Capitolo 19

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6 maggio 2018

"Sei davvero stupida" mi solleticò il fianco.
Le nostre risate riempivano l'abitacolo immerso nel totale silenzio.
"Nos vemos antes Nena" si chinò a lasciarmi un dolce bacio sulle labbra che ricambiai immediatamente.
Lo salutai scendendo dall'auto per poi dirigermi verso la porta d'ingresso scorrevole dell'ospedale, quel giorno avrebbero dovuto inserire a nonna una pacemaker, era l'ennesimo intervento a cui si sottoponeva ma sicuramente il meno rischioso tra tutti.
Una semplice procedura di routine, così l'avevano definita.
"Ehi vecchiotta" esclamai una volta entrata in camera.
M'imbarazzai quando vidi che il letto accanto al suo era occupato da un'altra donna sulla sessantina che, all'udire delle mie parole, accennò un sorriso sghembo.
"Tesoro mio, perché sei qui e non a lavoro?" chiese immediatamente senza nemmeno lasciarmi il tempo di posare la borsa sul tavolo in legno di fronte a lei.
"Sto bene, grazie per il pensiero" ironizzai.
Era mia abitudine ripeterle quella frase per farle notare che forse lo studio o in quel caso il lavoro non erano la cosa più importante e una bella pausa non mi avrebbe di certo fatto male.
"Ti ha portata qui Paulo?" ecco che l'interrogatorio continuava, e non si sarebbe fermato per un po'.
Annuii cercando di sviare il discorso il più possibile ma ovviamente la mia tattica non ebbe il risultato sperato.
"Chi è Paolo?" parlò la signora che avevo notato poco prima.
"È il suo fidanzato. E si chiama Paulo, non Paolo!" ci tenne a precisare facendomi alzare gli occhi al cielo divertita.
"Smettila di essere così insolente" ridacchiai.
"È Serena che fa uscire il paggio di me" le fece la linguaccia come una bambina di 5 anni.
La cosa che mi lasciò allibita e che al contempo mi fece tenerezza fu che ella ricambiò il gesto con assoluta nonchalance.
"Vedo che andate molto d'accordo" commentai.
Serena mi guardò e sul suo viso leggermente segnato dall'età spuntò un sorriso.
"Scusaci tesoro. Comunque tanto piacere, anche se già ci conosciamo".
Corrugai la fronte, sì Paulo mi stava contagiando, parecchio confusa.
"Ero un'amica di tua mamma, eravamo nella stessa classe al liceo e sono nelle sue foto del matrimonio. Poi si sa, passa il tempo e ci si perde di vista ma ricordo benissimo il giorno della tua nascita. Ero anche al suo funerale ma tu probabilmente non ne avrai memoria ed è giusto così" mi delucidò.
"Se sono capitata in questa stanza è solo un caso, o forse era destino" fece spallucce.
Quante probabilità c'erano che accadesse?
Poche, davvero poche.
"Signora è pronta? Dobbiamo portarla in sala" un medico si affacciò dalla porta.
"Ma certo, mi faccia solo salutare la mia nipotina" aprì le braccia e io le corsi incontro stringendola forte.
Mi guardò con occhi tristi.
"Che succede nonna?" m'incupii.
"Se dovesse andare male.." oh no, non lo stava facendo davvero.
"Non dirlo nemmeno" esclamai contrariata.
"Carolina, se non dovessi farcela va' avanti, sei una ragazza forte" mi strinse la mano.
Gli occhi mi s'inumidirono, sarebbe andata bene, non era ancora il momento di salutarci per sempre.
E poi era un semplice intervento di routine, no?
Un'infermiera molto carina e gentile l'aiutò a sistemarsi per poi spostarla con il suo stesso letto.
"Si fermi un secondo, per favore" le ordinò e la donna spaventata lo fece.
La vecchietta sapeva farsi rispettare, era molto intimidatoria ma allo stesso tempo dolce come uno zuccherino.
"Non lasciartelo scappare, è un ragazzo d'oro" mi sorrise per poi lasciarmi lì con mille pensieri e paranoie per la testa.
"Per quale motivo sei ricoverata?" chiesi avvicinandomi a Serena alla ricerca di un modo per distrarmi.
Mi fece cenno di accomodarmi alla sedia al suo fianco, segno che aveva voglia di conversare con me.
"L'altro giorno mi hanno fatto un bypass per delle stenosi che mi sono state diagnosticate in ritardo" si sporse verso il comodino afferrando una bottiglietta d'acqua bevendone poi un piccolo sorso.
"Spero tanto tu stia meglio dopo questo intervento" le sorrisi sincera.
La vidi persa, mi osservava ed era come se volesse dirmi qualcosa, difatti non troppo tempo dopo prese coraggio e parlò:
"Hai preso il carattere da tuo padre ma l'aspetto è tutto di Karola"
"Mi dispiace tanto" mi carezzò un braccio.
Sì.. dispiaceva anche a me..
Gianni e Karola, la coppia modello.
Dopo enormi sacrifici erano riusciti a costruirsi la vita e la famiglia perfetta, nessuno avrebbe mai immaginato che in una frazione di secondo si sarebbe rovinato tutto.
Pian piano le ore iniziarono a passare e cercai di concentrarmi sul lavoro, tirai fuori l'iPad dalla borsa per guardare il match di quella sera che si sarebbe svolto allo Stadium.
Indossai le cuffiette e chiesi scusa alla donna vicino a me per starla praticamente ignorando specificando che si trattasse di questioni lavorative, beh più o meno era vero, l'articolo avrei dovuto scriverlo comunque e avevo assicurato al Presidente che non mi sarei mai persa la terzultima giornata di campionato, eravamo a soli 4 punti dal Napoli che era secondo in classifica perciò sarebbe potuto succedere di tutto.
Ero così concentrata a seguire tutte le azioni che non mi accorsi nemmeno che mi stessero chiamando, il chirurgo dovette scuotermi il braccio per richiamare la mia attenzione.
"Signorina" disse ma proprio in quel momento la situazione pareva sbloccarsi.
Il Bologna era in vantaggio con uno 0-1 dopo aver segnato su calcio di rigore.
"Un instante" mossi la mano verso di lui per fargli capire che volevo essere lasciata in pace.
"Signorina la prego" alzò di poco il tono della voce.
"Mi scusi si tratta di lavoro, è importante" Douglas Costa crossò passandola al numero 10, al mio numero 10.
"Signorina sua nonna non c'è l'ha fatta" mi voltai immediatamente verso quell'uomo sgranando gli occhi mentre nelle mie orecchie risuonava il boato dello stadio.
Paulo l'aveva messa dentro.
Mia nonna... mia nonna era morta?
"Mi dispiace..." sussurrò iniziando poi ad elencare le cause per cui tutto era andato storto che non stetti ad ascoltare.
Mi accompagnò in una piccola stanzetta di color grigio pallido, su un lettino d'acciaio giaceva il suo corpo.
"Abbiamo già provveduto a chiamare gli altri familiari" m'informò.
Bene, quanto meno non avrei dovuto dare io a mia zia la terribile notizia...
Mi avvicinai con cautela, le afferrai una mano, era fredda, gelida.
Non riuscivo a provare nessuna emozione che non fosse una sconfinata tristezza, mi sentivo persa e non avevo idea di come fare a ritrovarmi.
Probabilmente non ci sarei riuscita mai più, non di nuovo, non per l'ennesima volta.
La guardai bene, sul suo volto riccheggiava un sorriso spontaneo e ciò mi trasmise un po' di speranza, era andata via in maniera spensierata.
Quel banale particolare mi fece ricordare le sue parole, Paulo.
Dovevo andare, avevo bisogno del mio Dybala che avrebbe curato parte delle mie ferite.
Avrei fatto l'ultima cosa che nonna mi aveva chiesto: essere felice con lui.
Corsi, corsi il più veloce possibile, come se non ci fosse un domani.
Arrivai davanti al suo plesso con velocità 130 e per fermarmi dovetti frenare bruscamente.
Salii le scale, ero in lacrime e non avevo tempo, o forse pazienza, di aspettare l'arrivo del contenitore di metallo, avrei solo sprecato secondi davvero troppo importanti.
Bussai al suo appartamento con tutta la forza che avevo in corpo sfogandomi, sembravo una pazza scappata dal manicomio.
Non riuscivo a controllarmi, a controllare il mio corpo, i miei sentimenti.
La porta venne spalancata e senza pensarci due volte mi fiondai tra le sue braccia piangendo ancora più intensamente, dovevo liberarmi.
Improvvisamente una mano mi scansò graffiandomi la spalla con delle unghie affilate.
"Ma cosa.." alzai lo sguardo.
No, non poteva essere vero.
"Che cosa ci fa qui lei?" domandò al mio ragazzo.
Antonella Cavalieri in un vestito attillato rosa e tacchi alti del medesimo colore era proprio di fronte a me, e non lo stavo immaginando, lo posso assicurare.
"Mi amor no te preocupes" la rassicurò Paulo portando le mani a contornarle il volto.
Il mio cuore fece un tonfo arrivando fino a sotto terra, l'aveva chiamata "mi amor"...
"Carolina che succede?" si rivolse poi a me.
"Questa domanda dovrei farla io: qui che succede?" incrociai le braccia al petto.
"No te has dicho nada?" rise di gusto e ancora più profondamente quando scossi il capo negativamente.
"Non volevo lo scoprissi così" cercò di rimediare lui.
"Scoprire cosa? Vi siete rimessi insieme?" spalancai le braccia.
"Ci siamo incontrati in Argentina e.. Caro io credo di aver fatto uno sbaglio, sono stato troppo impulsivo. Forse volevo solo provare qualcosa di nuovo, ma credo sia lei l'amore della mia vita" spiegò con il suo cazzo d'italiano perfetto che io stessa gli avevo insegnato.
Dio mio, ero incredula.
Ecco perché non aveva buttato i suoi vestiti, gli aveva tenuti perché sapeva che sarebbe tornato tutto come prima.
"Mi hai trattata come un giocattolo quindi" iniziai.
"Complimenti Paulo, sei davvero un uomo di merda. Anzi, uomo non ti si può nemmeno definire" piano incominciai ad alzare la voce.
"Sai che c'è? Nonna è morta, meno di due ore fa, e io come una stupida sono venuta qui in cerca di conforto e cosa scopro? Che non solo mi hai usata ma mi hai anche fatto le corna" scoppiai in un urlo.
"Fanculo" lo guardai con disprezzo allontanandomi per chiamare l'ascensore.

"Non lasciartelo scappare, è un ragazzo d'oro"

Dovevo dirglielo, non potevo più tenermelo dentro.
"Ti amo Paulo" lo guardai dritto negli occhi verdi come se quella confessione potesse cambiare le cose.
"Ma a quanto pare a te non importa" le porte si chiusero facendo scomparire il suo volto e quello della sua amante dalla mia visuale.
Rimasi sola, quella volta del tutto.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora