Capitolo 18

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Ero seduta all'aeroporto dalle 6 del mattino nonostante sapessi benissimo che il suo volo non sarebbe atterrato prima delle 9:15 e che, come spesso accadeva, ci sarebbe stato un ritardo.
Ne avevo approfittato per leggere un libro, cosa che non facevo da molto, il lavoro mi portava via gran parte del tempo e quello restante ero costretta a dividerlo tra Paulo e la mia famiglia, visto che era davvero poco.
Riuscivo a destreggiarmi abbastanza bene, mi ero abituata a quei ritmi ma un po' di riposo non avrebbe guastato, fortunatamente Andrea era stato clemente e mi aveva concesso un giorno libero comprendendo le mie esigenze.
Sentii dei mormorii provenire dalla mia sinistra, mi voltai in quella direzione e vidi sbucare delle persone, poi improvvisamente Gonzalo e subito dopo lui, impegnato in un'animata conversazione con qualcuno dello staff.
Mi alzai con un sorriso smagliante, probabilmente il più sincero che avessi mai portato in volto, mi avvicinai lentamente ricevendo un occhiolino di approvazione dal numero 9, nessuno sapeva che mi sarei trovata lì quando sarebbero arrivati, non lo avevo detto nemmeno al Presidente che sarebbe stato capace di spifferarlo in giro fino a farlo arrivare dove non doveva.
Ero agitata, le mani mi tremavano leggermente e avevo i palmi completamente sudati, non avevo idea di come sarebbe potuta andare.
Dopo quella telefonata non ne era susseguita nessun'altra, ci eravamo riappacificati e ci mancavamo tantissimo ma né io né lui avevamo avuto il coraggio di alzare nuovamente la cornetta, sapevo fosse spaventato almeno quanto me.
Mentre cercavo di regolare il respiro e il battito cardiaco il mio sguardo incrociò due occhi verdi che, non appena si focalizzarono sulla mia figura, iniziarono a brillare cambiando radicalmente colore, diventando più limpidi.
Si fermò sui suoi passi per poi riprendersi quando il Pipita gli diede una pacca sulla spalla, mi si avvicinò con una lentezza straziante, non vedevo l'ora di essere tra le sue braccia, non desideravo che quello.
"Nena" mi afferrò immediatamente il volto e un brivido mi percosse, forse per le sue mani fredde, forse per la trepidazione.
Un turbine di emozioni mi scosse dal profondo, cosa stavo provando? Non ne avevo idea.
Amore, gioia ma al contempo tristezza e rabbia per esserci allontanati e per non aver visto in quel momento alcuno spiraglio quando invece la finestra era totalmente aperta.
Una lacrima solcò la mia guancia, Paulo la bacio delicatamente catturandola tra le sue morbide labbra, poi tornò a leggermi dentro, a leggere la mia anima che dopo esser stata rotta anni prima si stava lentamente ricostruendo proprio grazie a lui.
Mi attirò in un abbraccio stringendomi forte, sarebbe stato facile far scontrare le nostre labbra bisognose almeno quanto i nostri corpi ma come prima cosa avevamo deciso di curare le nostre ferite interiori poiché finire subito a letto dopo quello che era successo non era la cosa più gusta, lo sapevamo entrambi.
"Basta piangere, ora sono qui con te" carezzò dolcemente i miei capelli.
Mi sentivo al sicuro e nonostante fossimo circondati da tantissime persone era come se in quella stanza di 250 metri quadrati ci fossimo solo noi due.
Quando riuscii a calmarmi mi guidò verso la mia auto che si offrì di guidare al posto mio, fu molto carino da parte sua chiederlo, mi fece capire che aveva colto il vero senso del mio comportamento della volta precedente e non potei far altro che apprezzarlo enormemente.
Durante il tragitto mi persi nei pensieri guardando perennemente fuori dal finestrino, ripensai a tutto ciò che fino al quel momento era stata la mia vita, sentivo che le case che in pochi secondi sfuggivano dalla mia vista rappresentassero il corso che gli eventi avevano intrapreso negli anni.
Per molto tempo tutto mi scivolò dalle mani, così velocemente da non farmene nemmeno accorgere, partendo dalla morte dei miei genitori fino alla scelta di non interrompere la relazione tossica che avevo con il mio ex ragazzo nonostante sapessi stessi facendo la cosa sbagliata.
"Faceva male ma sentivo di meritarmelo" mi lasciai sfuggire una volta sul divano di casa sua dopo esser stata in silenzio anche mentre lui disfava la valigia in camera.
"Come?" domandò posandomi una mano sulla spalla mentre corrugava la fronte.
Mi era mancato quel suo gesto, lo faceva spesso quando non riusciva ad intendere qualcosa oppure si sforzava di tradurre una parola dallo spagnolo all'italiano perché per il suo orgoglio smisurato odiava ammettere di non conoscere il termine.
La cosa mi faceva ridere, anziché fare così per poi riformulare il tutto cambiandone il significato poteva semplicemente chiedere, avrebbe imparato qualcosa di nuovo arricchendosi ma, a quanto pareva, non lo capiva e io non glielo avrei mai detto, un giorno ci sarebbe arrivato da solo.
"Potevo porre fine alla storia tra me e Daniel ma ero così a pezzi che l'unica cosa che riuscivo a pensare era che incontrarlo fosse stato un segno e che evidentemente il mio destino era quello e meritavo tutte le violenze che subivo" pronunciai il suo nome per la prima volta ad alta voce ma non mi segnò particolarmente come avevo sempre immaginato facesse.
"Non mi ero ancora perdonata la scomparsa di mamma e papà" aggiunsi alzando le spalle in modo automatico sembrando quasi non curante.
Era così che mi ero imposta d'apparire, non curante di niente e di nessuno ma in realtà mi era sempre importato, semplicemente non lo davo a vedere.
"Mi spiace per quello che ti è successo" mi accarezzò una guancia e capii che stava cercando di confortarmi ma non era quello di cui avevo bisogno.
"No Paulo, non farlo" mi allontanai leggermente.
"Non fare cosa?" si avvicinò e capii che in quel momento non riusciva a starmi lontano.
"Non compatirmi, voglio solo andare avanti" appoggiai la fronte contro la sua.
"Con te" sussurrai poi a un millimetro dalla sua bocca.
Posò una mano sulla mia bassa schiena attirandomi su di lui, le nostre labbra si sfiorarono, riuscivo a percepire il suo sapore che aveva occupato i miei pensieri ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette.
Mi avvicinai per baciarlo ma: "non voglio ridurre tutto a una semplice scopata, sappilo" puntò nuovamente le sue iridi nelle mie.
Me lo aveva detto di nuovo, le stesse identiche parole di qualche mese prima.
Sorrisi istintivamente, aveva dimostrato che per lui non era solo una botta e via, aveva aspettato moltissimo tempo prima di venire a letto con me e mai mi aveva forzata a farlo.
Le nostre labbra s'incontrarono, si riconobbero e immediatamente si riabituarono alla sensazione di essere in contatto.
Il cuore mi scoppiava dalla gioia, più passavano i secondi più ero certa di aver trovato l'uomo della mia vita, ma non lo avrei ammesso facilmente, per niente.
Ero fatta così.
"Te amo" sussurrò.
"Te amo, te amo. Dios mío, te amo" mi bacio sulla bocca, sul collo e sulla clavicola per poi stringermi ancora più forte.
Aveva paura che me ne andassi, temeva la lontananza, come in segreto facevo anche io.
"Non vado da nessuna parte, te lo prometto"
Lo baciai di nuovo, infinite volte.

Joya💎 ||Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora