Capitolo 1

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Il rumore dei tacchi che portavo ai piedi risuonava per tutto l'edificio immerso in un silenzio tombale.
"Il presidente l'aspetta nella stanza in fondo" mi avvisò la giovane ragazza bionda che mi aveva accolta all'ingresso e mi aveva condotta sin lì.
Quella mattina ero allo Juventus center per sostenere un importante colloquio di lavoro con Andrea Agnelli per il posto di giornalista ufficiale della società.
Presi un grande respiro, scrollai le spalle cercando di alleviare la tensione e aprii con decisione la porta precedentemente indicatami.
"Lei deve essere la signorina Ferrari" si alzò prontamente dalla sedia dietro la sua scrivania tendendomi subito la mano.
"È un enorme piacere signore" risposi afferrandola in una salda stretta.
Mi accomodai sulla poltrona posta perpendicolarmente alla sua e aprii la borsa per tirare fuori tutti i documenti che mi erano stati richiesti ma venni interrotta.
"Non amo leggere le scartoffie, preferisco ascoltare, si presenti pure" m'invitò a parlare e così feci.
"Carolina Ferrari, 23 anni, laurea in Business e Management, master in giornalismo sportivo con particolare attenzione al mondo del calcio.
Certificazione in lingua Inglese, Spagnola, Francese e Tedesca di livello C2 e HSK6 in lingua Cinese" dissi tutto d'un fiato.
"Per avere solo 23 anni ha avuto modo di fare moltissime cose" ridacchiò, il che mi fece sentire a mio agio e fece scivolar pian piano via la tensione accumulata.
"È il suo primo colloquio?" domandò.
Mi rabbuiai per un momento, ero consapevole cercassero gente con esperienza, che io chiaramente non avevo, ma ero abbastanza certa di essere allo stesso livello, se non maggiore, di chiunque si fosse presentato quel giorno insieme a me.
"Si, ho conseguito la laurea solo sei mesi fa" risposi sincera, mentire non avrebbe avuto alcun senso.
"Come mai si è presentata come giornalista anziché come specialista in business internazionale?" chiese ancora.
"Mi ha spinta la mia passione per la scrittura, qualche anno fa ho pubblicato un romanzo e ho scritto svariati articoli su giornali regionali. Se le interessa leggerli ho già provveduto ad inviarle una mail con tutti gli allegati" ne andavo molto fiera, avevo lavorato sodo ed era arrivato il momento di dimostrarlo.
"Un'ultima domanda e la lascio libera" mi preparai psicologicamente a rispondere a qualunque cosa mi venisse chiesta, ero più che sicura di me stessa.
"Perché lei e non l'ennesimo candidato che metterà piede in questo ufficio oggi?" sorrisi sentendo quelle parole.
Sarei potuta sembrare presuntuosa ma avevo pronta una risposta ad effetto e decisi di usarla.
"Cerchi il mio nome sul web e sarà in grado di capirlo" boom.
Mi sorrise.
"Le faremo sapere quanto prima, arrivederci" era soddisfatto, lo percepivo dal tono della sua voce.
Salutai e mi diressi entusiasta verso l'uscita.
Ora non rimaneva che aspettare, il mio destino era nelle mani del presidente, avrei potuto finalmente coronare l'obbiettivo di una vita: far parte di quella meravigliosa famiglia.
Avevo dato sempre il meglio senza concedermi una minima distrazione per arricchire il mio curriculum e arrivare fin lì, anni e anni di sacrifici che speravo venissero ripagati.
Mentre mi dirigevo con disinvoltura verso la mia auto completamente assorta nei miei pensieri un pallone sbatté sulla mia gamba, guardai verso la direzione da cui proveniva e, nonostante il sole non fosse d'aiuto, riuscii a scorgere due uomini corrermi in contro, probabilmente per recuperare ciò che era di loro proprietà.
Abbassai gli occhiali da sole che avevo usato come una sorta di fermacapelli in modo da poterli guardare in faccia e non potei credere ai miei occhi, gli riconobbi immediatamente: Paulo Dybala e Federico Bernardeschi.
Il mio buonsenso m'impedii fortunatamente di spalancare la bocca e urlare come una teenager.
Pensai che avrei potuto dimostrare le mie doti da palleggiatrice perciò alzai agilmente il pallone con i piedi e lo feci rimbalzare più volte su di essi, nonostante i tacchi me la cavai abbastanza bene.
"Wow, sei una calciatrice?" chiese Federico.
"Magari" risposi porgendogli il pallone che prontamente afferrò.
L'emozione che provavo era palpabile, il mio più grande sogno era incontrarli.
Non mi sembrava opportuno chiedere una foto o un'autografo come avrei tanto voluto fare, la mia professionalità me lo impediva.
Mi limitai a sorridergli per un'ultima volta e m'incamminai nuovamente verso la mia autovettura.
"Gracias" sentii dire alle mie spalle.
Il suo accento, mio Dio.
Rimasi ipnotizzata per qualche secondo per poi girare il capo e rispondere:
"Non c'è di che" accennando un sorriso cercando di non sembrare eccessivamente emozionata.
Stavo letteralmente urlando dentro.
Aprii lo sportello e mi accomodai sul sedile del guidatore.
"E' successo davvero" mi ripetei più e più volte, ero totalmente incredula.
Se quella sarebbe diventata la mia quotidianità non mi sarei mai abituata ad averli intorno continuamente.
Quando braccia e gambe smisero di tremare misi a moto dirigendomi al mio appartamentino in pieno centro storico a Torino.
C'erano molte meno possibilità d'incontrare i due durante il colloquio che vicino casa dato che abitavamo a non più di 150m di distanza.
Eppure era successo, incredibile.
Entrai nel palazzo e prima di poter prendere l'ascensore la mia attenzione venne richiamata dal portiere che non aspettava altro che chiedere come fosse andata.
"Tutto bene Cesare, mi daranno una risposta nei prossimi giorni" risposi cordialmente.
"Bene signorina, se lo meriterebbe proprio quel posto" mi fecero molto piacere le sue parole, mi sentii apprezzata.
Non appena varcai la soglia di casa mi liberai immediatamente delle scarpe che torturavano i miei poveri piedi.
Subito dopo mi avvicinai al camino e mi soffermai ad osservare le foto dei mie genitori.
"Mi sarebbe piaciuto chiamarvi proprio ora per raccontarvi tutte le emozioni che sto provando, sareste stati fieri di me. Riposate in pace" sussurrai mentre qualche lacrima abbandonava i miei occhi velando di nero le mie guance a causa del trucco.
Mi diressi in bagno a fare una lunga doccia calda, avrebbe alleviato tutto lo stress accumulato non solo in quella giornata ma in tutti i giorni e gli anni passati.
Indossai il mio meraviglioso pigiama in pile e mi stesi sul letto con il computer sulle gambe che riproduceva una puntata di Grey's Anatomy e un vasetto di yogurt alla nocciola, il mio preferito in assoluto, ne avevo il frigo pieno.
Nel bel mezzo di una delicata operazione al cervello il mio telefono squillo obbligandomi a sospendere momentaneamente la visione.
"Nonna mi hai interrotta nel bel mezzo di una puntata, spero sia una cosa importante" esclamai scherzosamente rispondendo alla telefonata.
Non parlò subito, ci mise un po'.
"Tesoro, non mi sento un granché bene" disse.
Respirava difficoltosamente, mi allarmai sapendo fosse cardiopatica e l'affanno non era mai un buon segno.
"Arrivo" aprii immediatamente l'armadio afferrando le prime cosa che mi capitarono tra le mani e le indossai.
"Non correre con l'auto" si raccomandò.
"Certo nonna, sta' tranquilla" la rassicurai pur sapendo che non sarebbe affatto andata così.
Indossai gli anfibi, presi le chiavi e la borsa, e mi fiondai giù.
Avevo molta fretta e, nonostante sapessi che non fosse la cosa giusta da fare, spinsi più del dovuto sull'acceleratore.
Per i primi due minuti andò tutto a meraviglia ma, quando iniziai a pensare a quello che le stesse potendo accadere e mi distrassi un momento, non notai che l'auto che mi precedeva stesse rallentando e quando me ne accorsi non riuscii a frenare in tempo.
Il primo pensiero che attraversò la mia mente fu "complimenti Caro, ora tarderai sicuramente".
Il conducente della macchina che avevo tamponato aprì lo sportello e camminò nella mia direzione, non avevo mai sudato così tanto in vita mia, non ebbi il coraggio di guardarlo in faccia.
Bussò al mio finestrino e, a quel punto, fui obbligata a scendere.
Trovai la forza di alzare lo sguardo e, madre mia, non poteva essere vero.
"Ehi, io e te ci siamo incontrati prima" proferii sfoggiando un sorriso smagliante, quasi contento.
Mi aspettavo un omone con espressione rigida, invece era lui, Paulo Dybala, proprio di fronte a me, per la seconda volta nel giro di poche ore.
"Mi scusi infinitamente, stavo correndo da mia nonna per un'urgenza" dissi presa dal panico.
"Non preoccuparti, va' pure" rispose semplicemente.
Sul serio? Gli avevo sfondato il cofano e lui non era per nulla arrabbiato?
Quando vidi che non replicava ma insisteva affinché mi sbrigassi decisi di prendere un post-it, che portavo sempre con me in borsa, e scriverci su il mio numero.
"Ecco a lei, mi chiami, ci metteremo d'accordo sul da farsi" e lo invitai con lo sguardo a farlo sul serio e non lasciar correre.
Era milionario, è vero, ma mi sentivo in dovere di comportarmi da giusta cittadina.
"Va bene.."
"Carolina" intervenni subito.
Ripeté il mio nome sorridendo nuovamente.
"Arrivederci" salutai prendendo nuovamente posto nella mia vettura.
"Arrivederci ma, la prossima volta, dammi del tu" disse fermandomi.
Annuii per poi mettere a moto e pian piano allontanarmi dalla sua figura.
Ero riuscita a parare con lui, la Joya.
Che grande onore avevo avuto.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora