in casa anche lei: il calore dei riscaldamenti e del camino l'aveva avvolta all'istante stringendole però la gola in una morsa « Ma che problemi avete? L'Alaska è un po' più a Nord. »
Il primo a parlare era stato Samuel che si era avvicinato a Mja, ridendo divertito  « Io non c'entro. » aveva scosso la testa « Daniel ha qualche problema con il termostato. »
« Io non ho problemi con nessuno. » aveva risposto il gemello passando dietro le sue spalle con lo sguardo basso, sul cellulare.
Mja aveva accennato un sorriso divertito e si era spogliata del cappotto, appendendolo all'ingresso. Samuel la stava aspettando con il gomito alzato, pronto per accompagnarla a braccetto in salone « Bentornata, comunque. Vedo che sei in forma. » un mormorio basso ed un sorriso affettuoso ad illuminargli il viso.
« Ci sto lavorando. » stringendo un po' la mano sul maglione del fratello.
« Si vede. Sembri più rilassata. »
« Sam. »
« Jake non ha fatto altro che domandare se saresti venuta, quando saresti arrivata, se avevamo preso il tuo vino preferito, se avevamo aggiustato il termostato... » aveva confidato Samuel, mentre attraversavano il lungo corridoio.
Quella confidenza aveva reso sospettosa Mja e visto il modo in cui si era comportato Jake, faceva fatica a credergli « Davvero? E questo prima o dopo essersi infilato una scopa nel culo? » retorica « Ha uno strano modo di dimostrare le cose. »
La fragorosa risata di Samuel era scoppiata all'improvviso in salone e aveva fatto voltare tutti i fratelli.
Mja aveva sorriso e l'occhiata lanciata a Jake era di pura eloquenza.
Jake sembrava ignorarla totalmente e si era accomodato sul divano con un braccio teso sullo schienale, le gambe muscolose divaricate e l'altro braccio appoggiato sul bracciolo in pelle con il bicchiere di vino stretto nella mano. Aveva l'espressione soddisfatta, quasi di sfida, sì. A sfidarla di provare a rimproverarlo di qualcosa.
« Mja siediti, così iniziamo. Prenditi il vino. Io torno subito. » Samuel le aveva dato una serie di suggerimenti e lei aveva scavalcato il tavolino basso tra i divani, sotto le risate e le battute dei fratelli per arrivare direttamente al punto in cui era seduto Jake.
Lui continuava a guardarla con una specie di ghigno sulle labbra, seguendola con lo sguardo.
Samuel era tornato in soggiorno vittorioso, con posaceneri e altro vino, aveva preso posto sulla poltrona impegnando il cavatappi sulla bottiglia  « Allora, intanto parliamo di mamma e papà: arriveranno il diciotto, alle venti. » attirando l'attenzione di tutti.

Mja, in quel momento si era voltata di scatto verso Samuel « Il diciotto? Non era il venti? » ancora non si era seduta ma aveva sentito il piede di suo fratello Alexander dietro le sue cosce, che la incitava a spostarsi. 
« No, Mja. Il diciotto. E' una settimana che ci ripetono che hanno anticipato la partenza. » alzando lo sguardo su di lei. Con uno strattone ben assestato aveva estratto il tappo in sughero.
Era sceso il silenzio.
Con una smorfia aveva increspato le labbra abbassando lentamente lo sguardo verso Jake allungando il braccio verso di lui per strappargli via il bicchiere dalla mano.
Mja l'aveva sfidato, voleva che provasse a dirle qualcosa.
Quel gesto inaspettato aveva lasciato tutti in sospeso.
 Lui si era fatto serio in viso e guardava Mja in maniera truce dal basso verso l'alto.

« Cinque minuti fa mi hai detto il venti, alle diciotto. » il tono era basso, controllato ma stizzoso.
Le aveva mentito.
« Davvero? Non me n'ero accorto. Pensavo di averti detto alle venti, del diciotto. »

Silenzio.

« Ssssì. Comunque... » Samuel si era schiarito la voce e aveva cercato di superare il momento di tensione, provando a recuperare l'attenzione della famiglia « Appurato questo, cerchiamo di capire cosa fare al Ringraziamento: chi porta chi, chi cucina cosa. » e mentre versava l'ennesimo bicchiere di vino per passarlo ad Alexander manteneva lo sguardo su Mja e Jake.
Questa cosa poteva essere pericolosa.
Gli altri fratelli erano intenti a godersi la scena, mentre fumavano, bevevano ed aspettavano che qualcuno facesse qualcosa per dividerli o quantomeno allontanarli. Era ovvio che qualcosa stava succedendo lì dentro ma pur non conoscendo i dettagli ognuno rimaneva al proprio posto per evitare che Jake si alterasse.
Le questioni tra lui e Mja venivano risolte soltanto tra Jake e Mja. Raramente qualcuno metteva bocca a meno che non fosse una situazione allarmante. 
Lei aveva abbassato lo sguardo con una smorfia di disgusto sul viso, prima di scansarsi e allontanarsi dal gruppo, imboccando il corridoio.

« Mja! » Samuel si era alzato in piedi. Una manciata di secondi dopo aveva fissato Jake con sguardo truce « Se la fai scappare un'altra volta il prossimo ad andarsene sarai tu, giuro su Dio, Jake.» la velata minaccia non sembrava comunque aver sortito l'effetto sperato.

Jake dal canto suo aveva seguito Mja con lo sguardo vedendola allontanarsi e lanciando un'occhiata ai fratelli si era alzato poi in piedi, raggiungendo Samuel con una falcata « Siediti, Samuel e rilassati. Stappa un'altra bottiglia di vino, noi torniamo subito. » dandogli una pacca non troppo amichevole sul deltoide.

Jake si muoveva con passo silenzioso: indossava una camicia nera a maniche lunghe ed un paio di slim-fit grigi, aderenti alle cosce, che delineavano perfettamente le gambe muscolose; era un uomo molto bello, avvolto da un'aura autoritaria e pericolosa.
Dopo aver sorpassato il salone e la cucina, aveva imboccato il corridoio diretto alla terrazza dove sapeva avrebbe trovato Mja; lei adorava la vista su Toronto, avere ai suoi piedi la città era una cosa che sapeva le infondeva sicurezza e potere. Rallentato il passo in prossimità della porta-finestra, le aveva guardato le spalle, la schiena, i glutei e le gambe e dopo averla guardata era uscito sulla terrazza, avendo avuto premura di richiudere il vetro scorrevole alle sue spalle.
Erano soli, finalmente.
Dopo aver fatto qualche passo per avvicinarsi alle spalle di Mja si era sistemato proprio dietro la sua schiena facendola collimare con il suo petto, senza proferire parola.

Mja non si era spaventata, si aspettava che qualcuno l'avesse seguita e dal profumo aveva capito che quella persona era proprio Jake, specie nel momento in cui lui aveva appoggiato la guancia contro la sua testa per avere la bocca a portata di orecchio.

Con le spalle un po' curve su di lei, data la stazza, sembrava volerla avvolgere per non farle sentire freddo « Mi dispiace. » due parole sussurrate.
Mja in quel momento combatteva con la voglia impellente di voltarsi e prenderlo a schiaffi come se non ci fosse un domani ma era rimasta in silenzio, arricciando le labbra in un sorriso aspro, amareggiato.
« Volevo farti capire come ci si sente ad essere traditi dalla persona di cui ti fidi di più al mondo. » in quel momento le mani di Jake si erano spostate sugli avambracci ormai gelidi della sorella, in un tocco confortevole.
Mja non sembrava avvertire freddo ma certo era che il calore dei suoi palmi era confortevole, la vicinanza con il suo corpo la riscaldava ma allo stesso tempo avrebbe voluto spingerlo via con tutta la forza che aveva dentro « Io non l'ho mai fatto Jake e il fatto che tu ti senta tradito da me perché ho una relazione con un uomo questa la dice lunga su di te, ma non su di me. »
Quelle parole avevano colpito Jake come una frustata in pieno viso ma sapeva che Mja aveva ragione. Aveva rafforzato la presa sulle sue braccia esili scivolando poi direttamente alle sue mani per incrociare le sue dita « Lo so. » un soffio sui suoi capelli biondi, prima di appoggiare la fronte contro la sua nuca: aveva ispirato il suo profumo a fondo « Mon posso pensare di tenerti legata a me per tutta la vita ma ci ho sperato fino alla fine. » quella era una verità dura e pesante da digerire ma necessaria per andare avanti.
Mja aveva inspirato profondamente: era stanca di tutta quella situazione.

Era complicato, era irragionevole, era immorale.

La necessità di Mja di dover dividere il contatto con Jake per non alimentare null'altro di cui si sarebbe potuta pentire era diventato impellente ed aveva provato a svincolare le mani da quelle di suo fratello, che l'aveva lasciata andare non senza tentare di voltarla per guardarla negli occhi.
« Mja. »
« No, Jake, adesso devi starmi a sentire. » si era voltata. In quello sguardo aveva letto tutto ciò che sperava non dover mai trovare: l'amore. Aveva preso un profondo sospiro mentre i suoi occhi si erano gonfiati di lacrime. Era nervosa, era insofferente, era stanca: per tutta la vita non aveva fatto altro che evitare uomini, evitare circostanze, evitare sentimenti, aveva dato sempre a lui l'opportunità di non essere ferito ma alla fine più provava ad evitare, per lui, il dolore, più in realtà faceva del male a sé stessa.
Jake era rimasto in silenzio per una manciata di secondi « Ti ascolto. » gli occhi neri del secondogenito Hamilton si erano tuffati in quelli grigi di Mja.
« Non devi, Jake. » aveva incalzato.

Come se si potesse scegliere chi amare.

« Non puoi, non possiamo, non è possibile. » la voce di Mja era ferma, risoluta.
Jake la guardava ma dopo quelle parole aveva sorriso, amareggiato, insofferente « Tu credi che sia uno scherzo questo? Che io dica basta e tutto finisca ? Come per magia? » era retorico naturalmente, lui combatteva costantemente contro i suoi sentimenti e lei non se ne rendeva conto.
« Non intendevo... » ma era stata interrotta dal gesto di stizza di Jake.
Lui aveva mollato la presa sulle sue braccia, il contatto era stato spezzato « No-no. » si era affrettato ad aggiungere, dopo averla interrotta « tu pensi ci sia un bottoncino per spegnere ed accendere i sentimenti? » ... « Dimmi, Mja, perchè detto da te. » con scherno Jake aveva indietreggiato di un paio di passi per assicurare una distanza minima di sicurezza: era necessario che si controllasse per evitare di prenderle il viso e baciarla come se nient'altro al mondo avesse importanza.
« Tu mi ami tanto perché in realtà non puoi avermi ma non ti accorgi che... » aveva provato a dire Mja ma Jake era intervenuto, di nuovo, per finire la sua frase.
« Non mi accorgo di cosa? COSA?» ... « Pensi di avere la verità in tasca ma in realtà dell'amore non sai nulla, Mja e forse non lo saprai mai perché hai troppa paura di rischiare di farti male. » glielo stava vomitando addosso « La verità è che pure con Thomas hai sbagliato perché hai provato a renderlo geloso di te solo per vedere se fosse assoggettato come tutti gli altri poveri stronzi che ti si sono avvicinati ma non ti sei accorta che stavi sminuendo te stessa e offendendo lui. » aveva infittito lo sguardo « L'hai usato per i tuoi scopi esistenziali da donna insicura e la colpa non è sua se vi siete lasciati ma TUA, Mja, sei tu la responsabile del vostro fallimento. Se lui sta con un'altra è perché tu non sei stata all'altezza. Lui è Thomas Anderson, lo sai che significa? »

Amen.

Jake aveva fatto un passo avanti per avvicinarsi a Mja.
Il silenzio ad accompagnarli.

Mja era consapevole di tutto e sapeva che con Thomas era stato da subito TUTTO diverso.
Thomas non era come tutti gli altri poveri stronzi che le si erano avvicinati.
Aveva e stava soffrendo per lui, cosa che non era mai capitata con nessuno prima di quel momento.

Aveva alzato gli occhi al cielo stellato con l'intenzione di prendere le distanze e a bloccare un'ipotetica avanzata di Jake « Hai finito? » non c'era traccia di emozione nel tono della voce e quel dettaglio aveva reso instabile Jake che si era fermato ad un paio di passi da lei: la guardava dritta in volto ma lei invece sembrava più interessata a fare l'astronoma.
Jake sapeva che quando Mja si comportava così era perché l'aveva ferita ed era consapevole di aver fatto una cosa crudele.
« Neanche riesci a guardarmi in faccia. » 
A quel punto Mja aveva abbassato il mento, fatto calare il suo sguardo come una ghigliottina « Ti senti meglio adesso? »
Jake aveva riprovato ad avvicinarla piazzandosi proprio di fronte a lei: aveva allungato la mancina per sfiorarle il mento « No. Vorrei che tu, Mja, ti sentissi meglio. » aveva mormorato, facendo un po' di pressione sulla sua pelle, con il pollice.
Sul suo volto non c'era più traccia dell'espressione dura di poco prima: il tormento sembrava essere svanito.
Si sentiva completo quando si trovava con Mja ed averla lì sotto le sue mani era una delle sensazioni più belle che avesse mai sperimentato in vita sua.
« Jake devi capire che io non posso evitare gli uomini. » "per te" avrebbe voluto aggiungere. 
« Lo so ma vorrei che evitassi quelli sbagliati. » aveva accennato un sorriso, come bandiera di pace.
« Non puoi proteggermi per tutta la vita. »
« Questo lascialo decidere a me. »
« No. »  

Aveva ragione Daniel: Mja per Jake non era mai stata una sorella.

« Tanto sai che lo farò. » il commento divertito di Jake aveva fatto sorridere Mja  « Non avremo lo stesso codice genetico ma sei mia sorella. No? »
« Vedi di ricordartelo, ogni tanto. » aveva risposto lei, eloquente. 
« Ogni tanto. » aveva fatto una smorfia, di dissenso « Dovrei ricordarmelo e basta. »
« Sì, dovresti, Jake, se non altro risparmierai sull'analista. »
« Non sei affatto simpatica. »
« Non è vero. »
« Lo so. »



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