Capitolo 32

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"Gracias Cristiano y ¡Vamos Portugal! Linea in studio" salutai il numero 7 e mollai immediatamente il microfono non vedendo l'ora di andare via di lì.
Era appena terminata la partita Portogallo-Marocco vinta 1-0 dalla squadra di Ronaldo con un goal realizzato propio da lui al quarto minuto di gioco del primo tempo.
Mi portai le dita alle tempie massaggiandole, la testa mi sembrava star per implodere.
In un'altra occasione avrei saltellato per tutta la galleria dopo aver conosciuto e parlato con uno dei giocatori più forti al mondo ma quella volta propio non ci riuscivo.
L'adrenalina si era spenta, non mi ero minimamente emozionata andando allo stadio quella mattina, avevo prestato scarsa attenzione alla partita, tutti i miei pensieri erano rivolti soltanto a lui..
Non lo avevo più visto né sentito, avevo dormito da sola e in completa solitudine mi ero svegliata.
Lo avevo cercato allungando un braccio verso l'altra parte del materasso con la speranza di toccare il suo corpo caldo ma avevo sentito solo il vuoto glaciale.
"Bene Carolina, per oggi è tutto. Hai fatto un ottimo lavoro, abbiamo decisamente scelto la persona giusta" m'informarono e mi sentii fiera di me stessa.
Gli ringraziai l'ennesima volta per l'opportunità e la fiducia tanto da fargli ridere.
Tutti lì mi consideravano come una veterana ma io sapevo di essere solo all'inizio e un "grazie" mi sembrava il minimo dato che quell'esperienza avrebbe aperto le porte alla mia carriera.
Mi avrebbero notata e sarebbero arrivate tante nuove richieste lavorative ma il mio posto, la mia casa, sarebbe rimasta sempre la Juventus.
Raccattai le mie cose e mi diressi verso la macchina scortata da due uomini.
I livelli di sicurezza erano altissimi.
Mi accomodai e chiesi all'autista se per gentilezza prima di tornare in hotel potesse fermarsi in un posto.
Entrai nella prima farmacia incontrata sulla strada e molto imbarazzata chiesi due test di gravidanza cercando con scarsi tentativi di parlare un russo maccheronico con rimembranze delle lezioni prese in terzo superiore.
Percorsi il corridoio dell'albergo, arrivai davanti la mia porta e con mano tremante cercai d'infilare la chiave nella serratura ma qualcuno mi precedette aprendo.
Alzai lo sguardo e i miei occhi scuri incontrarono delle iridi di un verde brillante che non appena mi notarono si scurirono notevolmente.
"Ciao" sussurrai trattenendomi dal buttargli le braccia al collo.
Non rispose, si limitò a scrutarmi.
"Sei tornato" mi lasciai sfuggire quel pensiero che un po' mi emozionava.
"No" disse duro.
Serrò la mascella, cosa che non aveva mai fatto prima.. almeno non con me.
"Ho solo preso le mie cose" sentii il cuore frantumarsi.
Perché lo stava facendo?
"Vuoi..vuoi andartene via?" mi s'incrinò la voce.
"Non siamo a casa, non posso andarmene, domani devo giocare. Cambio camera, non ha più senso star qui" cercò di sorpassarmi ma mi opposi.
No, non mi sarebbe scappato così, non di nuovo.
"Smettila, non fare puttanate" lo spintonai dentro facendogli cadere il borsone.
"Lasciami andare" mi afferrò la spalla per spostarmi ma feci resistenza.
Mi stupii della mia stessa forza.
Non mi sarei mossa di lì per nessuna ragione al mondo.
"Se vuoi uscire dovrai passare sul mio corpo" ringhiai battendo nuovamente le mani sul suo petto riuscendo nel mio intento di chiudermi l'uscio alle spalle.
"Carolina cazzo! Vuoi capire che è finita?" urlò così forte da far tremare le pareti.
Mi colpii ma quella volta non affondai, non potevo farlo.
"Porca puttana Paulo, hai smesso di lottare?" spalancai le braccia incredula.
Non era un atteggiamento che gli apparteneva.
"Per cosa dovrei lottare? Per una persona che non mi vuole? Che non vuole una famiglia con me?" si avvicinò prepotentemente facendomi indietreggiare e sbattere contro il muro.
Ero spaventata ma sapevo non mi avrebbe sfiorata.
"Anche Antonella voleva un figlio, anche lei! Me lo ripeteva sempre, mi chiedeva continuamente di metterla incinta" mi puntò il dito facendomi sentire colpevole.
Continuavo a ripetermi che non mi avrebbe fatto del male, lui non era così, lui non era come Daniel.
"Perché non lo hai fatto allora?" chiesi titubante.
"Perché non volevo e sapevo che mai lo avrei voluto con lei, come tu con me" sputò fuori acido.
"Io... io lo voglio ma.. non ora" abbassai il capo non riuscendo a reggere il suo sguardo e lasciai scivolare una lacrima lungo la mia guancia.
"Ti amo" bisbigliai sperando capisse che le mie intenzioni non erano cattive, semplicemente non mi sentivo pronta.
"Io no" diede un calcio al borsone con rabbia.
Si sentì uno scricchiolio, qualcosa all'intero si era crepato, proprio come la mia anima.
"Mi hai portata a casa tua, in Argentina, nel tuo posto.." erano riflessioni interne ma non potevo fare a meno che ripeterle ad alta voce.
"Ho sbagliato, okay? Non avrei dovuto farlo" si sedette sul letto portandosi le mani tra i capelli.
Ancora non mi spiegavo come fosse potuto succedere, come con un nonnulla si fosse scomposto tutto.
Purtroppo la mia intera vita era sempre stata così, sembrava andare a gonfie vele ma tutta quella felicità in qualche modo la pagavo sempre..
Mi ero illusa, pensavo che non lui sarebbe stato diverso ma evidentemente mi sbagliavo.
"Ho fatto tante cazzate in vita mia" iniziò.
"Ma innamorarmi di te e darti corda è stata la più grossa di tutte" scosse il capo amareggiato.
Sospirai non sapendo cos'altro fare o dire.
Sì, avevo perso anche l'ultimo barlume di speranza.
"Ti ho tradita questa notte, mi spiace dirtelo ma non posso tenerlo per me" proferì.
Spalancai immediatamente la bocca portandomi una mano al petto, non respiravo, mi sentivo morire, sarei voluta morire in quell'esatto momento.
Non mi trattenni, avanzai a passi svelti e il mio palmo entrò in collisione con la sua guancia.
"Vaffanculo, sei un pezzo di merda" sibilai a denti stretti rotta dal dolore.
"Nonostante io ti odi credo meritassi di saperlo" rimase freddo.
"Solo per farmi più male" gli feci notare.
Dovetti resistere all'istinto di prenderlo nuovamente a schiaffi.
"Vattene" dissi ma non si mosse.
"Ho detto vattene, fuori" urlai con tutta la forza che possedevo.
Si alzò in silenzio, afferrò le sue cose e scomparì dietro la porta.
Mi domandai per quanto tempo non lo avrei visto, se fosse sul serio finita, se era solo un momento critico e saremmo tornati gli stessi di prima.
Avevo moltissima paura, tremavo dalla testa ai piedi, dovetti correre sul balcone per cercare di respirare ma risultò vano.
Ricordai di avere i test nella borsa ma non ebbi il coraggio di farli, non volli nemmeno vederli.
Gli avrei lasciati lì finché non si sarebbero aggiustate le cose, se ero incinta volevo scoprirlo con lui perché, al contrario di quanto pensasse, non avrei abortito.
Quel bambino mi avrebbe fatto vedere le cose diversamente e, insieme a Paulo, sarebbe diventato la persona più importante per cui avrei dato anche la vita se necessario.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora