26~anormalità~✓

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In parte ho paura di scoprire cosa vedrò una volta attraversata quella porta, ma da dall'altra sono curioso, in ansia perché finalmente posso vederla. Ancora molto titubante porto la mano sulla maniglia e dopo un bel sospiro la abbasso per poi aprire la porta.
Eccola. Finalmente è qui davanti a me, anche se non può né vedermi né sentirmi.
Mi avvicino molto lentamente al letto dove Bella è sdraiata e nel vederla quasi mi si forma un nodo in gola. Sì, è sempre la stessa, ma il suo viso è ricoperto di lividi, il corpo anche e tutti quei tubi e macchinari che la tengono in vita mi fanno girare la testa, mi sento quasi mancare le gambe e uno strato velato mi copre la vista. Le lacrime iniziano a cadere come pioggia e le gambe sembra siano scomparse.
Come farò ad andare avanti da solo, quando siamo sempre stati in due a gestire tutto?
No, basta. Perché mi faccio sempre troppi problemi? Lei a quest'ora si sarebbe fatta forza per entrambi e avrebbe fatto del suo meglio per andare avanti. Non posso essere da meno, anche se siamo sempre stati molto diversi.
Tiro un sospiro e mi avvicino ancora di più per poi poggiare una mano sulla sua. Il contatto mi trasmette sicurezza, mi tranquillizza, come se in realtà lei fosse sveglia e mi stesse rassicurando e mi dicesse "su dai, fatti forza, ne hai superate tante, supererai anche questa".
Sento dietro di me dei passi abbastanza acquattati avvicinarsi al letto e poi poggiarmi una mano sulla spalla. Anche Anne è entrata a vedere sua figlia.
<Hey caro...fa strano vederla così vero?>
La voce le diventa sempre più soffocata finché non scoppia a piangere. Capisco perché provo anch'io lo stesso dolore che sta sopportando lei adesso.
<Anne, lo so, è dura...e fa male, ma siamo una famiglia e dobbiamo rimanere uniti, per lei>.
<Ma certo...e sappi che non sei solo. Noi tutti ti daremo una mano>.
<Lo so, ma vorrei provare ad occuparmi di lavoro e famiglia senza l'aiuto di altri...>.
<Ma Xavier, come farai a gestire la casa, la famiglia e il lavoro tutto da solo, è impossibile!>.
<Ce la farò...magari ogni tanto mi darai una mano a tenere in ordine la casa o a stare assieme ad Alyssa, ma mi organizzerò in modo tale da riuscire a gestire tutto>.
<Sai che impazzirai così, vero?>.
<Si, ma devo prendermi qualche responsabilità visto che ho sempre lasciato fare tutto a Bella senza che le dessi quasi mai una mano. Io andavo a lavoro tutto il giorno e quando tornavo avevo già il piatto servito a tavola. Troppo facile così la vita.>.
<Ma caro, è così che funziona la vita...la donna accudisce la casa e la famiglia mentre l'uomo fatica durante il giorno per portare a casa il cibo...è una cosa normale>.
<Avrei voluto fare di più...essere più presente per lei e invece per colpa del mio cazzo di lavoro non ho mai avuto nemmeno una settimana di vacanze da passare con lei. Anche se Bella non si è mai lamentata e mi ha sempre parlato col sorriso stampato in viso, so che in realtà soffriva perché voleva avermi accanto, ma che posso farci? Non posso ignorare il lavoro per la famiglia...>.
<Non devi essere arrabbiato per ciò che fai, anzi devi essere grato di poterlo fare. Certo è impegnativo, non passi molto tempo in famiglia, ma non hai idea di quante persone supporti con il tuo lavoro. Nelle tue mani hai l'economia di tutto il paese e senza di te crollerebbe tutto. Sì, è una grossa responsabilità, ma dovrebbe suscitare in te molto orgoglio. Bella è orgogliosa di te, me lo dice sempre al telefono quando ci sentiamo, così come lo sono Aurora ed Alyssa>.
Non avevo mai pensato a quest'aspetto e soprattutto non immaginavo che Bella fosse orgogliosa per ciò che faccio. Questa idea suscita in me una sorta di conforto, come se il pensiero di lei che è fiera di me e mi ama mi faccia quasi dimenticare per un attimo tutto il casino che sta accadendo. Cerco di farmi forza, anche per lei e mi volto verso Anne.
<Grazie...per quello che hai detto. Ora credo di dover andare...ho bisogno di tornare un attimo a casa. Rimani tu con Bella?>.
<Ma certo, non preoccuparti. Dopo vado a riprendere Alyssa?>.
<No, tranquilla, ci penso io>.
<Va bene, allora a dopo>.
<Si, a più tardi>.
Faccio un passo indietro ed esco da quella piccola stanza d'ospedale con in testa molta speranza, speranza che lei possa presto tornare tra le mie braccia e da tutti quanti noi.
Chiudo la porta alle mie spalle e mi dirigo verso l'uscita quando rifletto un secondo sul fatto che io la macchina non ce l'ho con me.
<Ma dai, cazzo!>
Molti si girano verso di me, ma poco mi importa. Prendo il telefono dalla tasca e faccio il numero di Heat.
<Ciao Xavier, è successo qualcosa di nuovo?>.
<No, solo...come faccio a riavere la mia macchina?>.
<E' qui a palazzo, ora te la porto, ma poi devi riaccompagnarmi qui>.
<Solo se prima mi dai il tempo di andare a casa. Ho bisogno di farmi una doccia e sistemarmi un po'...poi vengo con te a palazzo>.
<Di già te la senti di lavorare? Te l'ho detto che per un po' puoi star tranquillo che ci penso io>.
<No, tu stai male e poi se non mi tengo occupato con qualcosa il dolore mi divorerebbe quindi si, preferisco tornare a lavoro. Comunque basta con le chiacchere, ho bisogno della macchina>.
<Come preferisci te. Comunque ne riparliamo dopo, sono appena partito>.
<Bene ti aspetto qua fuori>.
Riaggancio e ripongo il telefono in tasca, poi cerco un posto in cui sedermi in bella vista, così appena Heat arriva mi vedrà subito.
Per fortuna c'è un piccolo muretto proprio fuori dall'ingresso dell'ospedale, allora mi ci siedo e aspetto, con le mani che reggono la testa. Me la sento in fiamme, una sensazione insopportabile. Vorrei solo che tutto questo finisca, e non so come fare finchè questo non avverrà.
Qua fuori è pieno di gente che va e viene, chi di corsa per le emergenze, chi con calma per andare a trovare un caro che è ricoverato. Ma ce n'è una donna in particolare che è seduta sul muretto di fronte a me, dal lato opposto della strada che mi fissa ormai da parecchio. Chissà cosa vuole...Sono sicuro sia una donna, lo riconosco dal tacco alto e l'abito a tubino che ha addosso, ma non riesco a scorgere il viso che è coperto da una giacca che copre tutto. Solo alcune ciocche che escono dal cappuccio si intravedono: arricciate alla perfezione e di un colore a me familiare...rossi, proprio come i miei. Strano...Sarà solo una coincidenza, ma quella donna mi sembra abbastanza strana.
Improvvisamente il vibrare che proviene dalla mia tasca mi fa prendere un colpo. Prendo il telefono in mano e controllo il messaggio che mi è arrivato: Heat farà tardi perché c'è un po' di traffico. Splendido!
Riporto la testa tra le mani, con i gomiti poggiati sulle ginocchia, in attesa che avvenga un miracolo divino per cui io finalmente possa vedere Heat arrivare, ma come ben so la fortuna mi gira spesso alla larga, quindi mi conviene attendere senza sperare.
Che strano...si vede che oggi il tempo è nuvoloso, perché il sole è scomparso, ma quando alzo la testa non vedo il cielo e le nuvole bensì una persona, una donna per la precisione, la stessa che mi fissava poco fa, ma ora è qui davanti a me. Ora riesco a vederla meglio: ha dei lunghi capelli rossi, esattamente come i miei, arricciati alla perfezione, si vede che sono molto curati. L'abito non è da meno: di marca, senza dubbio e stirato benissimo. I gioielli che indossa sembrano fatti d'oro e diamanti. Questa donna di certo non ha un lavoro qualsiasi, o perlomeno non le mancano i soldi. Siccome resta in silenzio senza dire o fare nulla, prendo io l'iniziativa.
<Salve Signora, posso fare qualcosa per lei?>.
<Nulla in particolare...>.
<Ci conosciamo?!>. Non resistevo, dovevo porgli questa domanda.
<No. O almeno non ancora...>
<Mi può spiegare chi è?>.
<Non è importante chi io sia, volevo solo vederti. Vedere come sei cambiato negli anni, come sei cresciuto...>.
<Perché le interessa tanto? Chi è lei?!>.
<Noti qualcosa di strano in me?>.
<Ecco...>.
Il suono del clacson mi sconcentra e vedo la mia auto nella corsia opposta.
<Ecco io dovrei andare...>.
<Ma certo Xavier, ci vediamo presto...>.
La donna va via, e io rimango lì per qualche secondo, come paralizzato. Come fa a sapere il mio nome? E' impossibile che ci conosciamo, me la ricorderei bene, ma il suo viso mi è come familiare.
Senza perdere altro tempo vado verso la macchina e apro lo sportello del passeggero.
<Ciao Heat>.
<Hey Xavier, come stai?>.
<Sto come sto...>.
<Che risposta...comunque che hai?!>.
<Niente, perché?>.
<Sembri molto tra le nuvole...è per quella donna? A proposito, chi era?>.
<Si...è per lei. No ho idea di chi fosse, ma lei conosceva me>.
<Ecco, è anche difficile il contrario, qui ti conoscono tutti...Sai com'è, sei il principe...>.
<Giusto, non ci avevo pensato...ma c'è un particolare in più>.
<E quale sarebbe?>.
<Aveva un'aria familiare...I capelli erano dello stesso colore dei miei e per come era tutta ben curata aveva l'aspetto di una signora di un certo rango...non so se mi spiego...>.
<Forse si, forse no...in fondo dai, quante persone nascono con i capelli rossi?>.
<Già...ma allora che voleva da me? Perché ha detto che voleva vedere come fossi cambiato negli anni?>.
<Forse era una delle cameriere del castello...magari aveva fatto qualcosa che non doveva e tuo padre l'ha licenziata...comunque mi informerò>.
<Si, grazie>.
Heat rimette in moto la macchina e per qualche istante cerco di concentrarmi su ciò che devo fare. Per prima cosa riaccompagnare mio cugino a castello, poi a casa. Sbrigo le faccende più importanti e forse è anche il caso che mangi qualcosa, visto che è da molto che non ingerisco qualcosa. Credo che in questo momento la cosa migliore da fare è segnarmi tutto sull'agenda...
L'agenda...era Bella che ha sempre organizzato tutto per me. Anche se non era più la mia segretaria lei comunque continuava a starmi dietro da casa e mi reggeva. Ecco...in fondo per tutta la mia vita non ho fatto altro che reggermi sugli altri...prima Jordan e poi Bella. Chissà che peso che sono stato. Da solo non riesco a combinarne una come si deve...
<A cosa pensi?>.
<Niente di importante...mi sto organizzando con le cose da fare...>.
<Se hai bisogno questo pomeriggio ti do una mano>.
<No, tranquillo, ce la faccio da solo>.
<D'accordo>.
<Heat?>.
<Si?>.
<Vai direttamente a castello, poi torno a casa mi sistemo un attimo, e arrivo>.
<Guarda che se vuoi oggi puoi rimanere a casa...hai ancora bisogno di riprenderti e la cosa migliore è che tu ti riposa un po'>.
<No, ho bisogno di concentrarmi su qualcos'altro per reagire>.
<D'accordo, l'importante per me è che tu stia bene...>.
<Ma certo, però anche tu vedi di riposarti...ti ricordo che anche tu non stai messo tanto bene>.
<Ma certo, faccio sempre attenzione>.
<Bene...>.
<Senti, a proposito...hai riflettuto un po' su ciò che ti avevo chiesto?>
<Ecco...ci ho pensato per poco e non so ancora...è una grossa responsabilità e non me ne sento all'altezza. Uno perché già tempo fa ho deciso di rinunciarvi e due perché...ecco...non c'è un due...>.
<Okay...Xavier, non importa se tu abbia già rinunciato o no, conta che ora tu dicessi che ti vuoi impegnare e lo farai. Il popolo ti accoglierà a braccia aperte, vedrai>.
<Ci penserò, va bene?>.
<Si>.
Finalmente arriviamo a castello, Heat scende e mi saluta, poi prendo il posto di guida e me ne torno a casa.
Rientrare e non sentire "Ciao amore, bentornato a casa", non sentire un buon profumino proveniente dalla cucina e vedere tutte le luci spente è come ricevere un pugno allo stomaco. Cerco di concentrarmi e fare ciò che devo. Prima vado al bagno e mi faccio una bella doccia calda, che è quello che ci vuole per sciogliere un po' la tensione. Poi vado in camera e prendo dei vestiti nuovi...precisi, lavati e stirati, con cura come faceva solo lei...
Basta Xavier! Devo concentrarmi! Se mi arrendo così al dolore non vado da nessuna parte. Faccio un attimo mente locale: dunque sono già le dieci...fino alle due rimango a lavoro, mi preparerò un panino anche se non ho voglia di mangiare. Poi ho giusto il tempo per fare un po' di spesa e alle quattro vado a riprendere Alyssa. In teoria il pomeriggio fino alle sette e mezza sto a lavoro, ma come faccio con mia figlia? Credo che Anne abbia bisogno di un po' di tempo per stare tranquilla, quindi l'unica soluzione è portarmela dietro. Certo che sarà un'impresa tenere buona una bambina di quattro anni in un castello dove non ci sono giocattoli...Vedrò che fare.

Prince -Xavier Foster- IE FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora