Mja era entrata nello studio di suo fratello Samuel e la segretaria, nel vederla, era scattata in piedi come fosse stata punta da un'ape « Avverto Samuel che... » ma Mja l'aveva interrotta con un gesto della mano ed era passata direttamente oltre il desk.
« Faccio da me. » con tono asciutto, senza preoccuparsi di guardarla. Quando aveva aperto la porta dell'ufficio, aveva subito notato i progetti stesi sul tavolo da disegno, con Jake che dava l'impressione di volerli mangiare.
Lo studio di Architettura & Design dei fratelli Hamilton, andava alla grande: Samuel e Daniel erano molto stimati, molto richiesti e molto amati, specie per i loro modi affabili e per la forte empatia che mostravano con le persone. Gemelli omozigoti, classe 1986, avevano fatto della loro eleganza un lavoro e ora si godevano i benefici del successo.
« Mja, finalmente! » a braccia aperte e con lo sguardo disperato, Samuel aveva scosso la testa e la guardava « Non ne posso più. Fallo ragionare perché altrimenti io passo la palla a qualcun altro! »
In quel momento Mja si stava spogliando di borsa e cappotto, abbandonandoli sulla prima sedia libera a tiro « Calmati Samuel, non fare il melodrammatico. » gli aveva risposto avvicinandosi preoccupata al tavolo. Mentre slacciava i bottoni delle maniche della camicia arrotolandole sugli avambracci, guardava i disegni domandandosi quale fosse il problema: perché Jake stava facendo tante storie ?
Gli occhi grigi di Mja si erano posati sul profilo di Jake: suo fratello aveva dei lineamenti molto particolari, i suoi tratti erano delicati eppure in quel momento andavano in contrasto con le emozioni che stava sprigionando perché dava l'impressione che avrebbe potuto sfondare il tavolo con un pugno, se solo avesse voluto.
Dopo essersi affiancata a Jake, aveva lanciato anche un'occhiata eloquente a Samuel e lui a quel punto si era voltato dando loro spazio per consultarsi. A Mja bastava poco per farsi capire, quando si trattava di Jake nessuno voleva averci niente a che fare e tutti davano questa responsabilità a Mja.
C'era un motivo.
« Qual è il problema? » aveva domandato lei. Il tono contenuto, basso. Spalla contro spalla aveva allungato la mano destra verso il primo progetto « Anziché mangiare tuo fratello, rifletti. » aveva detto a Jake dopo avergli indicato la zona interessata sul disegno. Aveva poi preso l'evidenziatore dal portamatite appeso al tavolo e aveva tracciato due linee parallele come per creare un corridoio tra i loro uffici « Non serve buttare giù TUTTO il muro ma... »
« No. » insoddisfatto, Jake, si era tirato su con la schiena. Nel suo metro e ottanta, con le spalle larghe e i bicipiti ben allenati, aveva incrociato le braccia al petto ed aveva preso a guardarla « Dove sei stata? » sembrava mostrare un ché di indifferenza, noia.
A quella domanda Samuel si era voltato per guardare sua sorella.
« Avevo da fare. » lo sguardo di Mja era passato da Samuel a Jake.
Samuel era tornato sul suo computer: era in piedi, di spalle e naturalmente aveva sentito tutto.
« Ho aspettato tutto il pomeriggio che muovessi il culo per finire di sistemare i progetti e quando ti chiedo cosa ci fosse di più importante di... » "me?" avrebbe voluto aggiungere Mja « questo. » Jake indicava i progetti « Mi dici che avevi da fare? » non era esattamente il ritratto della tranquillità, specie con Mja.
« Ti ho detto che ho avuto da fare. » aveva quasi ringhiato, in tutta risposta, mantenendo comunque una mood fintamente tranquilla.
Samuel era rimasto di spalle e faceva finta di nulla, ma ascoltava.
Dopo una manciata di secondi, Mja aveva incrociato le braccia al petto « Dovevo incontrarmi con l'avvocato Anderson. »
Dopo quelle cinque brevi parole, era sceso il gelo nella stanza.
Samuel si era voltato lento ma sospettoso « Anderson-chi? »Era evidente che ci fosse più di un Anderson in circolazione.
« Thomas. » aveva risposto, guardando Jake con la sola coda dell'occhio.
« Cosa ci sei andata da fare da quello? » le aveva chiesto Samuel mentre completava il giro su sé stesso e incrociava le braccia al petto.
« QUELLO » infastidita « ha un nome ed ha avuto la decenza di incontrarmi di persona visto che nessuno in tutto il Canada e nello Stato di New York ha voluto farlo. »
Dopo circa cinque secondi da quelle parole, Jake, nel superarla, le aveva dato anche una leggera spallata; si era fermato un paio di passi dopo di lei ma non la guardava, le offriva solo il profilo « E cosa ti ha detto? » il suo tono di voce era basso, profondo, come uscito dalla bocca dell'inferno.
Mja guardava Samuel piuttosto che Jake ed aveva ignorato la sua spallata « Non ti riguarda. » il suo sguardo trasudava fermezza, sicurezza e una punta di sfida.
« E' una stronzata! Lo vuoi capire? » aveva sbottato Samuel con la voce alterata.
Mja avvertiva la rabbia montarle dentro, salirle dallo stomaco « Non alzare la voce con me. » l'aveva ammonito con freddezza e quando si era voltata nella speranza di trovare conforto in Jake, aveva scoperto che lui invece guardava Samuel con un'aria assassina nello sguardo.
Secondo Jake nessuno al mondo poteva permettersi di rivolgersi a Mja in quel modo, tantomeno i suoi fratelli « Firma i progetti, Samuel. Mja ha fatto delle modifiche. Chiedi i permessi, fai quello che devi fare ed inizia la ristrutturazione. » era un ordine, quello « Mja. Andiamo. »
Dopo quelle parole, il cellulare di Mja aveva iniziato a vibrare: i documenti erano pronti, la sua segretaria aveva allegato tutto in un file pdf. Aveva letto tutto di sfuggita, si era presa qualche secondo per riflettere prima di rispondere a Jake « No. Ho da fare. Ci vediamo dopo. »
Dopo quella risposta, senza neanche tentare di dissuaderla, il CEO delle Hamilton's Industries di Toronto aveva imboccato l'uscita.
La porta aveva sbattuto violentemente e fatto vibrare i vetri delle finestre.
L'aria era satura di tensione.
Mja aveva spostato lo sguardo verso Samuel: la motivazione era tutta nei suoi occhi grigi ed in quel momento era più tangibile che mai.***
Quella sera, dopo cena, si era presa del tempo per rileggere il file mandato da Ashley, la sua assistente. Vestita per la notte con una camicia di seta grigia, si era seduta sul divano: a farle compagnia c'era il fuoco scoppiettante nel camino. Era quasi l'una di notte e i suoi pensieri erano volati direttamente a Thomas: ripensava alle linee del suo viso, alla forma delle labbra, al colore e all'intensità dello sguardo e al suo profumo.
Il ricordo della loro stretta di mano le aveva fatto pizzicare il palmo, come se proprio in quel punto fosse stata colpita da piccole scariche elettriche e ne fosse rimasta scottata.
L'aveva anche guardata, quella mano, come se la sola ovvietà non le bastava: non si era bruciata, l'aveva visto chiaramente ma la sensazione che aveva era più o meno la stessa.
Dopo il breve viaggio mentale, aveva accavallato le gambe e acceso una sigaretta mentre stava rifletteva sul da farsi: una volta inviata l'email a Thomas non sarebbe potuta più tornare indietro.
In compagnia del suo bicchiere di vino, dopo aver dato una smossa alla folta chioma bionda aveva preso un bel respiro: le sue dita avevano iniziato a muoversi veloci stringendo il cellulare.L'invio del documento con qualche parola circostanziale era andato a buon fine.
Immediata era stata la risposta di Thomas.Dopo due ore di orologio, erano ancora lì a scambiarsi e-mail e tutto Mja poteva immaginare tranne che si sarebbe trovata a sorridere più volte di quante ne era riuscita a contare.
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Never
Romance[ TESTO IN REVISIONE. VERRANNO APPORTATE MODIFICHE. ] Toronto, Canada. La ventottenne Mja Hamilton decide di prendere in pugno la sua vita e cambiare il suo cognome : il destino ci mette lo zampino, cambiando le carte in tavola e dandole una mano...