Capitolo 29

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Le gocce di pioggia battevano sui finestrini dell'auto, eravamo fermi lì dentro da almeno mezz'ora.
Le sue mani sul volante tremavano, faceva respiri profondi ma non riusciva a mettere a moto.
"Paulo, posso guidare io" gli avevo detto ma la sua risposta fu un no categorico.
Continuava a dire che ce l'avrebbe fatta ma non era facile con un attacco di panico in corso e io lo sapevo.
"Dimmi qual è il problema" lo stavo pregando di spiegarmi da almeno 10 minuti perché proprio non riuscivo a capire.
Sospirò e finalmente si decise a parlare.
"Scusami per tutto questo, io.. io non ho più messo piede all'Instituto dopo essermene andato. Rivedere quegli spogliatoi, quelle docce in cui ho versato tante lacrime, mi mette i brividi" raccontò.
Cosa potevo fare? Come potevo consolarlo quando io per prima non riuscivo ad andare al cimitero o nella mia vecchia casa d'infanzia?
Mi fermai un secondo a pensare.
"Okay" aprii lo sportello e scesi.
Girai intorno alla vettura per dirigermi alla postazione del guidatore.
"Forza, spostati" indicai il sedile del passeggero e lui ci scivolò mettendocisi comodo.
Mi accomodai scuotendo le mani un po' umide.
"Sei completamente bagnata" mi fece notare.
"Non fa nulla, adesso accendiamo il riscaldamento" sorrisi per tranquillizzarlo.
"Ti è colato tutto il trucco" sembrava un cagnolino bastonato.
"Tu odi quando succede" mi sfiorò le guance con il pollice tirando poi sù con il naso.
Oh no, nononono, non doveva assolutamente piangere.
"Mi dispiace così tanto Carolina" la voce spezzata.
"Paulo no, ehi" gli afferrai il volto.
"Va tutto bene amore mio, va tutto bene" sussurrai posando la fronte contro la sua.
Era così debole in quel momento e toccava a me fargli forza.
"Ti amo, sei tutta la mia vita" gli feci presente.
Non riuscivo a smettere di dirglielo.
"Perdonami" aggiunse subito.
"Non ho nulla da perdonarti" lo rassicurai.
"Guardami" le sue iridi si persero nelle mie.
"Adesso partiamo, tu mi indichi la strada e intanto cantiamo qualche canzone, d'accordo?" annuì immediatamente.
Bene, ce l'avevo fatta.
Accendemmo lo stereo e ci lasciammo cullare dalle note dei nostri cantanti preferiti mentre il cielo si schiariva e Córdoba iniziava ad apparire meno lontana.
"Vai, tocca a te decidere adesso" lo incitai.
Io con la musica inglese e italiana, lui con quella spagnola, principalmente raggaeton.
Che bella coppia che eravamo, di sicuro il divertimento non mancava.
"Questa non me l'hai fatta mai sentire" ne scelse una a me totalmente sconosciuta.
"L'ascolto prima di ogni match, mi dà la carica giusta" spiegò.
"E per quale motivo non l'abbiamo mai ascoltata insieme?" domandai.
Pero de noche una diabla (bla bla bla)
Se transforma en la cama (ma ma ma)
Risuonò nell'abitacolo e tutto mi fu più chiaro.
Se le viran los ojos pa' tras
Que ella no quiere parar, quiere que yo le dé más
Scoppiammo entrambi in una fragorosa risata.
"Davvero senti sempre questa roba prima di giocare?" chiesi al limite tra divertita e shoccata.
"Sì, perché poi penso a te, que se te viran los ojos pa' tras cuando.." mi posò una mano sulla coscia ma lo interruppi immediatamente.
"Sto guidando, Paulo" deglutii a fatica.
"Va bene, ne parliamo in un altro momento" smise di torturarmi iniziando a giocare con il cellulare come i bambini che non sanno intrattenersi in altro modo durante i viaggi.
"Nena" mi richiamò.
Stavo guardando la strada ed ero completamente persa nei miei pensieri.
"Si?"
"Svolta a sinistra e siamo arrivati" si tirò sù riponendo lo smartphone nella tasca anteriore dei jeans.
Feci come mi aveva detto e ci ritrovammo davanti un plesso totalmente bianco con un enorme cartello sul quale si poteva leggere "I.A.C.C. ".
Trovai un parcheggio vicino a una panchina e spensi l'auto.
Lo vidi decisamente nervoso perciò posai una mano sulla sua, che teneva sul ginocchio, e mimai con le labbra uno "stai tranquillo" per poi baciargliele subito dopo.
Ci avviammo verso l'entrata, ero molto titubante, non avevo idea di come avrebbe reagito una volta varcata la soglia.
La maggior parte delle volte la sua fragilità mi colpiva alla sprovvista, avevo molta paura di non essere in grado di aiutarlo, infondo non sapevo minimamente come comportarmi visto che quella fragile ero sempre stata io.
La cosa che più mi dispiaceva era il fatto che per parecchio tempo avevo ignorato il suo stato d'animo dandogli molte volte addosso, mi dispiaceva anche che lui non si fosse sentito abbastanza al sicuro per parlarmene fino al giorno della festa scudetto quando crollò definitivamente.
Mi fece strada lungo i corridoi totalmente vuoti, non c'era anima viva.
"Non preoccuparti, sono tutti ai campetti" disse lui che ne sapeva molto più di me.
Passammo dagli spogliatoi e si sedette al suo vecchio posto che ora era occupato da un giovane chiamato Sánchez.
Qualche lacrima abbandonò i suoi occhi, m'inginocchiai di fronte alla sua figura in modo da poterlo guardare dritto in faccia.
"Stai bene?" chiesi.
Lo vedevo parecchio strano.
"Ho bisogno di un abbraccio" singhiozzò.
Non me lo feci ripetere due volte, lo strinsi immediatamente tra le mie braccia.
Il mio piccolo..
Non mi faceva pena ma mi trametteva tanta tristezza, stare in quel posto lo faceva sentire a pezzi ma lo stava affrontando, era pronto a farlo.
"Posso essere sincero con te?" mi domandò.
"Devi" risposi annuendo.
Prese un respiro.
"Pensavo che sarei morto senza tornarci, probabilmente senza di te non ce l'avrei mai fatta e so che può sembrare una cazzata ma è così sul serio. Nessuna mai ha voluto prendersi cura di me, sei arrivata e sei stata una boccata d'aria fresca nella mia vita, mi son sentito rinato sin dal primo istante in cui ti ho vista palleggiare con i tacchi mentre io e Berna venivamo a recuperare il pallone che ci era sfuggito mentre ci stavamo allenando.
Il mister dopo aver urlato tanto aveva mandato lui ma ho insistito per accompagnarlo, non oso immaginare cosa sarebbe successo se non lo avessi fatto. Carolina sei tutto per me e ti amo così tanto, non riesco mai ad esprimermi al 100% , ho paura che tu non lo capisca e che ci separiamo di nuovo. Non voglio più starti lontano perché ne morirei e ti assicuro che non voglio nessun'altra, quel ritorno con Antonella è stato l'errore più grosso che abbia mai fatto in questi 25 anni. Mi dispiace da morire, veramente" lasciò trapelare tutto quello che da mesi teneva dentro.
"Oh Paulo" sussurrai non essendo in grado di dir altro.
"Sento che mi ami, mi ami tantissimo e lo percepisco perché sei brava tu a farmelo capire. Anche io ti amo altrettanto e se potessi ti porterei sulla luna" aggiunse lasciandomi ancor di più senza parole.
"Lo so mi amor, ti assicuro che lo so. Ci siamo separati anche per colpa mia, sono stata egoista e ti ho lasciato intendere che non me ne fregava nulla invece non è mai stato così, ti ho sempre amato, sempre! Ho solo difficoltà ad ammettere le cose ma sto cercando di migliorare" gli carezzai la guancia provocandogli un sorriso.
"Mi fa così male non esserci stato quando tua nonna si è spenta, mi spiace che quel giorno tu fossi venuta da me sotto suo consiglio e io ero con lei... Questa cosa mi tormenta continuamente, a ogni ora del giorno, non riesco proprio a perdonarmelo" si abbandonò all'indietro posando la testa sul muro.
"Non fa niente Paulo, insomma guarda come siamo felici ora" spalancai le braccia come ad indicare il nostro mondo, quello che stavamo vivendo insieme.
"Mi sembra di star sognando, mi stai regalando tutto questo nonostante credo di non meritarlo e tu, cazzo, tu sei fantastico in tutto, sei la cosa migliore che potesse capitarmi e so che te l'ho detto anche altre volte ma non mi stancherò mai di farlo perché è la verità" ero completamente sincera.
Sembrava tutto più semplice con lui al mio fianco.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora