Capitolo 31

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La Russia, un paese meraviglioso che era stato meta di un mio viaggio nel lontano agosto 2015.
L'aria che si respirava era la medesima solo che in quella specifica occasione tutto appariva più bello.
Ci trovavamo a Kratovo nella oblast' di Mosca, ottima soluzione per me che non avrei dovuto passare ore intere in macchina per dirigermi sul luogo di lavoro.
Ero grata del fatto che tutti si fossero dati da fare per agevolarmi, mi stavano letteralmente facendo vivere un sogno nonostante non lo meritassi affatto.
"Come mai stai così?" domandò Paulo trovandomi stesa sul letto con un cuscino sulla testa una volta rientrato dalla seduta d'allenamento mattutino.
"Non lo so, non mi sento bene" mi girava la testa e avevo un enorme senso di spossatezza.
"Nena, vuoi che chiami un medico? Ti vedo proprio male, sei pallida" liberò il mio volto accarezzandomi poi una guancia.
"Tranquillo, tra un po' mi passa" non era la prima volta che capitava, anche in Argentina ero stata male, soprattutto durante la notte, ma giusto un'oretta ed ero come nuova.
Un crampo alla pancia mi colpii facendo scattare qualcosa in me.
Spalancai gli occhi tirandomi subito sù a sedere ma dovetti posarmi una mano in fronte come se potesse alleviare il capogiro.
"Carolina, che fai?" si gettò immediatamente su di me spaventato a morte.
"Niño, che giorno è oggi?" il panico nella mia voce.
"Non.. non ne ho idea, perché?" balbettò.
"Prendi immediatamente il cellulare e scoprilo, ti prego" gli afferrai il braccio supplicandolo, era davvero importante e cercai di farglielo capire con lo sguardo.
Si alzò dirigendosi al borsone che aveva posato vicino alla porta non appena entrato in camera.
"È il 19 amore" mi portò lo smartphone mostrandomi il calendario in modo che fosse più chiaro.
19 giugno, oh no.
"Non può essere, c'è un errore" scossi il capo cercando di convincermi che non stava succedendo.
"Che cosa? Carolina non riesco a capire" sbottò.
Stava urlando.
Continuò per un po', continuò a darmi addosso pensando che gli stessi nascondendo qualcosa da parecchio tempo, perché stava reagendo in quel mondo?
Improvvisamente mi tappai le orecchie con le mani scoppiando a piangere, non ne potevo più.
"Ehi, Nena" si sedette al mio fianco provando a toccarmi il ginocchio ma mi scostai.
"Ti prego, vieni qui" mi afferrò il polso stringendomi forte tra le sue braccia.
Mi sfogai completamente, non mi sarei mai aspettata una reazione del genere da parte mia, non riuscivo a pensare lucidamente, miliardi di cose sovraffollavano la mia mente ed ero palesemente nel bel mezzo di un attacco di panico.
"Ho.." provai a dire ma mi zittì continuando a sussurrarmi che andava tutto bene.
"Ho un ritardo Paulo" si fermò immediatamente allontanandosi di qualche centimetro per guardarmi dritta in faccia.
Non ero di certo un bel vedere in quel momento: i capelli scompigliati e il mascara colato lungo le guance.
"In che senso?" chiese ad un tratto più agitato di me.
"Le mestruazioni dovevano arrivare il 3 ma non si sono fatte vive. Sono in ritardo di 16 giorni" asciugai le guance macchiandomi di nero.
Mi allungai lungo il comodino per prendere un fazzolettino di carta dal cassetto.
"Cosa può voler dire?" mi abbracciò di nuovo.
"Che potrei essere incinta" inutile tenerlo ancora per me.
Avevamo una vita sessuale attiva e regolare, le protezioni erano tra le nostre priorità ma sapevamo benissimo esistesse quel 2% di probabilità che potessero non funzionare correttamente.
Rimanemmo in silenzio, se ero davvero in attesa di un bambino cosa sarebbe successo alla nostra vita?
Si sarebbe interrotta la tranquillità, nel mio caso sarebbe diventato impossibile gestire il lavoro che mi portava via gran parte del tempo, mi sarei dovuta rinchiudere in casa e non fare più quello che amavo e per cui avevo lavorato una vita intera..
Ricominciai a piangere, i singhiozzi scuotevano tutto il mio corpo da capo a piedi non facendo che peggiorare la situazione pregressa scatenandomi l'impulso di vomito.
Corsi verso il bagno e mi piegai sulla tazza rigettando l'intera colazione di poco tempo prima.
Accorse subito al mio fianco tenendomi i capelli e accarezzandomi dolcemente la schiena.
"È tutto okay?" posai la fronte sulla sua spalla.
"Sì, è solo l'agitazione" sussurrai pulendomi le labbra con un asciugamano umido.
"Non ti fa bene" mi fece notare.
Annuii, lo sapevo, lo sapevo benissimo ma purtroppo non riuscivo a stare serena.
"Cosa ti preoccupa?" mi domandò ma non fui capace di dir nulla.
Non volevo deluderlo.
"Mi amor, parlami, ti prego" puntò le sue iridi nelle mie scuotendomi l'anima.
Sospirai.
"Ho paura, non posso abbandonare tutto, non sono pronta a fare la mamma. Finalmente qualcosa nella mia vita si era aggiustato, tutto appariva così stabile e mi sembra di star ricominciando da capo" potei leggere la scontentezza nei suoi occhi.
Mi dispiaceva da morire.
"Non fai sul serio Carolina, non puoi star dicendo davvero" indietreggiò corrugando la fronte.
"Paulo, mi dispiace ma per quanto io ti ami non è questo che voglio ora" glielo feci capire senza girarci attorno.
Io non volevo un bambino in quel momento, ogni volta mi sembrava di fare 1 passo avanti e poi subito dopo 10 indietro.
"Ti rendi conto? Come fai a dire di amarmi e poi non volere un figlio con me? Mi prendi per il culo?" sbraitò sbattendo il pugno contro il marmo del lavandino.
"Paulo ti prego, capiscimi. Sai quello che ho dovuto sopportare e sai quanta forza di volontà ci abbia messo per superarlo e andare avanti. Ho dato tutto per questo lavoro e non posso immaginare di doverlo abbandonare dopo solo 6 mesi, non credere che ti ami di meno o che non ti ami affatto solo perché voglio aspettare ancora un po'" spiegai con tutta la calma possibile.
Non volevo litigare ma a quanto pareva lui sì.
"Qui ci potrebbe essere un piccolo me, come puoi affermare di voler aspettare se ormai ci siamo già?" mi toccò il ventre ma rimasi in silenzio.
"Oh mio Dio, non dirmi che vuoi abortire!" esclamò decisamente shoccato.
"Come posso prendere una decisione se nemmeno abbiamo fatto un test? Sulla base di cosa io dovrei risponderti? Non è nulla certo" iniziai anche io a scaldarmi.
Nonostante lo avessimo fatto in due non poteva impormi nulla e non aveva il diritto di giudicare le mie scelte.
"Si deve decidere prima di sapere" incrociò le braccia al petto.
"E questo chi lo dice?" m'impuntai.
"Io" appoggiò la schiena al muro.
"Tu?" risi.
"E tu chi sei?" non lo avessi mai fatto..
Uscì dal bagno e poi dalla stanza sbattendo la porta e lasciandomi completamente sola.
Déjà-vu.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora