Capitolo 3

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Cosa avrei potuto dirgli?
Insomma, la mia vita al contrario della sua non era così interessante.
"In realtà non ho molto da raccontare" abbassai lo sguardo mordendomi il labbro, ero parecchio timida e tendevo spesso ad imbarazzarmi.
"Come mai ci siamo incontrati ieri mattina?" chiese dopo qualche secondo di silenzio da parte di entrambi.
Evidentemente aveva intuito che facendo domande sarebbe stato più semplice.
"Il caso?" risposi ironicamente.
Tutto quello che era accaduto non era minimamente programmato.
"Intendevo dire, cosa ci facevi lì?" ridacchiò.
Che stupida, avevo mal interpretato ciò che mi aveva chiesto.
"Dovevo sostenere un colloquio con il presidente" mi venne subito in mente che non avevo ancora ricevuto alcuna notizia.
Con la faccenda di mia nonna, la corsa in ospedale e il quasi incidente con Paulo me n'ero completamente scordata.
"Che bello, lavoreremo insieme!" esclamò.
Incredibile come si facesse prendere in fretta dall'entusiasmo.
"Magari" pensai, ma ribattei semplicemente con: "non è ancora certo".
Il mio cappuccino e il suo succo ci vennero consegnati e mentre li consumavamo parlammo del più e del meno.
Riuscii a raccontare della mia laurea e delle mie prospettive di vita, ero improvvisamente diventata logorroica e ciò significava che la persona che avevo di fronte mi faceva sentire a mio agio.
"Okay, ti starò sicuramente annoiando" dissi rendendomi conto di star esagerando.
"No, mi piace ascoltarti parlare" sorrise, ed ecco che le guance mi si colorarono di rosso.
Era così strano vederlo ridere alle mie battute, sentirlo rivolgersi a me con la sua stupenda voce e ammirare da così vicino i suoi occhi di cui non riuscivo ancora a riconoscere con precisione il colore.
Guardarlo correre allo stadio o in televisione era del tutto diverso, non riuscivo a scorgerne i particolari come invece stavo facendo in quel momento.
"Fede ha detto che ti trova carina" esclamò da un momento all'altro mentre bevevo facendomi quasi strozzare.
Lo guardai interrogativa.
Fede?
"Fede. Federico Bernardeschi" disse ancora.
"Oh" risposi sgranando gli occhi.
No, non poteva avermi notata per davvero.
"Si, ha passato tutta la giornata parlando di te" rise.
Dire che non ero emozionata sarebbe una bugia enorme, lo ero e non poco.
Non sapevo cosa rispondere perciò sorrisi imbarazzata e me ne stetti in silenzio.
L'idea di una possibile frequentazione con il numero 33 si fece spazio nei miei pensieri mentre osservavo il fondo del bicchiere che reggevo tra le mani cercando di apparire il più disinvolta possibile.
Non mi sarebbe dispiaciuto ma non era certamente quello che cercavo in quel preciso momento perciò decisi di svagare il mio cervello con altro.
Ad un certo punto mi ricordai il perché del nostro incontro e non potei fare a meno di rammentarlo anche a Paulo.
"Io ci tengo davvero tanto a chiederti scusa per quello che è successo ieri sera, correvo da mia nonna che non stava bene ed ero distratta" mi scusai aspettando che lui mi desse delle indicazioni su come procedere.
"Non preoccuparti, può succedere" rispose.
Quando mi accorsi che non mi avrebbe aggiunto altro domandai:
"Come posso rimediare al danno fatto?"
Guardò il Daniel Wellington che portava al polso.
"Proprio in questo momento stanno aggiustando la macchina, tu non devi fare proprio nulla" disse alzando le spalle noncurante.
Non potevo acconsentire, non era da me.
"Voglio rimborsarti i danni" continuai ma non ci fu verso.
"No Carolina, puoi insistere quanto ti pare ma non ti farò sborsare nemmeno un centesimo" era determinato ed io certa che continuando non avrei ottenuto nulla.
"Posso almeno offrirti il succo?" provai a domandare.
Mi sorrise teneramente, non potei fare a meno di ricambiare.
Non rispose subito, si alzò dalla sedia seguito poco dopo dalla sottoscritta e si avvicinò prendendomi la mano destra.
"Assolutamente no Nena" disse baciandomela dolcemente.
Tenne fisso lo sguardo nei miei occhi, non lo distolse nemmeno un secondo.
Sentivo che tentava di leggermi dentro e avevo come l'impressione che ci stesse riuscendo benissimo.
Nena, quella meravigliosa parola che aveva usato per rivolgersi a me mi si ripeteva nella mente continuamente e incessantemente.
Ero estremamente lusingata dai suoi modi, non avevo avuto la fortuna d'incontrare molte persone che mi facessero sentire come lui credo, in realtà, proprio nessuna.
"Dios mio, me vuelves loco" sussurrò quasi sicuramente certo che non lo capissi, non avevo nominato le certificazioni linguistiche poco prima, mi era sfuggito.
Mi fece arrossire per l'ennesima volta.
Ad interrompere il nostro gioco di sguardi fu la suoneria del mio cellulare, inutile dire che lo maledii mentalmente.
Lo tirai fuori dalla borsa e mi allarmai un po' quando notai che mi stesse chiamando un numero sconosciuto, avevo paura fosse per nonna.
"Esco, ti aspetto lì" lo informai indicando una bicicletta vicino al marciapiede.
Annuì dirigendosi alla cassa.
"Pronto?" risposi una volta fuori dal locale.
"Signorina Ferrari? Salve sono Andrea" disse un uomo dall'altra parte della cornetta.
Andrea? non conoscevo nessuno con quel nome.
"Temo di non capire con chi parlo" ero davvero confusa.
"Andrea Agnelli" e lo sentii ridacchiare.
Bene, avevo appena fatto un'enorme figuraccia.
"Mi..mi scusi presidente" farfugliai.
"Tranquilla, riusciresti a passare da me per le 12? Ho bisogno di parlarti" mi agitai parecchio.
Ovviamente confermai, non potevo fare altrimenti.
Quell'incontro avrebbe portato buone o cattive notizie e speravo vivamente che andasse bene, cercai di tranquillizzarmi, l'unica cosa da fare era aspettare.
"Ehi che succede?" di punto in bianco trovai Paulo di fronte a me che mi fissava.
Sussultai leggermente poiché presa da mille pensieri non mi ero minimamente accorta di lui.
"Perdonami, ero sovrappensiero" dissi cercando con grossi respiri di regolarizzare il battito cardiaco che si era alterato a causa dello spavento.
Ero parecchio tesa.
"Va tutto bene? Sembri strana" aggrottò la fronte e mi squadrò dalla testa ai piedi.
Era una cosa che odiavo ma mi sforzai di non farglielo notare.
"Mi ha chiamata il presidente, vuole che sia allo Juventus Center a mezzogiorno" risposi.
"E perché sei così agitata?"  domandò ancora.
"Sicuramente si tratta del mio colloquio di lavoro, e se avesse responso negativo?" mi morsi il labbro inferiore presa dall'ansia mentre spostai lo sguardo dai suoi occhi alle mie scarpe.
Sì, ero in imbarazzo, nulla di nuovo.
"Ora, non so cosa significhi responso.." trattenni le risate per il suo scarso tentativo di pronunciare quella parola.
"..ma se vuol dire che andrà male non è così, sei in gamba e Andrea se ne sarà accorto" continuò.
Le sue parole mi tranquillizzarono mal al contempo innervosirono ulteriormente.
I miei sentimenti in quel momento facevano letteralmente a pugni.
"Posso chiederti un favore?" parlò distraendomi ancora una volta dai pensieri che mi vagavano per la testa.
Annuii.
"Mi daresti un passaggio agli allenamenti dato che vai lì? Come sai la mia auto è dal meccanico e..."
"Certo, è il minimo" lo interruppi immediatamente.
Aveva pagato la colazione e non mi aveva lasciato sborsare nemmeno un centesimo per il danno fatto la sera precedente, non avrei mai potuto dirgli di no.
"Prima dovremmo passare in un posto però..."

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora