Capitolo 38

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Oramai passavamo gran parte del nostro tempo in viaggio.
Prima una settimana in Argentina, poi una in Russia e subito dopo eccoci in Irlanda.
Già, eravamo da qualche ora arrivati nel nostro hotel a Dublino prenotato all'ultimo minuto.
Non avevo avuto il tempo di metabolizzare, non lo avevo mai, Paulo aveva pensato a quello che mi aveva promesso durante la nostra ultima vacanza prima dei mondiali e 12 ore dopo eravamo in volo.
"Adoro i viaggi last minute, dovremmo farli più spesso" mi aveva detto e io avevo accennato un sorriso.
Ero una persona ordinaria e che amava programmare tutto, come avevo fatto per tutta la vita, e diciamo che quel genere di cose non mi faceva sentire propriamente a mio agio ma lui era felice e vederlo sveglio alle 4 del mattino saltellando per casa ripagava tutto.
Da quando lo avevo conosciuto mi era stata sconvolta l'intera esistenza e il suo modo di essere, di fare, mi riempiva di gioia quando invece mi sarei aspettata soltanto di esserne scocciata e infastidita.
Lui era l'artefice di tutto, il mio numero 10.
"Dai Nena, non ti sei ancora sistemata?" era appena uscito dal bagno tutto ben vestito e profumato, pronto per uscire, mentre io giacevo ancora sul letto in intimo stanca come non mai.
"Scusa amore, faccio subito" mi alzai svogliatamente e iniziai a truccarmi.
Niente di eccessivo, una base leggera, dell'illuminante sulle palpebre, mascara e balsamo labbra leggermente colorato.
"Sono sul balcone a fare una telefonata" mi avvisò e annuii prontamente, intanto io avrei acconciato i capelli e indossato l'abito.
Dove stavamo andando? A cena in un posto a sua scelta e mi aveva detto di essere elegante.
Non sapevo cosa aspettarmi ma sapeva quanto odiassi i luoghi sfarzosi che costavano un rene perciò ero certa non mi avrebbe portata in un 5 stelle.
Aprii la valigia estraendone le décolleté con il tacco color nude che non indossavo da un po' di tempo e, non appena c'infilai il piedi mi pentii di averle scelte, non mi erano mancate per niente.
Ero davanti allo specchio concentrata ad osservare come il mio corpo si era modificato con il tempo: i fianchi più larghi, il punto vita più definito, l'acne che lentamente si stava manifestando e la peluria in eccesso sul volto e sulle braccia.
Sospirai, potevo farcela.
"Wow" la sua voce alle mie spalle.
Non mi ero accorta fosse rientrato.
"Ehi" mi girai sorridendogli.
Mi scrutò per qualche secondo e improvvisamente la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato mi attanagliò.
Il vestito.
Forse ero troppo scoperta.. era troppo corto e mi lasciava la schiena totalmente nuda.
"Se.. se vuoi mi.. mi cambio" balbettai cercando di coprirmi.
Afferrai l'orlo e lo tirai verso il basso, ero in panico.
"Perché dovresti farlo?" corrugò la fronte.
"Non lo so, forse c'è troppo in vista" sussurrai girandomi nuovamente verso lo specchio.
Mi veniva da piangere.
"Non c'è alcun problema, puoi vestirti come preferisci, non mi permetterei mai di dirti cosa puoi o non puoi indossare" mi si avvicinò posando le mani sulla mia vita.
"Perché mi stavi guardando allora?" abbassai lo sguardo sulle punte dei piedi.
Spostò una mano calda sulla mia spalla e la fece scivolare lungo il mio collo fino a racchiuderlo completamente e costringermi ad alzare il mento.
"Perché sei bellissima e non posso fare a meno di ammirarti mentre continuo a pensare a quanto mi manca il tuo corpo e quanto vorrei prenderti qui, ora" strinse leggermente la presa facendomi scappare un gemito che non riuscii a trattenere.
"Non essere insicura e non avere paura di me, non sono lui" disse e quelle parole mi fecero tremare l'anima.
Non era Daniel e mai lo sarebbe stato, non dovevo temerlo, non mi avrebbe mai fatto del male.
Ero lunatica come non mai, cinque minuti prima volevo sotterrarmi mentre ora l'unico pensiero che vagava nella mia mente era fare l'amore con lui sul letto alle nostre spalle.
Guardò l'orologio.
"Non abbiamo tempo ora, sono le 20 e ho prenotato per le 20:10 ma ti prometto che appena torniamo ti strappo questo vestito di dosso, letteralmente" si allontanò lasciandomi un enorme senso di vuoto.
Sbattei le palpebre un paio di volte per realizzare cosa fosse appena successo, poi recuperai la mia borsetta e lo raggiunsi alla porta con un ghigno in volto.
Dopo aver camminato per qualche metro, non esageratamente troppi, arrivammo davanti questo posto che pareva molto carino e per niente too much.
"Bar ristorante Italia" lessi ad alta voce.
"Io voglio la pizza, ti avviso già" mi fiondai dentro trascinandolo con me.
Mi guardò in modo strano, normale visto che appena arrivati in hotel avevo voglia solo di dormire mentre in quel momento stavo sfoggiando tutto il mio entusiasmo.
Non passavamo una serata così insieme da tantissimo tempo.
Ci accomodammo, il cameriere prese le nostre ordinazioni e finalmente rimanemmo da soli.
Mi versò del vino nel bicchiere, rigorosamente bianco, e fece lo stesso nel suo.
"Stavo pensando, quando torniamo andiamo a svuotare casa tua?" quasi mi fece strozzare mentre bevevo.
Avevo completamente dimenticato la questione del trasferimento.
"Sono parecchie cose Paulo, pensavo di prendere solo il necessario, al massimo se poi ho bisogno di altro vado a recuperarlo" infondo abitavamo solo a 200m di distanza, non avrei dovuto attraversare tutta Torino.
Annuì prontamente prendendo a sorseggiare anche lui dal suo bicchiere.
Mi sentii capita, non avevo intenzione di vendere il mio appartamento, non ancora, rimaneva il mio posto sicuro e il luogo dove rifugiarmi in caso di problemi.
"Ti farò spazio nell'armadio" mi fece sapere.
"Simpatico, lo sai che la metà delle cose che uso per stare in casa o dormire sono tue" alzai un sopracciglio.
Le sue maglie, le sue felpe, erano così morbide, larghe e comode, da quando le avevo scoperte non le avevo più sostituite.
"Prima o poi dovrai restituirmele, lo sai vero?" incrociò le braccia al petto.
Stavo per replicare ma proprio in quel momento le nostre portate ci vennero servite perciò scossi il capo decidendo di non aggiungere nulla, tanto ne avremmo sicuramente riparlato.
Mentre mangiavo con amore e passione la mia pizza bianca con mortadella, stracchino e pistacchio m'interruppe dicendo: "sta attenta a non soffocarti, mastica piano".
Corrugai la fronte copiando il suo gesto abituale.
"In che senso scusa?" stava diventando scemo o cosa?
"Potrebbe esserci un anello lì in mezzo al condimento" fece spallucce tranquillo.
Spalancai gli occhi, non..
"Che cazzo dici niño.." ero letteralmente shoccata e come risposta ottenni una grossa risata che fece girare tutti nella nostra direzione.
"Stavo scherzando, avresti dovuto vedere la tua faccia" mi sfotté.
Rimasi impassibile, quel deficiente..
"Uhm.. cosa volevi fare una volta rientrati?" si fece improvvisamente serio all'udire delle mie parole.
Mi alzai dal tavolo dirigendomi verso i bagni sicura che mi avrebbe seguito e, come non detto, 10 minuti dopo la porta si aprì rivelando la sua figura.
"È il bagno delle donne" precisai guardandolo di sottecchi mentre con le mani ero poggiata al lavandino sentendomi estremamente sexy.
La posizione da me adottata aveva fatto in modo che l'abito si sollevasse lasciando intravedere più del dovuto.
Sì, lo stavo provocando e ne ero consapevole.
Lo sentii sospirare e poi si lasciò sfuggire un "joder" che in italiano corrisponde a "'fanculo".
Mi afferrò per un braccio attirandomi in una delle toilette riuscendo ad intrappolarmi tra il muro e il suo corpo.
Porta chiusa a chiave, i respiri incrociati e i cuori a battere all'unisono.
Sfiorò il mio collo con le sue labbra mentre le sue mani solleticavano i miei fianchi.
Le sue azioni mi fecero ansimare un "ti prego" ma scosse la testa.
"Non ti toccherò mami, non subito" sussurrò.
Mi divaricò le gambe con un movimento rapido del piede ricordandomi una scena di 50 sfumature.
"Oh Dybala, vuoi essere il nuovo Mr. Grey?" dovetti aggrapparmi alle sue spalle per reggermi in piedi.
"Anche meglio" disse per poi abbassarsi fino ad arrivare con la bocca all'altezza del mio punto più sensibile.
Alzò il vestito rendendo finalmente visibile la mia biancheria bianca in pizzo.
Lasciò un bacio poco lontano dal ginocchio, poi un altro un po' più in alto fino ad arrivare all'orlo delle mutandine ma senza mai passare da lì.
Prontamente le tirò giù spogliandomi dall'unico indumento che ricopriva le mie zone intime.
Le piegò riponendole nella tasca della sua giacca, poi mi rivolse uno sguardo carico di passione e si chinò nuovamente.
Dopo tanta sofferenza potei finalmente sentire la sua lingua darmi piacere, il che mi costrinse a stringergli i capelli per non urlare.
Non molto tempo dopo mi ritrovai su di lui a sua volta seduto sul coperchio del gabinetto.
Facemmo l'amore, in quel buco di nemmeno 4 metri quadrati, ma eravamo felici come non mai con l'enorme voglia di amarci e costruire la nostra vita insieme.

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Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora