Capitolo 4

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Parcheggiai davanti all'ospedale Regina Margherita e, mentre ero intenta a slacciare la cintura, alzai lo sguardo verso Paulo.
Aveva un'espressione strana.
"Cosa ci facciamo qui? Non stai bene?" domandò immediatamente.
Notai un pizzico di preoccupazione nella sua voce il che m'intenerì parecchio.
Scossi il capo da destra verso sinistra e fu in quel momento che si accigliò ancora di più.
"Seguimi" dissi unicamente scendendo dall'auto e iniziando a camminare.
Per tutto il tragitto non disse una parola fino al momento in cui ci presentammo davanti al reparto di cardiochirurgia.
"Hai un problema al cuore?" chiese ancora posandomi una mano sulla spalla.
Alzai lo sguardo al cielo sospirando, perché pensava si trattasse di me?  Non vedeva che ero sana come un pesce?
Camminammo per qualche metro per poi trovarci di fronte la stanza che cercavamo.
"Ecco il motivo per cui ti ho portato qui" proferii aprendo la porta della camera.
Sorrisi vedendo nonna intenta a fare qualcosa al cellulare, era proprio impedita.
"Oh, Carolina, sei tornata" esclamò non appena mi vide.
"Nonnina!" corsi ad abbracciarla.
"Come ti senti?" domandai continuando a stringerla forte tra le mie braccia.
"Andava tutto bene prima che mi stritolassi" rise e io feci di conseguenza.
Era così bello stare con lei e sapere che fosse tutto apposto, mi ero presa un grande spavento.
"Piuttosto, chi è quel bel giovanotto?" sgranai gli occhi alle sue parole.
Mi ero completamente dimenticata che lui fosse lì, che imbarazzo.
"Uhm, lui è Paulo.." gli feci un gesto con la mano per fargli capire che poteva avvicinarsi e così fece.
Mostrò la sua dentatura più che perfetta.
"..ci siamo incontrati prima" continuai sperando che non facesse domande.
Era veramente impicciona quando si trattava della mia vita e molto spesso mi metteva veramente a disagio.
"Oh bene, che lavoro fai?" si rivolse direttamente a lui.
Pregai che fosse meno sfacciata del solito.
"Il calciatore signora, onorato" le porse la mano che strinse molto volentieri.
Mi emozionai nel vederli, nonna era veramente contenta, le brillavano gli occhi.
"Papà sarebbe fiero di te!" disse all'improvviso abbandonando una lacrima che stava trattenendo.
Avvampai alle sue parole che mi misero in soggezione ma al contempo fui molto dispiaciuta che quello che aveva pensato non fosse reale.
Il suo sogno e quello dei miei genitori era proprio quello: che avessi accanto un uomo educato, bello e con una carriera, qualunque essa fosse.
"Nonna noi non ci stiamo frequentando, abbiamo solo preso un caffè per parlare dell'inc.."
"Per parlare di lavoro, sua nipote è stata presa dalla società e ha il compito d'intervistarmi" m'interruppe continuando al mio posto con il suo solito sorriso cordiale.
Lo guardai stranita e mi fece intendere che ne avremmo discusso dopo.
"Oh... e come mai siete venuti qui?" chiese giustamente.
Non so come mi era saltato in mente di portare Paulo Dybala, stella del calcio, in ospedale da una mia parente. Nemmeno fossimo migliori amici...
"Dovevamo entrambi andare a lavoro ma prima ho preferito passare per controllare di persona le tue condizioni, sai che altrimenti non sarei stata serena" le afferrai la mano stringendola forte per poi portarla alle labbra posandoci un bacio.
Ovviamente avendo saputo che si trattasse di questioni lavorative ci dileguò immediatamente.
Una volta in macchina non aspettai un secondo dal domandare a Paulo il perché avesse mentito sull'incidente della sera prima.
Non riuscivo proprio ad attendere quando qualcosa non mi era chiaro.
"Si sarebbe angosciata inutilmente, ormai abbiamo risolto, non era importante farglielo sapere" si girò a guardarmi alzando l'angolo sinistro della bocca.
Dovetti ammettere che aveva pienamente ragione.
Colsi l'occasione per ringraziarlo ancora una volta ricevendo in tutta risposta:
"Ora mi stai dando un passaggio, siamo pari" scoppiando entrambi in una fragorosa risata.
La strada era lunga e noi eravamo bloccati nel traffico, la mia solita fortuna.
"Benissimo, farò tardi all'incontro con il Presidente, il più importante della mia intera esistenza" mi lamentai incrociando le braccia al petto disperata.
Vidi Paulo divertito dalla mia affermazione mentre alzava gli occhi al cielo e scuoteva la testa.
Sì, probabilmente ero patetica ma quella riunione significava davvero troppo per me, non potevo fare una brutta figura arrivando in ritardo.
Certo, non dipendeva da me ma da cause di forza maggiore, anche se ad ogni modo lo reputavo ugualmente un problema.
Lo vidi allungare le mani verso lo stero e iniziò a smanettare innervosendosi parecchio, non avevo idea di cosa stesse cercando di fare.
"Come si collega il cellulare a questo aggeggio?" domandò frustrato.
Sarebbe stato troppo facile dargli subito la soluzione ma prima non poteva mancare una battuta delle mie.
"Chi ti ha dato l'autorizzazione a toccarlo?" risposi in tono distaccato alzando un sopracciglio.
Si allontanò immediatamente ritornando composto e abbassando la testa mentre incrociava le dita.
Mi fece tantissima tenerezza, non era mia intenzione farlo rimanere male, volevo solo essere ironica.
"Ehi, sto scherzando" mi guardò con gli occhi spalancati, pieni di timore, il che mi fece aprire in un sorriso sincero e pieno di sentimenti che, in quel momento, non riuscii a distinguere.
"Basta schiacciare qui per attivare il Bluetooth ed è fatta" gli spiegai e mi accorsi che era più rilassato rispetto a qualche attimo prima.
Gli afferrai istintivamente il braccio e i nostri sguardi s'incrociarono per l'ennesima volta.
"Mi hai spaventato" sussurrò facendomi venire mille brividi.
La sua voce era qualcosa di inebriante, profonda e sensuale, scatenava in me qualcosa che non avevo mai avuto modo di provare con nessuno prima.
Quel ragazzo m'incuriosiva, la sua faccia da bambino nascondeva molto.
I media lo descrivevano come fenomeno sia nel calcio che nella vita, io però non avevo intenzione di conoscere solo le informazioni di dominio pubblico, ero interessata a scoprire molto di più: la parte retrospettiva che ognuno di noi nasconde, quella che si dedica unicamente alle persone care e di cui ci si fida.
Mentirei se affermassi di non voler diventare qualcuno d'importante per lui.
Ogni suo minimo particolare mi faceva desiderare di averlo accanto quotidianamente nonostante lo conoscessi da meno di 48 ore e fossi consapevole che qualcosa di non esattamente irrilevante ci facesse trovare su due poli completamente opposti.
Questo qualcosa portava un nome:
Antonella Cavalieri.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora